28 agosto 2008

Consigli sparsi...


...per chi volesse trovarsi un lavoro da queste parti.

Consigli e note in ordine sparso, in base all'esperienza (ripetuta) che ho accumulato negli ultimi 8 anni - soprattutto sulle differenze fra come le cose funzionano qui e in Italia.

  • Il salario: la paga qui, nelle offerte di lavoro e nei contratti, viene sempre espressa al lordo di tasse e contributi. Per i lavori permanenti viene espressa in generale come paga annua, per i lavori a contratto come paga giornaliera. Per sapere quanto ci si porterà a casa, al netto di tutto, ogni settimana o o gni mese, questo calcolatore online è molto comodo.
  • Gli extra: il salario, nel settore privato, è solo uno degli aspetti da considerare. Molti impieghi, soprattutto nel settore finanziario o informatico, prevedono un bonus, spesso legato alle prestazioni della compagnia e/o della business unit, e a volte almeno in parte garantito. È importante avere le idee chiare fin dall'inizio sull'entità e sulle condizioni per il bonus: ci sono datori di lavoro che offrono un salario inferiore alla media del mercato promettendo un bonus molto cospicuo - tranne poi scoprire che le clausole scritte in piccolo legavano quel bonus al raggiungimento di profitti superiori al PIL dell'Olanda. Anche l'entità del bonus, ovviamente, viene sempre espressa al lordo delle tasse (ma qui è facile: il bonus va generalmente tutto sull'aliquota massima, quindi basta tagliare il 40%)
  • I benefit: occhi aperti anche su questi. La questione dei benefit è spinosissima, ed aggravata dal fatto che in questo Paese vengono tassati spietatamente (essenzialmente per impedire l'evasione IVA sulla Lotus Elise regalata all'amante dal CEO). Ogni datore di lavoro che si rispetti offre una serie di benefit, soprattutto pensione privata, assicurazione sanitaria e childcare benefits. Conviene esaminarli uno per uno.
  • Pensione privata: ne esistono di tre tipi, uno dei quali non è un benefit. Un non-contributory pension scheme è un sistema per cui il datore di lavoro, sic et simpliciter, paga i contributi pensionistici privati per il dipendente: il dipendente paga comunque tasse sul valore dei contributi, ma non vi sono altri aggravi sulla busta paga. Per converso, un contributory pension scheme è un sistema in cui una parte dei contributi vengono versati dal dipendente ed una parte dal datore di lavoro. Generalmente lo schema è matching, nel senso che il datore di lavoro versa la stessa cifra che il dipendente decide di versare, fino ad un massimo fissato per contratto, generalmente il 5 o il 10% dello stipendio lordo. Il terzo tipo non è un benefit: il datore di lavoro conclude una convenzione con un pension provider, ma non versa nulla: il dipendente ottiene semplicemente delle condizioni marginalmente più favorevoli per il proprio fondo pensione.
  • Assicurazione sanitaria: sempre tassata, spesso è una mezza truffa. Oggi nessun datore di lavoro privato può permettersi di non offrire una assicurazione sanitaria, quindi molti offrono sì un'assicurazione, ma con dei massimali irrisori, tipo 300 sterline/anno, e spesso non estesa neanche ai familiari del dipendente. Per capirci, una visita ginecologica privata al Portland Hospital di Londra per accertare la causa di stranezze in un test arriva a costare 450 sterline. Il problema è che spesso i dettagli sui massimali non vengono neanche discussi durante il colloquio, e le informazioni dettagliate arrivano solo alla fine del periodo di prova, dopo 3 mesi, quando l'assicurazione viene attivata. Informarsi sulle condizioni dell'assicurazione sanitaria non è cattiva educazione.
  • Childcare benefits: la Gran Bretagna è l'unica nazione che continua a piccarsi di appartenere alla civiltà occidentale e ancora non ha asili-nido (e neanche asili, credo) statali; la retta di un asilo o di un nido privato può arrivare alle 1000-1200 sterline al mese, una bambinaia non costa molto meno (ma conviene perchè almeno non la fai venire quando stai a casa, e non paghi asilo + bambinaia di emergenza quando il pargolo è ammalato). I childcare benefits possono essere vari sistemi con cui il datore di lavoro si fa carico di parte di queste spese: ad esempio fornendo ai dipendenti buoni-asilo o buoni-bambinaia spendibili in particolari catene di asili-nido o con particolari agenzie di bambinaie in cambio di uno sconto più o meno sostanzioso. Nei casi più estremi le grandi compagnie, soprattutto nel settore finanziario, aprono asili-nido annessi ai propri uffici, per permettere alle dipendenti di tornare al lavoro senza interrompere l'allattamento.
  • Altri benefits: c'è di tutto, dall'assicurazione sui viaggi (che copre sia i viaggi d'affari che le vacanze) alla palestra interna, dal Cycle to Work Scheme (che permette fra le altre cose di comprare una bicicletta anche di lusso a circa metà del prezzo di mercato e pagarla a rate senza interessi) all'auto aziendale o al car allowance (un supplemento di paga mensile che copre spese di benzina, manutenzione, bollo, assicurazione e deprezzamento dell'auto usata per fare il pendolare). Molti di questi benefits sono tassati/tassabili, quindi conviene all'assunzione, o durante il colloquio finale, informarsi se sia possibile non usufruirne (un esempio classico è l'assicurazione sui viaggi per chi ne ha già una offerta ad esempio dalla propria banca).
  • Benefit non ufficiali: uscite con i colleghi, gite, viaggi. Nel mio vecchio lavoro avevamo un budget di 4000 sterline al mese (in tutto, eh, non per ciascuno) per sbevazzare dopo il lavoro il giovedì sera. Di solito vengono esposti con dovizia di particolari dopo che il primo colloquio è andato bene.
  • Non ci sono solo i benefit e lo stipendio: la località è importante. Non è una cattiva idea controllare con cura la raggiungibilità del posto di lavoro: un posto raggiungibile in metropolitana è infinitamente preferibile ad uno raggiungibile solo in auto o, peggio, col treno. Andare dal punto A al punto B in auto può portar via il triplo del tempo che in metropolitana, in città; se il punto B è fuori città e raggiungibile col treno, le spese di trasporto possono lievitare fino a 3-4 volte quel che costa percorrere distanze comparabili in metropolitana: nel mio caso, andare al lavoro in treno mi costerebbe quasi 400 sterline al mese per arrivare in un posto a 30 Km da casa; un percorso di simile lunghezza in metropolitana mi costerebbe meno di 150 sterline/mese.

Un errore che si commette spesso, soprattutto ai primissimi colloqui, è non rendersi conto che più o meno tutto è negoziabile. Nei settori, come l'informatica e la finanza, in cui un contratto collettivo di lavoro semplicemente non esiste, lo spazio per la trattativa è ampio e i datori di lavoro sono generalmente ragionevoli e flessibili - spesso rinunciare, per dire, al car allowance e in cambio ottenere di lavorare da casa un terzo del tempo può andare a vantaggio di entrambe le parti (dove è possibile, è ovvio); in generale, non è un'eresia pensare di menzionare idee del genere in uno degli ultimi colloqui o magari al primo meeting semestrale di revisione.


5 commenti:

Emmanuele ha detto...

grazie per i consigli - adesso ho nuove munizioni da usare con i tizi del HR. :-)

falecius ha detto...

Non credo che andrò mai a lavorare da quelle parti (in effetti, sto facendo il possibile per NON lavorare, mai, da nessuna parte :D ) però questo è uno dei post più utili che mi sia capitato di leggere.

Yossarian ha detto...

Ottimo davvero Eugenio. Mi sono segnato un paio di dritte che torneranno sicuramente utili. Ciodetto, mi permetto di aggiungere un consiglio, anzi una facezia, assolutamente semiseria e non direttamente legata al mondo del lavoro dell'Homo Britannicus. Questo perche' lunedi' cambio casa e credo che passero'il pomeriggio a fare lo spelling del mio nome (e cognome) alle aziende di gas, luce, council, internet provider etc. Imparatevi a memoria lo spelling del vostro nome, via dove abitate in Inghilterra, etc, etc, utilizzando l'alfabeto Nato (in uso anche presso i piloti di linea), ossia Alpha, Bravo, Charlie, Delta, etc. Lo trovate su Wikipedia ed e' il piu' universalmente comprensibile (anche ai call centre di Bombay). Questo perche' la lingua del Bardo, che il sottoscritto ama incondizionatamente, e' un terrificante incubo fonetico, piu' difficile del cinese cantonese. Non ho mai visto un collega inglese, a meno che non si chiamasse John Red o Robert Smith,non essere costretto al telefono (e non solo)a fare lo spelling del proprio nome. E lasciamo perdere quando si tratta di vie, strade, citta' o villaggi.



"A cat with nine lives, lives in that house"
"L'unica certezza della pronuncia dell'inglese e' che non ci sono certezze". Bill Bryson

Eugenio Mastroviti ha detto...

E aggiungerei: rassegnatevi a sentir comunque massacrare il vostro nome. Gli inglesi, con i nomi stranieri e con le lingue straniere in generale, sono di gran lunga peggiori di noi.

E se vi capita, levatevi la stessa soddisfazione che mi sono levato io con l'impiegata del consiglio comunale che, visto il mio nome straniero e la mia faccia straniera, si è rivolta a me gridando

"DO-YOU-UNDERSTAND-WHAT-I-SAY?"

e recevendo in risposta, fra le risate degli altri in coda

"YES-I-DO!"

seguito:
"Why do you shout?"
"You started it!"

Claudio ha detto...

@Eugenio: update sui contributory scheme, alcune ditte contribuiscono con una percentuale superiore a quella che tu versi, fino anche ad un rapporto 2:1

scena in comune: che e', Marty Feldman?