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12 settembre 2006

Domande e risposte


Molto in ritardo, rispondo ad una domanda nei commenti: cosa ne penso dell'uso, da parte di Israele, di cluster bomb in Libano.

Premetto che non conosco nei dettagli la legge internazionale, e quindi, a differenza della maggior parte di coloro che non la conoscono, eviterò di esprimere un giudizio giuridico (vedi tutta la diatriba su armi chimiche/fumogeni/fosforo bianco per un esempio della ridicolaggine di simili giudizi). Personalmente considero l'uso di qualunque arma di area - cluster, termobariche, daisycutter, ma anche, e di più, normali Mk82 sganciate da un B52 - su aree densamente popolate moralmente esecrabile; allo stesso tempo credo che l'uso di armi di area su concentramenti di truppe sia una triste necessità della guerra e non più condannabile di molte altre cose fatte durante una guerra.

Trovo che lo scandalo degli ultimi tempi per via di questa o quell'arma più o meno "proibita" (i.e. l'equivalente militare dei pitbull e delle stragi del sabato sera, nel senso che se ne parla al telegiornale come se fosse qualcosa di nuovo e incredibile) sia in gran parte dovuto o ad ignoranza o a malafede - almeno da parte di giornalisti e politici. Da cosa lo deduco? Se fosse un problema reale, come per esempio è il caso delle mine antiuomo, i giornalisti (cito Repubblica, che m'è capitato di leggere, in Italia, quando sono sceso per 48 ore a festeggiare l'inizio della mia crisi di mezza età) non avrebbero bisogno di dare i numeri al lotto per fare scandalo - le "100.000 submunizioni inesplose" in Libano sono un esempio lampante, soprattutto il fatto che di queste l'80% sarebbe stato disperso nelle ultime 72 ore di guerra, perchè, è il commento sottinteso, quei cattivacci dei Savi di Sion volevano rendere il Libano del sud inabitabile: l'equivalente, in politica internazionale, di una persona cattivissima che quando viene buttata fuori da una casa, come ultimo gesto di spregio dà un calcio al gatto e sbatte la porta. I conti li fa Wellington (a proposito, peccato che abbia chiuso, era uno dei pochi blog di destra che leggevo senza alcun senso di superiorità) e non mi sembra il caso di stare a rifarli - l'unica conclusione possibile è che certi numeri sono stati sparati senza alcuna idea di quale sia la situazione sul territorio.

La domanda, in conclusione, è mal posta. Se uno mi chiede cosa penso dell'uso di armi automatiche da parte dei soldati, dico che si tratta di una necessità della guerra; il fatto che i parà inglesi, qualche anno fa, le abbiano usate in una piazza affollata di Belfast non cambia questa banale realtà.

01 settembre 2006

Neutralità


Ogni tanto riaffiora la discussione sulla neutralità della Croce Rossa, e di quanto sia importante mantenerla; l'ultima volta che mi è capitato di leggerne è stato al tempo della selezione dei testimoni per il processo sui crimini contro l'umanità in Ruanda. La Croce Rossa, pur avendo subito essa stessa attacchi ed avendo perso del personale nei massacri, espresse un netto rifiuto alle richieste dei pubblici ministeri.

Personalmente credo si sia trattato di una scelta giustificata. Attraverso gli sforzi e i sacrifici di coraggiosi operatori locali e volontari stranieri, la Croce Rossa salvò un numero imprecisato, ma probabilmente dell'ordine delle decine di migliaia, di persone che altrimenti sarebbero morte per denutrizione, malattie, ferite riportate durante la pulizia etnica; e tutte le parti in causa, inclusi i capi della milizia Interahamwe, permisero ai volontari e ai medici l'accesso ai campi profughi esattamente in virtù della assoluta neutralità dell'organizzazione. Offrire testimonianze al processo, sebbene assolutamente giustificabile (ed anzi, io personalmente non credo sarei mai riuscito a non farlo) avrebbe avuto come unica conseguenza che nel corso del prossimo genocidio la Croce Rossa non avrebbe avuto il permesso di soccorrere le vittime.

Ci vuole una enorme forza d'animo per prendere decisioni del genere, una forza d'animo che io molto probabilmente non avrei; e ci vuole una grande lucidità, indispensabile per capire ed accettare in partenza tutte le conseguenze di un'assoluta neutralità, quelle positive come quelle negative.

Proprio per questo, non mi spiego l'atteggiamento della Croce Rossa in Libano. Non mi spiego le accuse lanciate a Israele sul supposto "attacco missilistico" ad un'ambulanza, e non me le spiegherei nemmeno se fossero fondate, figuriamoci poi quelle basate su un'evidente contraffazione, nè le reazioni isteriche quando la contraffazione viene esposta. Uno dei miei tre lettori ha qualche idea?

09 agosto 2006

Is it real or is it Reuters?


Una disamina (in inglese) delle troppe foto falsificate/alterate nella copertura della guerra in Libano dai fotografi Reuters e in generale dai media occidentali, su Zombietime, un blog conservatore americano.

Una sola precisazione - io non credo a nessuna delle spiegazioni offerte dall'autore sui motivi. Le spiegazioni risentono eccessivamente dei pregiudizi, tipici di certa destra americana, contro la stampa liberal: una versione anglosassone del complotto comunista dei giornalisti che fraintendono Berlusconi. In realtà l'idea che Reuters - un'agenzia che è prima di tutto un aggregatore di dati finanziari e informazioni di borsa - sia in qualche modo ideologicamente vicina a Hezbollah è abbastanza risibile al di fuori dei circoli cospirazionisti più estremi.

Credo che la spiegazione sia molto più semplice - il pubblico occidentale, che poi è quello pagante, vuole sentire notizie che siano in linea con quella che ormai è diventata la sua visione del conflitto mediorientale: Israele cattivo, palestinesi buoni (tipo, in Italia, mi dicono, il "massacro di Jenin" è tuttora un articolo di fede), "resistenza" libanese che si difende alla meglio, cattivo esercito israeliano che fa vittime civili.

Un articolo con foto di ragazzini israeliani morti non fa audience; uno con foto di bambini libanesi, invece, vende. Il lavoro dei giornalisti, oggi, non è riportare gli eventi, ma più semplicemente dire al pubblico le cose che questo vuole sentirsi dire, inframmezzandole con messaggi pubblicitari o con sottili suggerimenti che, lentamente, ne reindirizzano il gusto - e se il pubblico vuole sentirsi dire che gli israeliani mirano a vedove e orfani, chi sono mai i giornalisti per contraddirlo?

08 agosto 2006

Beata ingenuità


Mia moglie mi segnala un blog inglese (EUreferendum) che ha postato una disamina delle manipolazioni dei media in Libano. Le ho fatto notare che quell'articolo è in effetti interessante, ma che sarebbe il caso di prendere quello che scrive cum grano salis, perchè, insomma, gli autori sono fasci mica da ridere (appartengono ad un piccolo gruppo di fuoriusciti che criticano i Tories da destra)

Mia moglie, santa donna, che ha abbandonato la politica attiva ormai da qualche anno, mi fa, "Ma come, fasci? Difendono Israele e ne danno in testa ai fascisti di Hezbollah! Stiamo parlando delle stesse persone?"

Per quelli affetti, come lei, da queste forme di beata ingenuità, propongo all'ed. Bignami questa

Breve guida alla moderna politica italiana/europea:

in favore di milizie razziste, teocratiche, che fanno video propagandistici col saluto romano e il salto nel cerchio di fuoco; di neonazisti americani come Alex Jones; della pena di morte per gli omosessuali e le ragazzine stuprate: sinistra

in favore della democrazia, dei diritti umani, del femminismo, della laicità: destra

P.S. Uno che non capisce c'è sempre, quindi sarà il caso di dirlo esplicitamente - fino a 2 elezioni fa ho votato Rifondazione, stavolta ho votato l'Unione perchè all'estero non c'era altro, ritengo che il posto adatto per Berlusconi, Feltri e i loro simili sia in una miniera di salgemma (a lavorare, mica sepolti: sarebbe troppo comodo) e l'unico immigrato che non mi dispiacerebbe deportare dall'Italia è Ratzinger. Per questo preciso motivo trovo particolarmente vergognoso che chi dovrebbe rappresentarmi stia lì a bearsi del saluto romano dei miliziani di Hezbollah e dia del fascista a chi protesta per le torture nelle carceri iraniane.

04 agosto 2006

Stop the war


In risposta ad una domanda nei commenti di ieri: no, non vado alla manifestazione pacifista di domani. Non ci vado, primo, perchè ogni giorno che passa mi scopro meno pacifista, almeno nel senso che adesso è di tendenza in Europa di "pacifista senza se e senza ma"; e secondo, perchè neanche i pacifisti senza se e senza ma lo sono.

Non ci vado perchè i due leader della Stop the War Coalition, che organizza la manifestazione di domani, sono George Galloway e Andrew Murray. Nessuno dei due è un pacifista nell'accezione che essi stessi danno al termine, ed entrambi vogliono la pace, in questo momento (e lo dicono abbastanza esplicitamente) semplicemente perchè la parte che loro sostengono sta perdendo.

Per carità, intendiamoci, tutto il mondo sta facendo il tifo peggio che ai mondiali, e se un esponente del Socialist Workers' Party ed un giornalista, scrittore e sindacalista vogliono fare il tifo per un movimento fascista, razzista e teocratico in Libano (e, incidentalmente, per la tortura e decapitazione dei sindacalisti e dei comunisti in Iraq) ne hanno pieno diritto: siamo in democrazia, nonostante, viene da pensare, i loro sforzi.

In a nutshell, come si dice qui, domani alla manifestazione non ci vado perchè, a differenza degli organizzatori, io vorrei un cessate il fuoco permanente in Libano, non una tregua per fermare l'avanzata dell'oppressore sionista il cui sterminio è solo rimandato.

01 agosto 2006

Opinioni controcorrente


L'opinione di una persona che non aveva paura a dire quello che pensava - anche e soprattutto quando questo lo rendeva il bastian contrario della sinistra, la voce fuori dal coro, fino a pagare con la vita per la pericolosità sociale e politica delle sue idee e del suo modo di vivere. (Hat tip: Wellington, a cui prima o poi mi toccherà offrire una birra)

L'opinione di un intellettuale inglese che non ha mai fatto mistero di parteggiare per Israele, uno degli autori dello Euston Manifesto ed un avversario - da lunga data - delle varie forme di fascismo islamista. Questa frase in particolare (traduzione mia) riassume perfettamente anche il mio pensiero:

Le azioni di Israele a Qana non sono scusabili. Dico questo come sostenitore del diritto di Israele a difendersi dagli aggressori, da chi lancia missili contro la sua popolazione civile e intende distruggerlo come Stato. Ma se Hezbollah ha queste colpe e responsabilità, Israele ha la precisa responsabilità, in accordo con le leggi di guerra, di cercare di minimizzare le vittime civili, e questo si applica anche al caso in cui i suoi avversari ricorrano all'uso di scudi umani.
Intanto, il resto del mondo continua a fare il tifo per l'uno o per l'altro come se fosse una partita di calcio.

31 luglio 2006

Le ironie si sprecano


Sono sempre stato un cinico bastardo: come ho detto in passato, il mio role model è Louis Renault di Casablanca, il poliziotto francese corrotto e sciupafemmine. Per questo motivo, anche assistendo a quella che è incontestabilmente una tragedia, non riesco a non trovare esilaranti certe notizie.

Omar Bakri Muhammad, siriano, a lungo rifugiato politico a Londra e mantenuto a spese dello Stato, è il fondatore del gruppo al-Muhajiroun, (rinominato al-Ghurabaa dopo un finto scioglimento susseguente ad accuse di contatti con Al-Qaeda) che fra le altre attività organizza incontri e manifestazioni per commemorare e festeggiare episodi come l'11 Settembre o gli attentati di Madrid, Londra e Bali, e occasionalmente organizza anche manifestazioni come questa (video).

Un annetto fa il governo inglese ha promulgato delle nuove leggi su quella che in Italia chiameremmo apologia di reato - e Omar Bakri ha preferito lasciare il Paese. Ma non per timore di essere arrestato, no: andava a trovare la mamma molto malata in Libano, e una volta arrivato lì ha deciso che non sarebbe mai tornato in UK finchè i suoi seguaci non avessero "fatto sventolare la bandiera verde del Califfato su Downing Street", invitandoli a trasformare la Gran Bretagna in Dar ul Harb (la terra in guerra, il Paese devastato dalla guerra): nel frattempo sarebbe rimasto in Libano ed avrebbe punito gli infedeli inglesi privandoli della sua salvifica presenza.

Qualche giorno fa, però, i Royal Marines su una nave da guerra inglese inviata ad evacuare i cittadini inglesi in Libano hanno visto arrivare sulla passerella un ciccione barbuto che probabilmente ricordavano bene - se non altro per averlo visto innumerevoli volte sulle prime pagine dei tabloid. Eh sì, il buon Omar Bakri Mohammed aveva deciso di perdonare alla Gran Bretagna i suoi innumerevoli peccati, la sua lontananza da Allah, l'esiguità del suo assegno mensile, la sfrontatezza delle sue donne, le sue leggi repressive che non permettono ad un uomo neanche di punire la moglie se va a dormire prima di lui: scordiamoci il passato, ha detto Omar, scambiamoci un abbraccio e datemi un passaggio su questo magnifico cacciatorpediniere con aria condizionata, tre pasti al giorno (halal) e soprattutto senza fastidiose bombe israeliane e senza giovinastri libanesi che mi guardano con aria severa e mi chiedono come mai, dopo dieci anni passati a glorificare il martirio in battaglia, me ne stavo a Beirut invece di andare a farmi esplodere davanti ad un carro armato israeliano.

E quei cattivacci dei Royal Marines l'hanno mandato indietro solo perchè non aveva un passaporto britannico, ma guarda tu che gente, a lui che lo faceva solo per il bene dei suoi figli - i bimbi vogliono vederlo, e il governo inglese non sarà mica così snaturato da costringere i piccini ad andare in Libano per vedere il loro papà, vero?

Ah, l'ironia, questa malattia sconosciuta ai fondamentalisti religiosi.

E sempre in tema di ironie, il Libano sembra esserne una fonte inesauribile. Ricordate la Danimarca? Nazione piccina, su a nord, bellissime ragazze bionde, vichinghi, pasticcerie, ottimo burro, fumetti blasfemi? Sì, proprio quella.

La Danimarca e la Svezia, Paesi notoriamente islamofobi, hanno passato i loro bravi guai per la faccenda delle vignette di Maometto, e per esempio l'ambasciata danese a Beirut è stata a suo tempo data alle fiamme fra il giubilo e il tripudio, o almeno i mormorii di comprensione e qualche "se la sono cercata" sottovoce, di tutti i veri pacifisti europei - e all'epoca già si è avuto qualche episodio che aveva dell'esilarante, come ad esempio una folla palestinese, a Gaza, che cercò di linciare un paio di pacifisti danesi che fino al giorno prima erano stati lì a fare da scudo, anche rischiando la pelle, contro i bulldozer dell'esercito israeliano - esercito immediatamente intervenuto per portarli in salvo.

Adesso scopriamo che la Danimarca e la Svezia sono i due Paesi che hanno soccorso e portato in salvo più gente in Libano - cittadini danesi e svedesi, sicuro, ma con qualche risultato particolarmente curioso: perchè uno dei cittadini "danesi" portati in salvo è Ahmad Akkari, uno dei due imam (originariamente rifugiato politico in Danimarca, poi naturalizzato) che hanno realizzato il famigerato dossier sulle vignette di Maometto, vi hanno incluso immagini che non c'entravano come quella del tipo travestito da maiale, e sono andati in giro per il Medio Oriente ad aizzare le folle. Mr. Akkari, ci informa la CNN, non ha lamentele da fare sulla qualità del servizio offerto dai cani infedeli.

Che si può fare se non ridere?

Hat tip: Hak Mao

27 luglio 2006

Sparare sulla Croce Rossa


O quasi. Fin dalla fondazione dell'ONU, il famoso casco blu raramente ha costituito una vera protezione, ed anzi, in più di un caso ha reso chi lo indossava un bersaglio preferenziale: basta ricordare i caschi blu irlandesi e indiani in Zaire durante la ribellione katanghese, i pakistani massacrati in Somalia dalla milizia di Aidid, i belgi uccisi in Ruanda durante il primo dei 100 giorni del genocidio dei Tutsi. E adesso i 4 MILOB in Libano, e i caschi blu indiani mandati a soccorrerli.

Mi spiace, ma non credo alla tragica fatalità, non credo ad errori nelle comunicazioni e non credo alla storia di Hezbollah che sparava da una postazione vicina.

Andando con ordine, non credo che gli israeliani non sapessero che lì c'era una postazione ONu da vent'anni e passa - queste postazioni fisse sono segnate su tutte le carte, soprattutto quelle in dotazione ad artiglieria ed aviazione su cui si pianificano le missioni di fuoco. A parte questo, la postazione è stata colpita quattordici volte nel corso della giornata, e gli osservatori, e il comando ONU, si sono messi in contatto con il comando israeliano dieci volte per chiedere di fermare il bombardamento. Per tutta risposta, l'aviazione israeliana li ha finalmente colpiti con una bomba a guida laser. Questo, fra l'altro, toglie subito di mezzo l'ipotesi che il comando israeliano stesse mirando a guerriglieri Hezbollah intorno alla postazione ONU: miravano proprio a quella, e l'hanno colpita con armi di precisione. Neanche un pilota iracheno potrebbe confondere una palazzina fortificata dipinta di bianco con un paio di camion con razzi Katyusha.

Perchè? L'intera comunità internazionale riconosce che, al di là delle considerazioni sulla forza impiegata, Israele ha ottime ragioni per colpire Hezbollah e cercare di toglierlo dallo scacchiere come forza militare; anche l'ONU, che pure ha criticato la reazione israeliana come sproporzionata, ha condannato con uguale forza (anche se con minore risonanza mediatica - ma non è certo per sua colpa) il comportamento criminale di Hezbollah che si fa regolarmente scudo di civili. Perchè Israele avrebbe voluto colpire quattro osservatori neutrali e mettersi istantaneamente dalla parte del torto?

Onestamente non so spiegarmelo: le sole ipotesi che si possono fare sono da fantascienza. Non credo che Israele abbia pianificato a tavolino violazioni tali della carta dell'ONU da richiedere l'allontanamento forzato di tutti gli osservatori (motivo per cui, storicamente, si spara ai caschi blu); non credo che le critiche, per giunta molto moderate, di Khofi Annan, abbiano stimolato la volontà, da parte israeliana, di un "avvertimento" - queste cose non succedono al di fuori dei film di spionaggio, e d'altra parte funzionano solo quando dirette ad entità che capiscono questo tipo di linguaggio, come Hezbollah - la comunità internazionale ha invece il vizio di moltiplicare per dieci le proprie critiche ogni volta che capita una cosa del genere.

Cosa rimane? Forse un ordine dato a più basso livello. Forse l'idea, che ha sempre serpeggiato in Israele, che gli stranieri in quanto tale sono nemici, o almeno potenzialmente ostili, e dovrebbero togliersi di mezzo da una crisi che non hanno mai capito e non hanno fatto che esasperare in mezzo secolo di coinvolgimenti. Forse una combinazione di esasperazione e paranoia ha portato qualcuno a credere che l'ONU stesse attivamente fornendo una copertura ad Hezbollah. Onestamente non ne ho idea, e non ho molta fiducia che la commissione d'inchiesta promessa da Olmert fornisca risposte credibili, come non ne hanno fornite in passato le inchieste sull'uccisione di giornalisti e volontari stranieri.

Una cosa è certa: se quei quattro osservatori li avesse uccisi un proiettile d'artiglieria siriano, stasera i carri armati USA e israeliani sarebbero già a Damasco.

P.S. Quanto scritto qui sopra non implica che vorrei vedere una forza multinazionale invadere Israele. Semmai vorrei vedere una forza multinazionale invadere il sud del Libano, disarmare Hezbollah e interporsi fra Tsahal e l'esercito Libanese - e in un mondo perfetto, sarebbe una missione sotto l'egida del capitolo VII della carta dell'ONU (peace enforcement: Corea, Gurkha in Katanga), non del capitolo VI (peacekeeping:
Bosnia, Ruanda). Quanto sopra intendeva semplicemente chiarire alcuni fatti dell'incidente appena accaduto, e criticare l'atteggiamento delle forze armate israeliane che sempre più spesso sembrano considerare ostile qualunque straniero che non sia un loro diretto alleato.