21 gennaio 2009

La corsa dei disperati


M vive in Italia, in una grande città del sud, ha quarant'anni, una bambina di due e un lavoro che odia. È laureata, anche abbastanza brillantemente, ma le sue non sono competenze facili da vendere ad un datore di lavoro. Adesso fa la telefonista in una ditta di spedizioni internazionali, a 800 Euro al mese da cui deve detrarre le spese per l'auto, perchè lavora in una di quelle aree industriali in cui il trasporto pubblico ha la stessa frequenza, capillarità e rischi delle diligenze del Far West. Suo marito, poi, lavora per una compagnia un po' curiosa, che lo paga più o meno quando il suo capo ne ha voglia.

M ogni tanto viene penalizzata per mancanze più o meno inventate: un giorno, dice il suo capo, è arrivata al lavoro con un quarto d'ora di ritardo - anche se il suo cartellino risulta timbrato con un ritardo di soli 5 minuti; il suo capo ha deciso di sanzionarla trattenendole cinque giorni di stipendio. M. rimane ogni anno con un bel po' di giorni di ferie non godute, perchè il suo capo non vede di buon occhio gli sfaticati che si prendono tutte le ferie dell'anno. M. va al lavoro anche ammalata, perchè (avete indovinato) il suo capo non vede di buon occhio gli sfaticati che se ne stanno a casa un intero giorno solo perchè hanno 39 di febbre.

Ma perchè, le chiediamo io e Mrs. Inminoranza, non ti iscrivi a un sindacato che ti protegga da questi soprusi? Lei spalanca gli occhi "Siete matti? Sarei licenziata in 10 minuti, e poi che faccio? Vado a chiedere l'elemosina con la bambina al collo?"

Pensavo a qualche post di Uriel sulla meritocrazia e il precariato, e a qualche discussione avuta in passato con Mrs. Inminoranza, e all'improvviso ho capito: i problemi del lavoro in Italia, il precariato, lo sfruttamento dei lavoratori, la corsa al ribasso degli imprenditori che cercano personale sempre meno qualificato da assumere per sempre meno soldi e a condizioni sempre più vessatorie - tutto questo è colpa di M.

No, sul serio. Cioè, non colpa sua direttamente, ma di quello che M rappresenta.

M, potendo, se ne starebbe a casa con la sua bambina. Magari 10-15 anni fa avrebbe voluto fare l'insegnante, ma quando si è laureata avevano già introdotto la SIS, col suo bravo numero chiuso e il mercato del bestiame dei baroni che si spartivano le ammissioni; magari sarebbe stata una brava insegnante, ma il professore con cui s'era laureata non "pesava" abbastanza da garantirle l'accesso alla Biblioteca Vaticana durante la tesi, figurati un posto alla SIS. Condannata a vita al precariato, ha trovato un lavoro sottopagato e sfruttato e se lo tiene stretto come se fosse il Santo Graal, perchè l'alternativa è la fame. Se il suo capo la licenziasse, e proponesse di riassumerla a metà dello stipendio di adesso, probabilmente accetterebbe: perchè, ancora, l'alternativa è la fame - e lo stesso vale per suo marito.

M e suo marito, e i milioni di disperati che accettano qualunque lavoro perchè l'alternativa è finire in mezzo a una strada, ottengono un importante risultato che rende il mercato del lavoro italiano quasi unico in occidente: abbassano quella che in inglese viene chiamata la baseline, la linea di base, il valore di soglia per considerare accettabile un lavoro.

Quello che nessuno sembra capire in Italia è che i lavori degradanti, sottopagati, precari, pericolosi (non so se abbiamo ancora il record, ma la lista dei morti italiani sul lavoro a volte sembra un bollettino di guerra) non se ne andranno finchè non si metterà la gente in condizione di considerarli inaccettabili. Se M non fosse messa di fronte all'alternativa fra gli abusi del suo capo e la miseria, potrebbe dirgli di infilarsi quel lavoro su per il tabarèn: avrebbe un potere negoziale che oggi non ha - perchè se lei se ne va, il suo capo ne trova mille disposti a lavorare al suo posto, magari anche a un centinaio di Euro di meno, mille disperati per cui 700 Euro al mese più gli abusi sono comunque meglio che zero Euro al mese e niente abusi. È una corsa dei disperati che soffoca qualunque aspirazione alla dignità del lavoro.

L'alternativa? A mio modesto parere, sono gli ammortizzatori sociali che in buona parte dell'Europa mantengono ad un livello di vita almeno dignitoso la popolazione disoccupata o inabile al lavoro. Un sussidio di disoccupazione, unito a benefit per la casa, assegni familiari, un programma decente di edilizia popolare, sono tutte cose che permetterebbero a M. di vivere dignitosamente senza dover sopportare umiliazioni quotidiane e occupandosi della sua bambina; allo stesso modo, permetterebbero a suo marito il minimo potere negoziale necessario per pretendere, almeno, di essere pagato ogni mese o - ancora - di starsene a casa sapendo che comunque potrà mettere insieme pranzo e cena.

Il problema dei lavori degradanti, del precariato, dello sfruttamento dei lavoratori in Italia dipende in buona parte da una baseline che non è un sussidio permanente ma la miseria - i sei mesi di sussidio di disoccupazione non cambiano massicciamente i termini del problema: alla fine dei sei mesi, devi accettare o un lavoro degradante o, ancora, la miseria.

Leviamoci di torno, intanto, le obiezioni ovvie. La prima è che in questa maniera tutti resterebbero a casa a non fare un tubo e a guardare repliche di telefilm degli anni '80 su Rete4. Personalmente non lo credo - la realtà è che questo non succede laddove questo sistema esiste, se non altro perchè la maggioranza delle persone semplicemente non riesce a non fare un tubo tutto il giorno, anche senza contare il desiderio, che la maggior parte di noi ha, di uno stile di vita al di sopra del livello di sussistenza. Ma la sussistenza, appunto, deve essere garantita a tutti.

La seconda classica obiezione è che è immorale che M se ne stia a casa tutto il giorno e guadagni uno stipendio senza aver fatto nulla, dopotutto, per meritarselo. Può essere - anzi, è sicuramente ingiusto che venga mantenuta dalle mie tasse semplicemente perchè non ha la preparazione giusta, o si è laureata in lingue piuttosto che in ingegneria, o magari semplicemente non ha voglia di fare un tubo. E però, allo stesso tempo, dobbiamo considerare che se non se ne sta a casa, M se ne andrà in giro a inflazionare il mercato del lavoro e a rendere appetibile il sistema da mercato degli schiavi che è il precariato italiano: dunque, alla lunga, se M se ne sta a casa io ci guadagno - ci guadagno potere contrattuale che viene cancellato nel momento in cui sono circondato di gente disposta a lavorare per metà del mio salario (certo, con metà delle qualifiche e delle competenze: ma stiamo parlando di un'imprenditoria, quella italiana, che è in massima parte incapace di capire la differenza, dal momento che il suo obiettivo è di competere con la produzione cinese o bulgara). Non è dunque questione di moralità o immoralità, di "scrocconi che è ingiusto che se ne stiano a casa", come tuona ogni due giorni il Daily Mail: è semplicemente questione di tenere chi non ha qualifiche e possibilità di competere in condizioni dignitose senza costringerlo ad abbassare per disperazione gli standard per tutti i lavoratori.

La terza obiezione, quella tombale, è che costa troppo. Personalmente non sono sicuro che sia un problema così insormontabile: dopotutto mi par di capire che l'economia italiana abbia superato per volume quella inglese, che questa spesa se la può permettere da sempre; e contemporaneamente, per esempio, l'UK spende di più in sanità (dati 1997, 5.8% del PIL contro il 5.3% italiano - da allora la spesa è cresciuta per entrambi ma sarei stupito se le proporzioni fossero cambiate massicciamente), in istruzione (5.9% del PIL contro il 4.9% dell Italia, 2002 - e ancora, da allora la spesa inglese per l'istruzione è aumentata, non so quella italiana) e in forze armate (2.4% contro 1.8%, dati 2005). Non so dove se ne vadano i soldi italiani, ma forse i tempi sono maturi per un minimo di riorganizzazione della spesa.

Quando una famiglia di due disoccupati con due bambini, al netto dell'affitto di casa, incamera qualcosa come 1000 sterline al mese (o 1000 Euro al mese, in Italia), magari non può permettersi di vivere a Milano o a Roma, ma sicuramente può permettersi una vita dignitosa in provincia e, quel che è più importante, quando il proprietario di un call-centre scopre che per la stragrande maggioranza dei suoi dipendenti improvvisamente la disoccupazione è diventata più dignitosa magari gli tocca cambiare le cose, forse assumere meno gente ma non più in condizioni di precariato profondo, pagarli dignitosamente, offrire loro delle garanzie e soprattutto non può più permettersi lo stillicidio di umiliazioni e piccoli, meschini soprusi che costituiscono la giornata lavorativa del disperato privo di alternative che non siano la fame.

E adesso spiegatemi perchè una cosa che persino la Thatcher non si poteva permettere di cancellare in Italia non si può applicare.

20 gennaio 2009

Inaugurazioni


La mia collega L., metà nigeriana e metà giamaicana, si chiede se il servizio segreto permette a Obama di sedersi dove vuole sulla limousine presidenziale.

18 gennaio 2009

Nuova provocazione israeliana


Nuova ingiustificabile provocazione israeliana contro Hamas e la resistenza palestinese. Oggi, mostrando assoluto disprezzo per le necessità della resistenza e i diritti dei palestinesi di Gaza, Israele ha dichiarato unilateralmente un cessate il fuoco e ha cominciato a ritirare le proprie truppe. La risposta di Hamas non si è fatta attendere:

Hamas fired rockets into southern Israel this morning, defying the Jewish state to abandon the unilateral ceasefire it had declared just hours earlier.
Ho l'impressione che Hamas cerchi disperatamente di sembrare questi qui:



e stia finendo per assomigliare sempre di più a questo qui:



14 gennaio 2009

Parole in libertà


Le parole, diceva qualcuno, sono importanti. Da due-tre settimane mi tocca assistere sulla BBC ad uno show abbastanza esecrabile in cui la TV di Stato cerca di trasformarsi in una specie di Rete4 in versione Hamas, facendo a gara ad intervistare mullah, attivisti, manifestanti e compagnia bella, dando eguale spazio, in nome dell'imparzialità, alle ragioni di Hamas e ai torti di Israele.

Ora, si può essere (come me) poco convinti che entrare a Gaza con i carri armati potrà mai convincere Hamas a non tirare razzi su Sderot; si può deplorare che ogni civile ucciso a Gaza sia un magnifico poster per il reclutamento di altri terroristi; si può lamentare la litania di ingiustizie subite dai palestinesi in 60 anni. Quello che non si può, o non si dovrebbe poter fare, è sparare cazzate in libertà.

Dice, "Israele sta colpendo deliberatamente la popolazione civile".

All'università avevo un professore che non ti dava mai del cretino immediatamente, quantunque grossa fosse la bestialità che avevi detto. Ti diceva, invece, "se le cose stanno così, fammi i conti, e vediamo che numeri escono fuori". Ti faceva fare i conti, e alla fine, quando veniva fuori che, in base alle cazzate che avevi detto prima, il gatto di Schrödinger non era nè vivo nè morto ma era una mucca, tu dicevi "sono un cretino" e lui sorrideva serafico e annuiva. Da allora m'è rimasto impresso il concetto che il modo migliore per dare del cretino a qualcuno è con i numeri in mano.

La guerra va avanti da 2 settimane, con un numero variabile di incursioni aeree, da 20 a 60 al giorno, con F-15E Strike Eagle e F-16; ogni incursione andrebbe in teoria eseguita da due aerei, ma la dimostrazione non perde di generalità
(visto, professoressa S.? Almeno la terminologia me la ricordo ancora) se ci limitiamo ad un aereo per incursione. Assumiamo una media di 30 incursioni al giorno, e dal momento che gli israeliani hanno molti più F-16 che Strike Eagle, assumiamo una proporzione di 2:1 fra gli aerei coinvolti.

Se Israele volesse sterminare la popolazione civile, colpirla deliberatamente, o uno qualsiasi degli altri crimini di cui la BBC la accusa in media ogni 10 minuti, tutto quel che dovrebbe fare è caricare su ogni Strike Eagle le 24 bombe Mk82 da 227 chilogrammi che può portare. 227 chili per 24 bombe per 10 missioni al giorno per 15 giorni fa quasi esattamente 817 tonnellate. In più, potrebbe caricare 4 bombe Mk83 (454 chilogrammi) su ogni F-16. 454 chili per 4 bombe per 20 aerei al giorno per 15 giorni fa 544 tonnellate. In tutto, circa 1360 tonnellate, e considerato che gli esplosivi moderni sono almeno 4 volte più potenti del TNT, abbiamo un totale di circa 5.4 kiloton, un'arma nucleare tattica da un terzo di quella di Hiroshima.

Se Israele avesse voluto colpire deliberatamente la popolazione civile di Gaza, avrebbe potuto riversarle sulla testa l'equivalente di una bomba nucleare tattica. Oggi, molto semplicemente, Gaza non esisterebbe più.

Israele avrebbe potuto fare di meglio? Probabilmente. Israele aveva opzioni diverse dalla guerra? Può essere. Israele sta deliberatamente colpendo i civili? Minchiate.

Dice, "ma la sproporzione, tutti i morti da un lato, nessuno dall'altro"

La BBC, e non solo lei, commette un errore (o confonde strumentalmente i termini della questione, direbbero i maligni) nel definire la proporzionalità negli eventi bellici. Non sta scritto da nessuna parte che le parti in conflitto devono in qualche modo adoperarsi per avere perdite pari a quelle dell'avversario; la sola idea fa ridere. La proporzionalità riguarda i mezzi usati in relazione agli obiettivi cercati (e l'accettabilità degli obiettivi stessi). In altre parole, se l'obiettivo è di fermare il lancio dei razzi sulla popolazione civile di Sderot e Ashkelon, colpire l'infrastruttura di Hamas è una risposta proporzionata in quanto è il modo più economico (in termini di vite umane) per fermare militarmente quei razzi. Ripeto: possiamo discutere se fosse il caso di ricorrere alle armi o no, ma nel quadro del ricorso alle armi il fatto che Hamas abbia avuto più morti di Tsahal non conta una virgola ai fini della proporzionalità della risposta. Avere una mira e un addestramento migliori può conferire maggiori responsabilità, ma sicuramente non mette automaticamente dalla parte del torto.

(con gli inglesi, a questo punto, si può fare l'esempio della Seconda Guerra Mondiale, in cui i tedeschi hanno avuto sicuramente più morti, militari e civili, degli angloamericani, ma la cosa non li mette certo dalla parte della ragione; con i compagni italiani questo discorso si fa pericoloso, perchè la percentuale di nostalgici del patto Ribbentrop-Molotov è alta e confermerebbero con entusiasmo che sì, i nazisti erano di sicuro meglio degli occidentali o almeno moralmente equivalenti)

Nessuno è in grado di spiegare come si dovrebbe esercitare questa fantomatica proporzionalità: proporzionalità nel numero di vittime? Proporzionalità nei bersagli? Proporzionalità nel numero ed equipaggiamento dei contendenti?

Se io mi presento, cari "proporzionalisti", davanti a casa vostra e comincio a sparare attraverso la finestra con una .22, quale sarebbe una risposta proporzionata? Tenete presente che io ho, dopotutto, una mira di merda, e quand'anche dovessi colpire qualcuno, al massimo resterebbe ferito: è un'impresa, ammazzare una persona con una calibro .22

Non dovreste rispondere affatto finchè non colpisco qualcuno? E se mi limito a ferire qualcuno, dovrete usare la massima cura perchè un'eventuale autodifesa al massimo mi ferisca? E se porto una decina di amici, e spariamo tutti insieme, e ammazziamo un occupante della vostra casa, sarà lecito al più rispondere contro uno solo di noi?

Incidentalmente, una preghiera all'affezionato commentatore rossobruno che infesta questo blog: fa' la cortesia di non rispondermi con il classico non sequitur de "i profughi, il furto della terra, le ingiustizie pregresse, sbroc sbroc, il paragone non regge". Tu sei marchigiano o emiliano o qualcosa del genere, io sono pugliese. Vogliamo cominciare a parlare dei soprusi di qualche tuo antenato longobardo contro i miei antenati apuli e latini? O di un tuo antenato garibaldino o soldato dei Savoia dopo l'unificazione? Meglio di no, che poi finisce che per coerenza ti tocca spararti in un piede da solo.

La proporzionalità invocata da questi figuri e dalle pecore che li seguono è un fantasma, un uomo di paglia, o nella migliore delle ipotesi il frutto della visione di troppi western in cui lo scontro fra buoni e cattivi deve necessariamente ammantarsi di toni cavallereschi.

Dice, "Ma l'ONU, le scuole, gli israeliani sparano su tutto, crimine di guerra"

L'ONU, da quelle parti, ha una storia piena di ombre, a partire da quando, nel 1967, su richiesta di Nasser, ritirò senza neanche far finta di protestare le truppe di interposizione in preparazione ad un attacco egiziano - attacco che poi non andò esattamente secondo i piani. Più di una volta le Nazioni Unite sono state viste come parte in causa piuttosto che super partes, e per esempio pochi mesi fa il preside di una scuola dell'ONU è stato ucciso da un raid israeliano mentre con alcuni complici costruiva razzi Qassam nel cortile della scuola; in seguito alla ridda di accuse e controaccuse è stato rivelato che era un comandante locale della Jihad Islamica e che l'ONU, a Gaza, non controlla molto accuratamente la gente che assume perchè "i nomi arabi si assomigliano tutti". Più di una volta degli UAV israeliani hanno filmato miliziani di Hamas mettere in batteria dei mortai e aprire il fuoco a ridosso di scuole e installazioni ONU, e nel caso specifico della scuola colpita pochi giorni fa, fra le vittime c'erano diversi miliziani di Hamas. In tutti i casi l'ONU ha negato recisamente anche davanti all'evidenza, e vietato categoricamente al proprio personale di parlare con la stampa di ciascun episodio: un comportamente che i maligni potrebbero definire sospetto.

Ad ogni modo, si stanno commettendo dei crimini di guerra a Gaza, o almeno azioni che i protocolli di Ginevra riconoscono come criminali. Si potrebbe dire che una delle due parti in causa non ha mai ratificato i protocolli di Ginevra, o che comunque non è un'entità statale e pertanto le abituali convenzioni non si applicano; ma rimane il fatto che confondersi fra la popolazione, utilizzare strutture civili come depositi di armi, istruire i propri combattenti a non indossare un'uniforme e a nascondere le proprie armi, costituisce ai sensi della Convenzione di Ginevra un crimine di guerra - punibile, se la memoria non mi inganna, con la fucilazione senza processo.

I protocolli di Ginevra nascono dalla necessità di proteggere la popolazione civile dai peggiori orrori della guerra, e di conseguenza di imporre una distinzione netta fra combattenti e civili e nel trattamento ad essi riservato. Gli estensori delle convenzioni di Ginevra sapevano fin troppo bene che un soldato è, alla fine, un essere umano, e che se non gli si dà modo di distinguere fra un civile ed un soldato nemico, questi potrebbe cominciare a considerare come nemici, reali o potenziali, tutti coloro che non indossano la sua uniforme. In altre parole, se i soldati sanno che di quei civili almeno uno, probabilmente, nasconde un'arma con cui sta per sparare loro addosso, che di quelle dieci scuole o moschee o ospedali almeno una/uno contiene una postazione di artiglieria o un deposito di munizioni che stanno per essere usate contro di loro, prima o poi cominceranno a considerare tutt'e dieci come ostili: perchè l'impulso a salvarsi la pelle e a non farsi sparare addosso è difficile da soffocare in qualsiasi essere umano.

Gli obblighi imposti ai combattenti, ad esempio di indossare una divisa o un evidente segno di riconoscimento (alzino la mano quanti pensano che i partigiani delle Brigate Garibaldi portassero il fazzoletto rosso al collo per bellezza) derivano proprio dal bisogno di permettere a tutti i soldati di riconoscere i civili come tali - e sebbene non formalizzati, sono precedenti alla stessa Convenzione: nelle fasi finali della Guerra di Secessione, il Sud non aveva risorse per equipaggiare con divise molte delle proprie residue unità combattenti, ma i comandi sudisti posero sempre estrema attenzione nel rendere le proprie truppe distinguibili in qualche maniera dai civili. Per questo motivo sparare ai civili senza provocazione è un crimine di guerra, ma sparare di mezzo ai civili è un crimine di guerra ben peggiore, perchè provoca e giustifica decine di crimini in risposta; sparare sulla croce rossa è un crimine, e sparare dalla croce rossa è peggio; e così via.

Come capita sempre più spesso, la "copertura giornalistica" degli eventi di Gaza non è fatta di notizie, ma di ripetizione ad nauseam di una serie di parole d'ordine fino al punto in cui vengono accettate per vere come articoli di fede: i crimini di guerra, la proporzionalità, le armi proibite, sono tutte buzzwords - in italiano potremmo dire che sono tutte parole-rabarbaro, ripetute all'infinito per fare rumore - che assumono di volta in volta il significato che si vuole. E contemporaneamente, per sapere che un caffè è stato incendiato con le molotov a Whitechapel perchè parte di una catena il cui presidente del consiglio di amministrazione è ebreo, o che i muri di un parco giochi lì vicino sono stati coperti di graffiti che incitano a uccidere gli ebrei, o che una chiesa in Lancashire è stata vandalizzata perchè ha la parola "Sion" nel nome, che un camion di Tesco è stato assalito da una dozzina di persone al grido di Allahu Akhbar e il guidatore si è preso un mattone in testa, solo perchè Tesco è stato fondato da un signore di nome Cohen, non è il caso di rivolgersi alla BBC, a Sky o al Guardian - bisogna andare a leggersi i giornali locali e le mailing list antirazziste.

Alla canna del gas

La capacità della gente di stupirsi non ha limiti. Si decide di comprare tutto il gas da riscaldamento da un mafioso, e poi ci si stupisce quando il suddetto mafioso un bel giorno se ne esce con "Bel gasdotto che avete lì, eh? Sarebbe un peccato se gli succedesse qualcosa..."

I'm shocked, shocked!

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People's capacity to be surprised amazes me. We decide to buy all our gas from a mafioso and then everyone acts appalled when the mafioso comes up and says "Nice gas pipeline you have there. Would be a pity if something happened to it..."

I'm shocked, shocked!