16 giugno 2006

Binario 6


Continuano le traduzioni dei documenti aggiuntivi allo Euston Manifesto. Il sesto "binario" e' di Shalom Lappin, professore di linguistica computazionale al King's College di Londra ed esponente di spicco del movimento pacifista.



Lo Euston Manifesto ha suscitato notevoli reazioni sia fra i bloggers che sempre di piu' sulla stampa tradizionale. Una parte significativa di questi commenti, anche di quelli favorevoli, ha pero' in qualche modo travisato il manifesto. E' importante chiarire alcuni dei fraintendimenti che sono emersi. Anche se Alan Johnson si e' occupato di alcune di queste questioni nel suo ottimo post, un certo numero di punti meritano ulteriore analisi. Ne richiamero' brevemente quattro.

1.Lo Euston Manifesto non e' un documento pro-guerra. Mentre molti dei suoi firmatari hanno sostenuto l'intervento angloamericano in Irak, altri non l'hanno fatto. Io mi sono opposto costantemente alla guerra, considerandola mal concepita. Rimango convinto che ha causato piu' danni che benefici. Specificamente, mi sembra che il piu' probabile risultato a lungo termine della campagna sia una frattura insanabile dell'Iraq lungo le linee delle divisioni settarie, con l'Iran che si assicura un virtuale protettorato nella parte sciita ed il settore sunnita che fornisce una testa di ponte per gli islamisti ed il terrorismo baathista, una minaccia non solo per la popolazione dell'Iraq ma per gran parte del Medio Oriente. Dove io (e, credo, altri firmatari pacifisti del manifesto) mi distacco dalla gran parte del movimento pacifista ufficiale e' nel rifiuto di considerare come un problema marginale il regime omicida di Saddam Hussein e nel non essere disposto a cullare la grottesca illusione che l'insurrezione terroristica che conta i civili iracheni fra i suoi bersagli sia un movimento progressista di resistenza anti-imperialista.

Mentre non sono d'accordo con i miei colleghi favorevoli alla guerra sulla logica dell'intervento, sottoscrivo decisamente il loro punto di vista che l'obiettivo primario in Irak deve essere lo sviluppo di istituzioni democratiche che proteggano i diritti umani e la sicurezza di tutta la popolazione. Alcune delle figure piu' attive nel movimento pacifista hanno disonorato la propria causa, prima fungendo da apologeti di un regime fascista ed poi da propagandisti per i terroristi che cercano di arrestare ogni progresso verso una ricostruzione democratica. E' anche necessario specificare che opporsi alla guerra in Irak non implica il rifiuto di ogni intervento motivato dal desiderio di impedire stragi e genocidi: ogni caso deve essere valutato per i suoi meriti. Purtroppo, un numero notevole di leader di alto profilo del movimento pacifista non la vedono cosi': si sono opposti anche alla campagna americana di bombardamenti (e a qualunque altro sforzo occidentale) contro gli assalti di Milosevic a Bosnia e Kosovo; hanno mantenuto un terribile silenzio sulla violenza su vasta scala e la pulizia etnica in Darfur, e sospetto che si opporrebbero con forza ad ogni tentativo di fermare la strage. E' difficile definirla una posizione politica progressista: e' un arcaico riflesso condizionato anti-occidentale ed isolazionista che si traveste da anti-imperialismo.

2.Lo Euston Manifesto non e' in alcun modo una difesa delle politiche economiche e sociali della cosiddetta Terza Via o del New Labour. Io personalmente, come molti altri firmatari, sono un socialdemocratico fermamente intenzionato a difendere l'integrita' delle risorse e dei beni pubblici contro l'assalto della privatizzazione e dell'espropriazione - il risultato dell'adesione cieca ai dogmi neo-liberisti. Il manifesto si concentra sui valori fondamentali dell'egualitarismo e sul sostegno per l'organizzazione dei lavoratori in sindacati liberi, ma non impone ai propri sostenitori degli specifici modelli economici. Non era nostra intenzione farne un dettagliato programma di partito o una piattaforma ideologica: si limita a identificare una posizione generale nello spettro politico su cui i liberali, i socialdemocratici ed altri progressisti convergono nella loro visione delle condizioni necessarie per sostenere un ordinamento sociale dignitoso.

3.Lo Euston Manifesto non vuole essere una valletta della globalizzazione economica, ne' pero' considera la globalizzazione stessa come un irreparabile disastro a cui resistere a tutti i costi. Vede l'emergere di mercati mondiali sempre piu' interconnessi come analoga alla rivoluzione industriale dei secoli diciottesimo e diciannovesimo: in entrambi i casi il rapido cambiamento tecnologico ed economico ha prodotto profondi stravolgimenti sociali e nuove ricchezze. Inizialmente, queste ricchezze si sono concentrate nelle mani di una ristretta elite, col risultato di un crescente sfruttamento dei lavoratori e dell'aumento delle disparita' fra classi. Con la nascita del welfare state e del movimento sindacale, i benefici dell'industrializzazione hanno cominciato ad essere distribuiti uniformemente, e le disparita' fra le classi a ridursi. La rivoluzione in corso, globalizzando i mercati e i modi di produzione, ha reso inefficaci le tradizionali restrizioni allo strapotere del capitale. Di fronte alle pressioni globalizzatrici i governi socialdemocratici europei hanno in gran parte abbandonato il loro tradizionale ruolo di motori delle riforme sociali e delle spinte egualitarie, riducendosi a mitigare gli effetti disgregatori del cambiamento mentre perseguono politiche pro-impresa per arginare la fuga di capitali verso economie e regioni che promettono un piu' basso costo del lavoro. La grande sfida della politica progressista ai giorni nostri e' ridefinire il proprio progetto socialdemocratico in termini internazionalisti, per promuovere la creazione di un insieme efficace di strumenti pubblici atti a gestire le nuove dinamiche economiche globali proteggendo gli interessi dei lavoratori e dei consumatori. Per converso, una parte della sinistra ha sposato una posizione radicale anti-globalizzazione, una posizione da moderni ludditi o agrari romantici, una posizione reazionaria che cerca di fermare lo sviluppo piuttosto che di sfruttarne i benefici per alleviare poverta' e sottosviluppo. Una risposta politica progressista a modelli economici globalizzatori non puo' cercare di sopprimere il cambiamento o di ostruire lo sviluppo. Il suo obiettivo primario e' usare le occasioni di sviluppo economico per promuovere un approccio razionale alle riforme sociali ed alla protezione dell'ambiente.

4.Lo Euston Manifesto non e' una copertura per radicali disillusi che cercano di far passare un ordine del giorno neocon. È un tentativo da parte di persone profondamente legate ai valori della sinistra democratica di rispondere alla crisi politica profonda che oggi affligge l'Europa e la maggior parte dell'Occidente. Questa crisi minaccia il tessuto stesso della democrazia liberale, mentre grandi fette di una sedicente sinistra fanno causa comune con estremismo, totalitarismo ed antisemitismo, mentre la xenofobia e l'abbrutimento della societa' emergono come temi dominanti a destra. Ci troviamo a proseguire la lotta dei nostri predecessori delle generazioni precedenti della sinistra socialdemocratica, che ha combattuto le perversioni dello stalinismo e dei suoi apologeti da un lato e i sostenitori di un ordine sociale finalizzato a servire esclusivamente gli interessi del potere e delle classi privilegiate dall'altro. Le nostre politiche sono informate prima di tutto dal presupposto che affinche' un movimento sia progressista nella sostanza e non solo nel nome, deve cercare di sostenere ed aiutare a radicare nella societa' le istituzioni democratiche ed i diritti umani in ogni contesto in cui opera, piuttosto che insidiarli. Sebbene questo presupposto possa sembrare evidente al limite della banalita' per qualcuno, la facilita' con cui molti che parlano in nome della sinistra ne ignorano gli obblighi conseguenti ci ha spinti a metterlo al centro del nostro manifesto.

(Shalom Lappin, King's College, Londra)

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