17 dicembre 2009

Il manager è come il metano: puzza, ma ti dà una mano


Certe volte sono le piccole cose che ti fanno incazzare.

Voglio dire, tu sei pagato per lavorare 7 ore e mezza al giorno, più un'ora per la pausa pranzo da prendere un po' quando ti pare. In altre parole, entri alle nove, esci alle cinque e mezza (alle sei, perchè c'è sempre un cretino che segnala un problema alle cinque e venticinque - ma tant'è) e ti prendi un po' di tempo per mangiare. Che poi: in generale quello che succede è che fai una corsa di sotto e compri un paio di sandwich o un'insalata con la polpa di granchi (tempo: 10 minuti), torni di sopra, e intanto che mangi continui a lavorare, sistemi le cosette veloci tipo rivedere i tempi di risoluzione dei problemi del tuo team o riorganizzare gli appuntamenti e i meeting della prossima settimana per azzeccare i fusi orari di USA, UK, Israele e Australia ed evitare di fare teleconferenze con un partecipante in pigiama e un altro che sta ancora facendo colazione, poi fai un'altra corsa di sotto, arrivi da Starbucks, ti fai un caffè (tempo: altri 10 minuti) e torni al lavoro. Tempo in cui non hai effettivamente lavorato: 20 minuti, o se preferite, tempo in cui hai lavorato gratis per l'azienda: 40 minuti.

Eh, no, troppo facile. Ad un certo punto, è una legge di natura, deve arrivare il managèr laureato in Managemènt dei Processì della Minchià Platinatà all'Ècole Polytechnique Supercazzolèe di Parigi (terzo Arrondissement con scappellamento a destra) che, vedendoti uscire per il caffè, ti chiede "E tu dove vai?". "Esco a farmi un caffè", gli rispondi tu innocentemente. Troppo facile, caro il mio sfaticato italiano: sei già uscito una volta, mica puoi fare avanti e indietro solo perchè ti consideri ancora in pausa pranzo. Si esce una volta per mangiare, si rientra, si lavora. Così È Scritto. Ma, dici tu, sono uscito solo a comprare il sandwich, dieci minuti prima, dieci minuti adesso, fanno venti minuti, poi, voglio dire, non è che vogliamo metterci a contare i minuti di lavoro, sennò fra le chiamate notturne non pagate, il lavoro nel weekend e tutto il resto, finisce che ogni giorno io me ne vado a casa alle tre, no? "No", ti dice l'esperto di processi della minchia platinata, ma è una questione di procedure e organizzazione, come mi hanno insegnato all'Ècole Polytechnique Supercazzolèe, per pranzo si esce una volta e basta, questione di regole, non di tempi.

E così da un certo punto in poi a pranzo esci, ti fai una tranquilla passeggiata nel centro commerciale, compri i sandwich o le insalate di salmone di Marks & Spencer, che sono anche meglio, te li mangi al parco (se fa caldo) o ai tavoli della galleria commerciale (se fa freddo o piove), vai con tutta calma da Starbucks, fai due chiacchiere con la cassiera che vuole andare in Italia per sposarsi e crede che tutti gli italiani siano di Firenze, torni al lavoro facendo il giro lungo il canale, totale, un'ora e venti. È questione di processi, mica di tempo. E infatti sono tutti contenti e nessuno ti dice niente, perchè sei uscito una volta sola e nessuno, dopotutto, sta a contare i minuti. E se da domani ti porti il netbook, magari ce la fai anche a farti un'oretta su Eve Online o un pezzo di scenario di Combat Mission: Shock Force, se riesci a farlo andare sotto Wine. Gran cosa, il managemènt continentalè.

5 commenti:

Unknown ha detto...

Chiedigli di formalizzare i KPI della tua attivita'.

Le regole sono regole, e sono piu' regole quando sono scritte.

Uriel

Yossarian ha detto...

LOL

"Maitland stand up, now is your time!"

Wellington, Waterloo 18 giugno 1815...

Senti, ora che arrivano le vacanze dobbiamo sfidarci a Combat Mission online.

Lo so che mi temi perche' sono la piu' brillante mente tattica e strategica della Galassia Centrale, ma chissa', magari uno scenario puoi vincerlo...

:-)

Palmiro Pangloss ha detto...

@Yossarian: Sei Bel Riose?

Eugenio Mastroviti ha detto...

LOL non cominciamo con le citazioni dai classici

Palmiro Pangloss ha detto...

Bel Riose e' un personaggio che ammiro incondizionatamente. Assomiglia un po' a Lee e von Manstein