30 novembre 2007

Discworld


Col weekend arrivano i test. Devo dire che son contento del risultato, il Patrizio di Ankh-Morpork è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti. E poi è alto, magro e veste sempre di nero.

You scored as Lord Havelock Vetinari

You are Lord Vetinari! Supreme ruler of Ankh-Morpork! Cool, calculated, and always in control. You graduated from the assassins guild, but failed a course on stealth and camouflage, because the professor never saw you there (even though you attended every class). You always seem to know what everyone is thinking, and after a conversation with you, people feel that they have just escaped certain death.





Which Discworld Character are you like (with pics)
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Lord Havelock Vetinari



69%

Carrot Ironfounderson



63%

Death



63%

Commander Samuel Vimes



63%

Esmerelda (Granny) Weatherwax



50%

Gytha (Nanny) Ogg



50%

The Librarian



44%

Cohen The Barbarian



31%

Greebo



31%

Rincewind



25%


Hat tip: Annarella

Categorie


In certi quartieri di Londra, la sala d'attesa del veterinario è ancora un mix di circolo del cucito e bar dello sport, e specie il sabato mattina capita di incontrarci la gente più disparata. Il nostro veterinario, un sant'uomo che si fa scarnificare con frequenza bisettimanale da Long John Silver, ha lo studio su Fortis Green, a Muswell Hill, e qualche settimana fa, con Mrs. Inminoranza, ci è capitato di dover attendere mentre un'anziana signora cercava laboriosamente di pagare con la carta di credito.

Noi aspettavamo di vedere il dottore, ma la signora deve aver frainteso perchè si è scusata con un sorriso del tempo che ci stava facendo perdere, aggiungendo che l'altra carta di credito le era stata rubata una settimana prima e c'erano ancora problemi con l'autenticazione; mentre le spiegavamo che non eravamo in coda per pagare, la carta è stata finalmente autorizzata e la signora è stata finalmente libera di dare inizio alla litania delle sue sventure, approfittando di un pubblico che sembrava mostrare un po' di empatia. Ha cominciato, la signora, a lamentarsi del crescente tasso di criminalità a Muswell Hill, causato dall'enorme afflusso di immigrati. Un immigrato le aveva rubato la carta di credito; un altro, settimane prima, l'aveva scippata; un terzo aveva aggredito una sua vicina di casa mentre rientrava, a sera; un quarto, in mezzo alla strada, le aveva sputato in faccia approfittando del fatto che era vecchia e non poteva reagire; ragazzi immigrati sfondavano i finestrini delle auto e si abbandonavano ad ogni sorta di vandalismo; famiglie di immigrati si appropriavano delle case popolari trasformandole in dormitori sovraffollati.

Mrs. Inminoranza era più che altro perplessa: nessuno ci potrebbe mai scambiare per nativi, io sembro nordafricano o comunque mediterraneo, e anche se nessuno dei due ha un accento italiano particolarmente marcato, si sente da come parliamo che l'inglese è per entrambi una seconda lingua. Dopo che la signora se n'è andata, ci siamo fatti un sacco di risate e poi lei ha cominciato a chiedersi come diavolo quella tipa avesse avuto la faccia tosta di fare un discorso del genere proprio a noi.

La risposta era in realtà semplice: la signora applicava, in maniera magari confusa (aveva anche una certa età) categorie prettamente marxiane.

Mi spiego: Muswell Hill è un quartiere decisamente ricco, uno dei centri della sinistra radical-chic di north London, feudo elettorale lib-dem, collegio sicuro per Lynne Featherstone (bravissima persona, capiamoci, ho votato per lei quando vivevo a Highgate). È un quartiere in cui i poveri, in pratica, non esistono più, le famiglie operaie si sono imborghesite o si sono spostate a nordest, verso Tottenham Hale ed Enfield. È un quartiere che vive di terziario, un dormitorio per lavoratori delle banche della City e dei media del West End, con negozi di lusso che si riempiono il sabato, un farmers' market pieno di fantastici prodotti biologici (il tipo di posto dove si può trovare miele biologico di qualsiasi fiore, a patto di essere disposti a pagarlo come se fosse cocaina); un quartiere in cui i poveri, gli occupanti delle case popolari (che ci devono essere, per legge, in ogni quartiere) non sono più inglesi ma sono membri di una delle tante ondate di rifugiati o migranti economici che hanno investito il Paese. La nostra anziana interlocutrice apparteneva, e lo si capiva molto bene dall'accento, alla middle class da generazioni, i suoi figli con ogni probabilità lavorano in qualche ufficio fra Marble Arch e la City, i suoi nipoti vanno all'università - probabilmente in qualche collegio di buona reputazione, certo non in posti da parvenu come Birkbeck, la South Bank o il Brunel College - e per lei noi non eravamo immigrati, perchè immigrati, per lei, significa poveri. Noi eravamo vestiti
decentemente, avevamo la fede al dito (che è una rarità per gli inglesi, ormai, e mostra adesione ai Valori della Famiglia che Lavora nel Rispetto della Tradizione), parlavamo un inglese accentato ma forbito, stavamo portando un gatto con un nome originale, da lettore (inglese) di romanzi d'avventura, a passare una visita da un veterinario costoso, come sono costosi per definizione tutti i veterinari di Muswell Hill. Non potevamo essere immigrati.

La signora si lamentava delle sue disavventure, causate da appartenenti ad una classe diversa, con due membri della sua stessa classe, ed aveva quindi, dal suo punto di vista, ogni diritto ad un'incondizionata solidarietà, in base ad una visione prettamente marxiana dei rapporti fra classi. Nella sua visione delle cose, io ero tenuto, sono tenuto, a sentirmi minacciato esattamente quanto lei dagli immigrati. Io non sono, dopotutto, un immigrato che viene qui a rubare il lavoro o i sussidi e non parla neanche decentemente l'inglese: sono un professionista borghese con un accento interessante e vagamente esotico.

E mi viene da pensare che, con tutta la sua confusione sui termini, quella signora avesse della situazione una visione molto più chiara di un sacco di giornalisti e politici.

28 novembre 2007

Upgrade


Questa vignetta, giuro, m'ha fatto ridere per 5 minuti. Descrive praticamente la storia della mia vita


14 novembre 2007

Energia


A quanto pare un paio di modelli matematici affermano che quest'anno, il prossimo o giù di lì avremo raggiunto il punto in cui le capacità estrattive planetarie non riescono più a far fronte alla domanda di petrolio: il punto d'inizio di una spirale ascendente di cui non è possibile vedere la fine, il cosiddetto peak oil.

Probabilmente (e qui so di dare una delusione a più d'uno) il mondo non finirà. Molte cose cambieranno, e un sacco di interessi verranno scossi, ma la perfetta società agricola che è nei sogni di tanti ambientalisti, il ritorno all'economia di sussistenza, probabilmente non avverrà, e comunque, anche se avvenisse, avremmo sicuramente un movimento di Verdi che chiedono l'abbandono dello stupro agricolo di Madre Natura ed il ritorno allo stato sostenibile di cacciatori-raccoglitori.

Probabilmente, quello che succederà è che, da un lato, si comincerà ad estrarre da giacimenti che al momento sono troppo in profondità, o che danno petrolio troppo costoso da raffinare; passati i 100$/barile, c'è il caso che certi giacimenti in Basilicata o in Thailandia diventino paganti; dall'altro, si spingerà sempre più decisamente per diversificare le fonti. Il gas, da giacimenti o da biomassa, non sarà sufficiente, e quello russo, proveniente da una nazione che (a torto o a ragione) ha dimostrato ripetutamente di essere disposta ad usarlo come arma politica, comincia a diventare poco attraente per diversi governi occidentali; il nucleare, soprattutto quello a sicurezza passiva, che in Europa settentrionale è ormai, dopo vent'anni di sperimentazione, una tecnologia matura, ricomincia a diventare una strada percorribile - gli ambientalisti protestano, vero, ma protestano per il carbone, il petrolio, l'eolico, il mareomosso, persino per le biomasse, perchè incoraggiano il consumo e la produzione di rifiuti; non protestano per l'idrogeno o per la fusione nucleare, ma solo perchè non esistono ancora, aspettate che arrivino e vedrete. Gli ambientalisti protestano, punto. È come dire che il Papa prega: è il suo mestiere, cosa vi aspettavate?

La diversificazione passerà probabilmente da un lato per la sostituzione di petrolio e gas naturale nelle centrali elettriche, dall'altro per la sostituzione delle raffinerie con sistemi di produzione di qualche mezzo analogo alla benzina/al gasolio per la distribuzione capillare dell'energia per autotrasporto/riscaldamento; immagino che il modello attuale di concentramento della produzione energetica nelle sue varie forme rimarrà sostanzialmente immutato, le raffinerie verranno rimpiazzate da altre centrali elettriche, che produrranno l'energia elettrica necessaria a ricaricare i motori elettrici delle auto, o per elettrolisi o qualche tipo di processo catalitico l'idrogeno per le celle a combustibile, ancora, delle nostre auto e probabilmente per le turbine degli aerei.

Questa strada non è la migliore percorribile, anzi. È un modello che lascia tutto il potere in mano alle grandi compagnie energetiche/petrolifere, quelle che hanno la disponibilità di risorse per la costruzione di grandi impianti industriali, le infrastrutture per il trasporto di energia in forma di benzina o idrogeno o esafluoruro di uranio, i canali di vendita che partono dal pozzo di petrolio per arrivare alla pompa di benzina o di idrogeno sotto casa, gli amici nei consigli di amministrazione dei produttori di ogni mezzo di trasporto al mondo.È un modello che non estromette completamente il petrolio, che creando canali separati e riducendone la richiesta globale lascia intatto un mercato, certo non più IL mercato globale, ma sempre un mercato in grado di canalizzare ancora enormi profitti in mano ad una serie di governi che non sono fra i più simpatici del mondo: per quella fetta di auto, aerei, carri armati, navi che andranno a derivati del petrolio, e che continueranno ad andare in giro per il futuro prevedibile, non ci sono alternative se non continuare a comprare benzina o gasolio - ad un prezzo magari più accessibile dato il calo di domanda globale, ma stiamo ancora parlando di un fiume di denaro diretto verso una delle aree meno stabili del pianeta.

È, o sembra essere, la soluzione che accontenta tutti: gli ambientalisti e i beppigrilli di questo mondo son felici perchè hanno le loro auto a idrogeno, ed essendo ignoranti come bestie e laureati al DAMS in semiotica dei vasetti di carciofini sott'olio, credono che l'idrogeno e l'elettricità siano fonti di energia, estratti in miniera o spremuti da speciali frutti di alberi coltivati in Mongolia Esterna, o al più credono che il secondo principio della termodinamica sia un complotto sionista, che separando l'idrogeno dall'ossigeno si spenda meno energia di quella che si ricava ricombinandoli; le compagnie petrolifere sono tutto sommato contente, perchè hanno i soldi e le risorse per rimpiazzare le raffinerie e i pozzi con centrali di estrazione dell'idrogeno, e i canali e gli accessi per continuare a pompare idrogeno dove prima pompavano benzina; una serie di governi beniamini degli antimperialisti di questo mondo son contenti perchè continuano a guadagnare un pozzo di soldi, quasi come prima.

Tutti contenti.

Tranne me, giusto perchè sono tignoso. E mi tocca osservare che, con buona pace di beppegrillo, le auto a idrogeno sporcano e inquinano quasi come quelle a benzina; che delle compagnie come BP, Shell, Unocal, Total, che definire criminali sarebbe offensivo per il tipo che domenica notte voleva vedere se riusciva a fregarsi il laptop che un anno fa non è riuscito a portar via (non c'è riuscito; gli son corso dietro col bokken ma non l'ho preso), continueranno a guadagnare cifre ridicolmente enormi e a mantenere su tutti i governi occidentali un potere che non meritano e non sanno gestire; che dei governi gestiti da dementi, fanatici religiosi col culto della fine del mondo, aspiranti Castrado, sceicchi da film di Indiana Jones corrotti come socialisti continueranno a incamerare fiumi di denaro con cui finanziare, a scelta, movimenti terroristici, repressione interna, organizzazioni di fanatici religiosi.

I tignosi come me sono molto perplessi quando vedono, da un lato, le compagnie petrolifere spingere verso l'idrogeno, e allo stesso tempo gli ambientalisti dire che l'idrogeno è la cura di ogni male e le compagnie petrolifere hanno il prototipo del motore ad acqua (?) chiuso in un cassetto e non lo vogliono rivelare; sono perplessi perchè sanno che questo porta alla prevedibile conclusione che quando il motore a celle a combustibile verrà messo in commercio, gli ambientalisti si daranno delle gran pacche sulle spalle, dichiareranno che "dopo vent'anni di lotte abbiamo finalmente trionfato, le cattive multinazionali petrolifere hanno finalmente ceduto e messo in commercio il motore ad acqua", un motore a idrogeno che sporca mica poco, bruciando idrogeno prodotto da centrali magari a carbone (eh, ragazzi, il nucleare è Male), essendo il frutto di una grande vittoria ambientalista sarà verde per definizione, e verrà accettato senza discussioni.

I tignosi come me non possono fare a meno di notare, peraltro, che un'alternativa all'idrogeno e al petrolio esiste da tempo e fa marciare le auto brasiliane inquinando la metà o meno (e senza piombo, benzene o altra merda addizionale, potrei aggiungere); si tratta di un'alternativa che entra in diretta concorrenza col petrolio, potendo essere bruciata negli stessi motori a scoppio che oggi bruciano benzina; che sposta gli equilibri di potere lontano dai consigli di amministrazione delle multinazionali petrolifere e che permette a Paesi oggi appartenenti al secondo quando non al terzo mondo di diventare improvvisamente attori di primo piano dell'economia mondiale. Parlo, ovviamente, dei biocarburanti: l'unica fonte energetica che andrebbe a colpire gli stessi interessi che oggi ingrassano sul petrolio e, guarda caso, l'unica fonte energetica a cui praticamente tutti sono contrari, ambientalisti, compagnie petrolifere, rivoluzionari, terzomondisti e via dicendo. Tutti sono contrari ad una fonte energetica che per sua stessa natura non può essere monopolizzata dalle multinazionali, ad una fonte energetica effettivamente rinnovabile, ad una fonte energetica che permette la produzione diffusa, capillare - in pratica un pannello solare naturale, efficiente e alla portata di economie low-tech.

Tutti contro.

Posso capire Castro: ha da sopravvivere, e di 'sti tempi, senza i soldi di Chavez non andrebbe da nessuna parte - e Chavez è uno di quelli che dai biocarburanti hanno tutto da perdere. Posso capire le multinazionali petrolifere: nella migliore delle ipotesi verrebbero rimpiazzate dalle multinazionali agricole, nella peggiore (dal loro punto di vista) da cooperative di produttori; perchè l'equivalente del pozzo di petrolio diventerebbe il pezzetto di terreno, e un pezzetto di terreno è alla portata di tutti, senza bisogno di costose prospezioni e infrastrutture. Posso capire gli ambientalisti: come abbiamo detto, sono in media laureati in semiotica del sottaceto o in sociologia del cartone animato giapponese, non hanno idea di cosa si stia parlando, sono affetti da una diffusa tecnofobia e se gli dici che c'è una fonte di energia loro protestano per principio, perchè vorrebbero vivere nelle pubblicità del Mulino Bianco. Ho qualche difficoltà, sinceramente, a capire i terzomondisti, che considerano questo passaggio come sicuramente pernicioso per l'Africa, fino a dare ai biocarburanti (che esistono ancora, al 99%, solo sulla carta) la colpa di recenti oscillazioni del mercato delle derrate alimentari e finanche di tutte le carestie degli ultimi anni. Il problema dell'Africa sta nella predazione delle sue risorse da parte degli europei, e quello dei biocarburanti è forse il primo caso in cui una risorsa critica può essere prodotta in Africa (e vantaggiosamente) sia da una multinazionale che da produttori locali. Le grandi compagnie minerarie e petrolifere hanno sempre avuto buon gioco: senza di loro, le infrastrutture semplicemente non sarebbero esistite: se non li facevi giocare, si portavano via il pallone e buonanotte a tutti; l'agricoltura non ha bisogno dello stesso livello di infrastrutture e di tecnologie avanzate, non con la quantità di terreno potenzialmente coltivabile di cui l'Africa dispone: con l'aiuto degli occidentali (che hanno imparato, spesso a loro spese, a contenere lo strapotere delle multinazionali agricole dopo i disastri in Centro e Sudamerica) l'Africa avrebbe forse la prima vera possibilità di uscire dal ciclo debito-corruzione-spreco che ne ha caratterizzato tutta la storia post-coloniale. Certo ci vorranno sforzi, e certo ci saranno ingerenze occidentali, e certo l'Uganda non diventerà la Svizzera - e neanche il Bahrein - in un anno o due; ma ditemi, in che maniera la situazione sarebbe peggiore di quella attuale?

E invece niente: i biocarburanti sono cattivi come le bombe cluster termobariche a microonde che ammazzano i bambini palestinesi sugli scuolabus e risparmiano quelli ebrei avvertiti da una telefonata del Mossad. L'ha detto Pecoraro Scanio.

07 novembre 2007

L'invasione degli ultracorpi


Il nuovo lavoro procede fin troppo bene (nel senso che ne sono oberato) ma c'è una cosa che mi spaventa non poco: lavoro in una ditta di sosia.

La tizia dell'helpdesk che gestisce le macchine Windows assomiglia a Whoopi Goldberg; il mio boss, l'IT manager, a Bill Lumbergh (non nel comportamento, per fortuna); il DBA a George C. Scott da giovane; il billing/reporting manager a Colin Powell; il support manager a Jason Statham; l'amministratrice di rete (network administratrix, come ci tiene ad essere chiamata) a Martha Jones con la pelle più scura.

Non so perchè, ma la cosa a volte mi mette un tantino a disagio.

06 novembre 2007

Definizioni


Ateo devoto: persona che ritiene che teocrazia e clericofascismo siano sistemi politici dotati di un'intrinseca superiorità morale, e che tutti gli altri verrebbero spiritualmente e moralmente arricchiti dall'esservi soggetti.

Per i fan di R.A.Heinlein







Which Heinlein Book Should You Have Been A Character In?




You belong in Time Enough For Love. You are older than you look. Your wit and wisdom are prized by others. People throw themselves on you, begging to be with you.
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(Hat tip: Annarella)

05 novembre 2007

Visite reali


Non so quanto risalto abbia avuto in Italia, ma qui ci sono state parecchie polemiche a seguito della visita ufficiale del sovrano saudita. Un plauso, per inciso, va al segretario pro-tempore dei Lib-Dem, unico rapresentante dei partiti maggiori a rifiutarsi di incontrarlo.

Si potrebbe parlare per ore dell'idiozia dell'occidente nello scegliersi gli alleati (o presunti tali), della situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, degli estremisti che in questo Paese assumono il controllo delle moschee grazie al fiume di soldi che arriva da Ryadh; ma questo post vorrebbe parlare di qualcos'altro.

Una delle prime cose che re Abdullah ha detto una volta arrivato qui è che l'Arabia Saudita vorrebbe instaurare rapporti di collaborazione più stretti con l'Occidente per la lotta al terrorismo, citando l'esempio dell'avvertimento trasmesso all'UK per gli attentati del 7 luglio, avvertimento a cui i servizi di sicurezza non diedero alcun credito.

Più d'uno è cascato dalle nuvole, anche perchè a trascinare un po' i piedi nella lotta al terrorismo è semmai l'Arabia Saudita, con le commistioni fra la famiglia reale, vari potentati locali e personaggi riconducibili ad Al Qaeda - ma ovviamente le parole del sovrano saudita hanno dato origine ad una ridda di ipotesi interessanti.

La prima ipotesi, ovviamente, è che non sia vero nulla (posizione ufficiale del governo Brown). Re Abdullah potrebbe benissimo aver fatto l'annuncio proprio per invertire le posizioni di fronte all'opinione pubblica: messo più volte in imbarazzo per le complicità saudite col terrorismo, ha pensato bene di mettere a sua volta in imbarazzo un governo occidentale, presentandosi allo stesso tempo come attivo e in prima linea nella lotta al terrorismo. Possibile e neanche tanto sorprendente - l'insofferenza occidentale per il regno saudita è palpabile, soprattutto fra l'opinione pubblica ma anche per alcuni governi, e la casa di Saud non sopravviverebbe una settimana senza l'appoggio occidentale, o almeno così vuole la vulgata mainstream.

Un'altra ipotesi è che un avvertimento sia effettivamente arrivato - o meglio, che in mezzo al fiume di avvertimenti che arrivano ogni giorno ce ne fosse anche uno che, col senno di poi, potrebbe essersi riferito al 7/7. È un po' come la storia che la CIA sapeva dell'11 Settembre: secondo il complottista medio, se un contatto in Pakistan aveva detto ad un agente "forse nella seconda metà del 2001 degli integralisti organizzeranno qualcosa su un aereo", la CIA avrebbe dovuto capire subito che quell'avvertimento era reale, gli altri 2000 no, concentrarcisi e scoprire tutto il piano - e se non l'ha fatto può solo essere perchè era coinvolta.

Anche questa ipotesi è plausibile. Da Pakistan e Arabia Saudita, i due Paesi con la coscienza più sporca, i due "alleati" più scomodi e quelli con il piede nel maggior numero di scarpe diverse, arriva un torrente di avvertimenti, segnalazioni, indizi di complotto - entrambi i governi sono terrorizzati dall'idea che i Paesi occidentali comincino a vederli come parte del problema invece che della soluzione, e quindi i loro servizi riportano ogni voce, ogni pettegolezzo, ogni diceria alle loro controparti occidentali nel timore di mancare il dato cruciale e di essere accusati di aver coperto un piano terroristico.

Esiste però una terza ipotesi, ventilata quasi sempre sottovoce perchè apre la porta a troppe controversie - probabilmente anche alla messa sotto accusa dei servizi di sicurezza inglesi, e per qualcosa di molto peggio che non essersi accorti che tre dei quattro attentatori avevano passato un mese in un campo di addestramento in Pakistan: l'ipotesi che l'avvertimento arrivato dall'Arabia Saudita fosse in effetti abbastanza dettagliato da permettere ai servizi di fare qualcosa - e però le informazioni fossero state estorte ad un estremista legato ad Al Qaeda, forse un saudita proveniente dallo stesso campo di addestramento, con la tortura, e per questo chi le ha ricevute abbia deciso, scientemente, di non farne uso e ne abbia prevenuto la trasmissione sia ai servizi di sicurezza che alla polizia.

In tutta onestà, se le cose sono andate così, non saprei veramente cosa pensarne. È giusto sacrificare 50 persone in nome di un principio? E per converso, è accettabile incoraggiare la tortura (e probabilmente la morte sotto tortura) di migliaia di persone per salvarne 50? Suppongo dipenda tutto dai punti di vista: Mrs. inminoranza dice, se tu fossi stato uno di quei 50, o avessi avuto una persona cara ad Aldgate quel giorno, avresti probabilmente benedetto la tortura e anche il taglio senza anestesia di appendici varie, se fosse servito a prevenire l'attentato. Vero, probabilmente; e se fossi stato uno dei poveracci extraordinarily renditioned dagli americani in Libia, Arabia Saudita, Siria, per avere una faccia mediorientale e magari aver detto che il babbuino in chief è un criminale di guerra - cosa penserei della tortura, anche a fin di bene, allora?

P.S. Non ho considerato l'ipotesi che chi ha ricevuto l'informazione, sapendo che veniva da un prigioniero torturato, l'abbia cestinata in quanto ipso facto inattendibile; ma anche questo è un caso su cui varrebbe la pena spendere qualche parola, forse.

De rerum Linux


Qualche tempo fa, stufo dei sempre maggiori problemi di compatibilità fra i vari repositories, ho abbandonato SuSE come OS principale di casa per tornare al mio primo amore, Debian, sebbene, come si confà ad un geek in crisi di mezza età, fosse un primo amore con aggiunta di lifting, botox e silicone - in altre parole, Ubuntu, o meglio, Kubuntu.

Girellando per siti alla ricerca di temi per Emerald/Compiz ho trovato la prova definitiva che Linux trionferà su tutti gli altri sistemi operativi:

Ubuntu Satanic Edition

e

Ubuntu Christian Edition

No, sul serio. Ubuntu CE, che D*o li perdoni, è annunciata su What Would Jesus Download.

02 novembre 2007

Il cielo sta cadendo


Ogni volta che mi capita di metter mani su un giornale italiano, scopro che il cielo sta cadendo. L'ultima catastrofe in ordine di apparizione è, a quanto pare, l'invasione rumena. Ci sono centomila, no, mezzo milione, no, un milione, no, sette milioni e ottocentomila, no, trentotto milioni di rumeni in Italia, tutti maschi, tutti di età compresa fra i 22 e i 26 anni, tutti con precedenti penali per rapina, stupro, sequestro di persona, traffico di stupefacenti e sevizie ad animali domestici, tutti dediti alla criminalità, tutti (ovviamente) clandestini, tutti entrati in Italia grazie alla politica lassista e mollacciona di questo inutile governo di centrosinistra, tutti arrivati prima grazie all'insipienza del precedente inutile governo di centrodestra, tutti clandestini perchè questo smidollato governo di centrosinistra non li punisce, tutti clandestini perchè il criminale governo di centrodestra li reprimeva.

Mi permetto di nutrire qualche dubbio.

Intanto, perchè questa è la quattrocentesima emergenza criminalità/immigrati da che ho l'età per leggere i giornali. Abbiamo avuto emergenze criminalità marocchine, algerine, somale, tunisine, gli zingari rubavano i bambini (e suor Giulia li usava come deterrente) già ai tempi in cui mi rifiutavo di mangiare la minestra col pomodoro alla refezione dell'asilo, poi le polacche che erano geneticamente predisposte alla prostituzione, presto sostituite dalle nigeriane, poi gli albanesi...

In una nazione in cui lo straniero che delinque, se è di nazionalità disdicevole, viene sempre identificato dai media esclusivamente con la sua appartenenza etnica (il mostro del Circeo, Erika e Omar gli adolescenti assassini, il branco della discoteca, i figli del disagio da una parte ma l'albanese assassino, il marocchino che ha violentato, il somalo accoltellatore, lo zingaro ubriaco alla guida di, dall'altra), è facile accorgersi di picchi, assolutamente casuali, di criminalità. In mezzo ai crimini di una settimana, sui titoloni sparati dai giornali, l'unica ripetizione che è possibile cogliere è la nazionalità: e così mentre non compare 60 volte la parola "italiano" vicino ad "assassino", ci compare 3 volte la parola "albanese" o "marocchino" - e vai col linciaggio.

Poi nutro dubbi anche perchè, essendomi un po' disintossicato dall'amore per il catastrofismo che sembra contraddistinguere i media italiani, quando mi ritrovo davanti certi titoli e certi allarmi tendo a fargli istintivamente la tara; perchè ho scoperto che di tara ce n'è parecchia osservando come riportano certe notizie dall'estero: non avendo vissuto in Francia o in Germania, non sono in grado di dire quanto fedelmente siano riportate le notizie da quelle parti; ma posso dire che i media italiani peccano di un certo catastrofismo quando parlano di Londra.

A volte è difficile far capire a chi legge certi titoli ogni giorno che no, non è vero che le inondazioni hanno sommerso mezza Inghilterra, o che non ci sono gang di adolescenti neri che girano per Londra sparando a tutto quel che si muove (il problema esiste: ma è ristretto quasi interamente ad alcuni quartieri e scontri fra alcune gang all'interno di quei quartieri, e ad ogni modo il numero di casi va rapportato al fatto che Londra ha 7 milioni di abitanti). O, per fare un altro esempio, qualche anno fa mi è capitato di sentirmi commiserare al telefono da mia madre perchè, a guardare i telegiornali, sembrava che i londinesi avessero completamente rinunciato a fare le loro spese natalizie a causa della grave crisi - che aveva colpito, pareva, l'UK ben più che l'Italia. Il giornalista parlava da Bond Street, eppure la strada era vuota, deserta, tolto l'occasionale spazzino, le vetrine erano mezze oscurate, e lo spettacolo era più da Battaglia d'Inghilterra che da spese natalizie nel 2004; ovviamente non si poteva non credere al giornalista quando parlava di paura dei consumatori, di stretta creditizia, di preoccupazione dei negozianti - e non è che mia madre stesse esagerando, qualcuno di quei servizi l'ho visto su Raiclick, qualche altro una volta venuto in Italia per Natale; eppure mi sembrava difficile crederci, dopo aver passato il pomeriggio in un West End letteralmente impaccato di gente, facendomi largo a gomitate per riuscire a comprare una cravatta per mio suocero.

Mi ci volle un po' per capire cosa c'era che non andava in quei servizi - finalmente una volta riuscii a vedere inquadrato l'orologio fuori dalla stazione della metropolitana di Bond Street: il servizio era stato girato alle 18.30, mezz'ora dopo la chiusura dei negozi. Le vetrine erano lasciate, com'è d'uso, illuminate tutta la notte, ma i negozi erano chiusi e la gente aveva già sgombrato quella parte del West End per spostarsi verso i caffè e i ristoranti di Soho.

I miei tre lettori, insomma, capiranno perchè quando sento parlare di "emergenza immigrati" e di "criminalità romena", con tutta l'umana comprensione per quella povera donna uccisa, tendo a scuotere la testa.

Poi quando sento parlare delle coraggiose misure prese per affrontare quest'ennesima emergenza, non riesco a decidere se ridere o piangere. In Italia, e non da ieri, esiste un'emergenza legalità, esiste una situazione in cui il proliferare di leggi, leggine, pacchetti sicurezza, decreti salvaciviltà, ha reso l'applicazione della legge un esercizio arbitrario e casuale, e quindi intrinsecamente ingiusto, e così facendo ha cancellato la barriera morale fra legalità e illegalità; e paradossalmente, proprio in risposta a quest'ennesima "emergenza romeni" si risponde con un'altra applicazione parziale e arbitraria della legge, prendendo cinquemila persone più o meno a caso ed espellendole, prendendo un campo nomadi che ha la sfortuna di aver ospitato un criminale e chiudendolo d'autorità.

Nel caso qualche aspirante giustiziere della notte arrivasse a leggere questo blog, sono sicuro che mi lancerà la classica obiezione, "sei bravo a parlare, vorrei vedere se quella povera donna fosse stata tua moglie cosa avresti detto". Beh, sì, bella obiezione. Se quella povera donna fosse stata mia moglie avrei voluto vedere il colpevole preso e ghigliottinato un pezzo per volta, cominciando dai piedi; avrei voluto vedere la sua famiglia legata a un masso e buttata in mare; e se qualcuno avesse bombardato a tappeto il suo villaggio, non mi sarei certo lamentato. E questo, caro giustiziere della notte, è il motivo per cui quella che ci piace chiamare civiltà toglie ai parenti delle vittime il compito di amministrare la punizione; è quello che i teorici del diritto definiscono il passaggio dalla faida alla giustizia - e se non ci arrivi il problema non è certo mio.

Mi dirà anche, il giustiziere della notte, che quei 5000 sono clandestini e secondo la legge andavano espulsi comunque, quindi cosa ca**o mi lamento?

Non ha tutti i torti, il nostro giustiziere. Quei 5000 sono clandestini, come un'altra milionata di poveracci a spasso per le nostre strade o rinchiusi nei lager di permanenza temporanea (avete notato che non c'è mai nulla di più permanente, in Italia, che le cose definite "temporanee"?). E allora?

E allora, lo ripeto, il problema italiano viene aggravato da questi provvedimenti. L'autentica anomalia italiana, quella che ci impedisce di essere un Paese normale, è l'assenza di quella che gli anglosassoni chiamano rule of law: la regola della legge. Per noi la legge non è una regola, è l'eccezione; la legge è intricata, cavillosa, astrusa e incomprensibile; è impossibile applicarla sempre e costantemente, e la sua funzione non è regolare la vita della società, ma coprire le spalle a qualsiasi esponente del potere decida occasionalmente e arbitrariamente di applicarla perchè così conviene in quel momento ai suoi interessi. Tutte le emergenze legalità italiane si spiegano con la semplice costatazione che in Italia la legalità è un'eccezione, che l'applicazione della legge è semplicemente un altro arbitrio da parte di chi ne ha il potere: la legge è un'arma nelle mani di chi potrebbe un giorno o l'altro aver voglia di farne uso, esattamente come la pietra nelle mani dell'immigrato che ha ucciso quella donna a Roma o la pistola nelle mani del rapinatore. Così come domani un rapinatore potrebbe decidere, del tutto arbitrariamente, di rapinare proprio me fra tutte le migliaia di persone che passano per questa o quella strada, il potere potrebbe decidere, del tutto arbitrariamente, di arrestare proprio me fra tutte le migliaia di persone che non hanno rispettato questa o quella legge.

Certo, quei cinquemila sono da espellere, in base ad una legge per lo più inapplicata e per lo più inapplicabile; ma se vi aspettate che quell'espulsione faccia da deterrente state freschi. Quell'espulsione non è che l'ultimo di una lunga successione di episodi che hanno tolto qualsiasi valore e forza morale alla legge e convinto quel rapinatore (e i mille, italiani e stranieri, che lo seguiranno) di essere moralmente equivalente al poliziotto che l'ha arrestato e, in ultima analisi, alla donna che ha ucciso.

P.S. Identiche considerazioni sulla legalità andrebbero fatte anche riguardo a quell'altra perla che è la nuova legge sui blog e l'editoria internet - altro aborto creato al preciso scopo di avere sottomano una legge applicabile a tutti e a nessuno, utilizzabile arbitrariamente per colpire chiunque dovesse rompere troppo i coglioni.

P.P.S. Chissà poi se sono l'unico a vedere in queste forme di applicazione arbitraria del potere l'anticamera del fascismo propriamente detto.