09 giugno 2006

Binario 3


Continua la serie delle risposte di membri ed estensori dello Euston Manifesto a critiche ed osservazioni da sinistra, da destra e in questo caso dal centro. Molte delle obiezioni al Manifesto sono state riportate anche dalla stampa e dai blogger italiani (ad esempio quelle di Daniel Finkelstein, che sono oggetto di un futuro Binario scritto da Alan Johnson)



La risposta di Martin Kettle allo Euston
Manifesto e' corretta in molto di quello che dice su cio' che il Manifesto ed il gruppo del Manifesto non sono. Non siamo un partito politico. Il Manifesto non e' un programma di governo. Kettle identifica inoltre delle lacune nelle argomentazioni e ne mette in discussione gli scopi; scrive che si aspettava che mettesse un maggiore accento sulla solidarieta', ma alla fine decide che l'oggetto del contendere, per il gruppo di Euston, sono in realta' 'i diritti di proprieta' su di un cadavere' - quello della sinistra britannica. Altri hanno espresso posizioni simili nei loro commenti - un amico laburista mi ha chiesto, 'perche' non vi iscrivete a Compass e non lavorate dal centro?'. Come Martin Kettle ricorda, cio' che conta in politica elettorale e' il centro e per aggiudicarsi il centro bisogna avere un programma sulla sanita' pubblica; bisogna avere una posizione precisa sull'ambiente. In una delle riunioni che hanno portato al Manifesto c'e' stata una discussione esattamente su questo punto: perche', ha chiesto qualcuno , l'Open Source e' nel Manifesto e l'NHS [il sistema sanitario pubblico, NdT] no?

La risposta data durante quella discussione era che gli Eustonians non sono un partito politico e quindi non devono avere una posizione politica su tutto, ne' devono conquistare il centro politico dall'interno del sistema - benche' alcuni di loro passino moltissimo del loro tempo a fare esattamente questo, e probabilmente siano iscritti a Compass, mentre altri membri del gruppo non sono iscritti e nemmeno sostenitori del Labour anche se afferiscono generalmente alla sinistra, 'al cadavere', come dice Martin. La mia impressione e' che mentre ha ragione quando indica alcuni punti deboli del documento, fraintende le nostre intenzioni cosi' come le vedo io. Laddove lui parla di un cadavere e dell'importanza del centro, io direi piuttosto che la natura della politica e del dibattito politico e' cambiata. Come egli stesso mette in evidenza, i tempi sono cambiati. La natura del cambiamento e' che le politiche di partito ed i programmi di partito sono oggi solo una delle maniere in cui si puo svolgere la discussione politica nazionale ed internazionale: il mondo si e' riempito di discussioni, spesso urlate, che si svolgono nella sfera virtuale. Grazie a questi nuovi media nuove aggregazioni prendono forma e agiscono collettivamente, e gli Eustonians sono una rappresentazione politica di questo nuovo sviluppo organico.

Alcuni membri del Gruppo del Manifesto di Euston possono non essere d'accordo, ma e' possibile porre la questione se le idee progressiste, che io sostengo, non siano necessariamente servite meglio dalla permanenza al potere del Partito Laburista, bensi' piuttosto dal prevalere di idee di piu' ampio respiro fra i legislatori e fra il grande pubblico. Il cambiamento politico radicale è reso permanente dall'incorporazione nel consenso collettivo, quale che sia il partito al potere; sono i contenuti e la forma con cui il consenso collettivo si presenta a determinare la qualita' della vita in questo Paese e l'influenza all'estero. I valori dell'internazionalismo liberale informati dai diritti dell'uomo e dall'egalitarismo, l'aspirazione a sradicare l'emarginazione sociale in casa e a combattere il terrorismo fuori, possono essere fatti propri ed elaborati da soggetti provenienti dai piu' diversi ambiti politici. L'evoluzione dall'adesione ad un particolare partito all'adesione a determinati valori fondamentali che ha caratterizzato la politica durante gli ultimi decenni implica che la natura delle coalizioni ed i contenuti delle alleanze che possono ora emergere possono sorprenderci tutti. Il Manifesto di Euston rappresenta un primo passo lungo una di queste nuove strade, pertanto l'appello che lancia dovrebbe per me essere il piu' vasto possibile

Martin ci descrive come la sinistra pro-guerra. Molti del gruppo erano e rimangono pacifisti ed hanno una vasta gamma di opinioni sulle questioni discusse nel Manifesto. Cio' che li unisce e' la convinzione che gli eventi a partire dal 9/11 rappresentino una parte di un vasto assalto alla democrazia, e che questo assalto debba essere fronteggiato, combattuto e sconfitto. Cose come il Manifesto di Euston sono piccoli passi in questa lotta. In un certo qual modo gli Eustonians hanno compiuto la loro missione: l'ampiezza del dibattito sul web e le prime reazioni che segnano il risveglio dell'attenzione dei media tradizionali mostrano la diffusione dell'eco che questa posizione alternativa all'interno della sinistra ha avuto ed il riconoscimento della sua rappresentativita attuale e futura. Ma soprattutto chi si riconosce nelle idee generali portate avanti dal documento ha ora la consapevolezza di poter stabilire un legame con altri che condividono le stesse idee. Martin Kettle riassume molto bene qual era per me il messaggio del Manifesto quando scrive:

C'e' molto di condivisibile in quello che il Manifesto dice. E' vero quello che dice dei concetti fondamentali - democrazia, liberta', universalita'. Ma e' anche vero cio' che dice sull'immoralita' del cercare scuse per le azioni di terroristi reazionari in nome de ?il nemico del mio nemico dev'essere mio amico?; ha ugualmente ragione sull'indignazione sproporzionata per atti ingiustificabili commessi dall'occidente rispetto ad atti simili da parte anti-occidentale; sulla vaga simpatia per l'antisemitismo che affiora durante certe discussioni sul Medio Oriente; sulla stupida e cocciuta disonesta' della sinistra per quanto riguarda i propri crimini ed errori del passato; e sulla necessità di sostenere, e non contrastare, il principio dell'intervento umanitario internazionale.

Forse, in chiusura, vale la pena di affermare chiaramente che le nostre ambizioni ed ego non erano poi cosi' imponenti come molti dei nostri critici sembrano pensare. Nel riunirci, nella redazione del documento e nell'usare le risorse di Internet per pubblicarlo, non ci siamo mai aspettati che avremmo cambiato il mondo o che il documento sarebbe un modello per trasformare la società. Speravamo di provocare un dibattito, di creare uno spazio per permettere a persone di idee simili di venire in contatto in maniera virtuale e di persona, e di avere una certa influenza sulla discussione pubblica. Nel 'Saggio come forma', il solitamente illeggibile Theodor Adorno scrive una frase che per me fotografa qualcosa di importante del progetto Euston:

[ il saggio ] inizia non con Adamo ed Eva ma con cio' di cui intende parlare; dice che cosa si presenta ad esso in quel contesto e si arresta quando ritiene di aver finito piuttosto che quando non c'e' niente dire. I suoi concetti non sono derivati da principii primi.

Forse avremmo dovuto chiamare il Manifesto 'un saggio'! (Brian Brivati)

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1 commento:

Anonimo ha detto...

chiamare euston il manifesto della sinistra pro guerra mi sembra una trovata povera povera povera. buon post, ciao
un firmatario