07 giugno 2006

Binario 2


La seconda risposta a critiche ed osservazioni sull'Euston Manifesto. Anche quest'articolo e' di Norman Geras. Ancora, chi legge si renda conto che non sono un traduttore professionista, ho cercato di fare del mio meglio ma il risultato e' quello che e'.



Marc Mulholland trova la maggior parte del Manifesto di Euston 'molto condivisibile' e pensa inoltre che sia 'roba sciocca e insipida'. Va benissimo, ha tutto il diritto di esprimere una simile combinazione di giudizi, ed ha piu' che il diritto, ha effettivamente ragione, a dire:

Il Manifesto deve aspirare ad una certa serieta' se desidera essere preso seriamente.

Ciascuno puo' giudicare da se' il livello di serieta' del Manifesto. Marc sembra non trovarlo abbastanza ?sostanzioso? da prenderlo seriamente, ma gli ha dedicato quattro post in altrettanti giorni, dopo sette mesi in cui sul suo blog non ha pubblicato osservazioni su alcunche'.

Poco male. A differenza di alcune delle obiezioni piu' deboli e/o altezzose al Manifesto, di cui ho dato qualche esempio in Binario Uno, ci sono due obiezioni sollevate da Marc che meritano una risposta articolata.

1

La prima e' la sua critica che il manifesto di Euston non ha alcun 'sistematico orientamento strategico'; non offre 'una chiara visione del percorso da intraprendere per raggiungere i propri obiettivi'; Marc ritiene che il nostro punto debole sia nell'identificazione dei mezzi:

I manifesti classici identificano una forza storica (la classe sociale, la nazione, i liberi cittadini o qualunque altra cosa) e si impegnano ad esservi fedeli

Fa tutt'uno con queste osservazioni il paragone sfavorevole che traccia fra cio' che definisce 'il marxismo borghese' di George Bush e dei suoi sostenitori neocon e il rifiuto da parte di noi Eustonians di descrivere la nostra posizione in termini di materialismo storico. Vediamo le democrazie pluraliste come gli agenti privilegiati del cambiamento in senso progressista, dice Marc, ma non abbiamo una concezione molto chiara del perche' dovrebbero essere loro a svolgere questo ruolo piuttosto che altre forze sociali - 'comunità nazionali, società civili basate sul libero mercato o alleanze di classe'.

Parlando solo per me qui (e quindi non necessariamente per altri membri del gruppo del Manifesto di Euston), direi che Marc ha due volte ragione e una volta torto. Ha ragione a dire che il Manifesto non è un documento marxista, ma non era nostra intenzione che lo fosse: mentre alcuni dei suoi sostenitori sono marxisti, molti non sono. Perche' mai, nel tentativo di delineare un terreno comune, avremmo dovuto redigere un documento basato su presupposti che non sono condivisi all'interno del gruppo? Marc ha inoltre ragione quando dice che il manifesto non descrive chiaramente un percorso, ne' un ben definito agente di cambiamento storico pronto in attesa all'inizio di questo percorso. Di nuovo, non pretende di farlo; non era quella la nostra ambizione. Il nostro lavoro aveva lo scopo di elaborare un programma fatto di valori ed impegni comuni, di descrivere a grandi linee la nostra presa di posizione su alcune questioni politiche alla ribalta, posizione che e' comune e che pensiamo sia importante. Se tutto questo non basta a fare del documento che abbiamo prodotto un vero e proprio manifesto, potete ribattezzarlo 'il documento di discussione di Euston'. Questa e' la sua essenza: un punto focale per persone con opinioni comuni, un modo per aprire un dibattito su alcune questioni che ci hanno sollecitati ad agire.

Pertanto, mentre Marc ha ragione su tutto questo, non vedo il suo avere ragione come negativo per il Manifesto di Euston una volta tenuto conto degli obiettivi dei suoi estensori. Dove invece sbaglia e' nel suggerimento che la nostra concezione (per lui mal posta) dei mezzi privilegia le democrazie pluraliste. Affermiamo - perché lo crediamo - che le democrazie siano preferibili ai vari tipi di tirannia (facciamo pero' anche riferimento alle loro imperfezioni). Niente pero' nel Manifesto lascia intendere che l'opinione dei firmatari sia che sono queste democrazie, intese come istituzioni statuali, il solo o il principale strumento per cambiare il mondo in meglio, escludendo piu' vaste forze di classe, movimenti sociali, organizzazioni politiche e così via. Il Manifesto - scusate, il documento di discussione - non dice questo sui mezzi, perche' dei mezzi non parla. È una mancanza? Si'. Niente pero' impedisce ad altri di cominciare a sopperirvi costruttivamente, nella speranza che abbiano idee convincenti in proposito.

2
Posso occuparsi più brevemente dell'altra questione sollevata da Marc. Nel più recente dei suoi quattro post, contesta al documento di Euston questa espressione:

Se uno Stato viola atrocemente tale diritto all'esistenza, esso rinuncia automaticamente ad ogni pretesa di sovranita` su quella popolazione, e la comunita` internazionale ha il preciso dovere di intervenire e soccorrere


Marc intepreta questo come un obbligo di intervento senza pensiero per le conseguenze - compresa una guerra catastrofica (e presumibilmente nucleare) - in qualsiasi Paese in cui le violazioni dei diritti umani da parte dello stato siano 'atroci'. Due semplici osservazioni: (a) Il Manifesto e' un breve documento, che dichiara cio' che dichiara in forma sintetica. Piu' o meno tutto in esso necessita di essere specificato ulteriormente. In questo caso, vi e' bisogno di un insieme di criteri che spieghino esattamente cosa si intende per 'atrocemente' - le circostanze in cui interventi di questo genere sono giustificati e le circostanze in cui non lo sono. Non è ragionevole aspettarsi che un'opinione su una quesione complessa, espressa in poche righe, abbia la precisione ed il dettaglio di un documento legale. (b) A parte questo, Marc interpreta il termine 'dovere' nel senso de 'il dovere assoluto indipendentemente da ogni altra considerazione o conseguenza'. Ben pochi doveri sono tali in questo senso. Tutti hanno doveri filiali, ma mancare in qualche occasione di far visita alla propria madre per evitare di causare gravi problemi a se' o ad altri, non mostra certo l'assenza di doveri filiali, solo che tali doveri sono una fra molte considerazioni morali; è un obbligo immediatamente apparente ma non assoluto. Alla stessa maniera, la comunita' internazionale puo' avere il dovere immediatamente apparente di intervenire contro genocidi o altri casi di massicce violazioni dei diritti umani, senza che questo implichi che niente altro, neppure una catastrofe nucleare, abbia influenza sulla questione.

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