La scienza non è cultura
Marco lamenta il pregiudizio che colora l'ultima uscita di Alessandro Baricco, salutata come una giustificata provocazione da tanti degli autonominatisi intellettuali in Italia e altrove: "Che senso ha salvare l'Opera e produrre studenti che ne sanno più che chimica che di Verdi?"
La chimica, pensa Baricco, è roba da manovali, come un po' tutta la scienza. La cultura, anzi, potrebbe quasi essere definita per esclusione: ciò che per prodursi non richiede alcuna conoscenza di scienza e/o tecnologia, se non quella, elementare, per l'operazione manuale di creazione: usare un word processor per scrivere un libro, o la posta elettronica per scambiarsi informazioni - e anche quella è una concessione recente, chè fino a qualche anno fa scrivere su un computer era "spersonalizzante" per un vero intellettuale.
Non si è mai chiesto, Baricco, quali siano i meriti relativi di quella che lui considera "cultura" e della robetta da manovali che dovrebbe essere spazzata via dalle scuole per far posto all'apprezzamento di Verdi, della musica dodecafonica e della pittura impressionista norvegese. Non si è mai chiesto, per esempio, quale parte di quella che lui considera cultura abbia contrinuito a cambiare e chiarire la posizione dell'uomo nell'universo quanto hanno fatto la biologia e la zoologia con la teoria dell'evoluzione e l'eliminazione della necessità di un Dio creatore. Non si è mai chiesto a quanti secoli di seghe mentali sue e/o dei Wu Ming corrisponda la rivoluzione intellettuale di Newton, che ha dispiegato davanti ai nostri occhi l'armonia dell'universo; o quella di Einstein che ha esteso quell'armonia oltre la nostra capacità di visualizzazione intuitiva.
Nell'ultimo secolo quest'attività di secondo piano - che, magari, dovrebbe sparire dalle scuole e dalle università per far posto a corsi seminariali sul New Italian Epic - ha cambiato radicalmente la nostra vita intellettuale: la meccanica quantistica ci ha mostrato il fondamento del concetto di libero arbitrio (astenersi deterministi einsteiniani, per pietà, non ho intenzione di accendere una pippa interminabile sulle variabili nascoste), l'astronomia si avvicina ogni giorno di più a trovare altri pianeti simili alla Terra e, forse, alla prova che la vita non è dopotutto un caso unico, la biologia molecolare ha aperto lo scrigno - o il vaso di Pandora - dei segreti della vita e dell'ereditarietà, l'informatica negli ultimi 15 anni ha prodotto una rivoluzione culturale comparabile con quella del torchio di Gutenberg, riducendo, come allora, di diversi ordini di grandezza i tempi e i costi della riproduzione e diffusione delle informazioni, e ci ha catapultati in un'epoca in cui i paradigmi sull'accumulazione e fruizione della conoscenza stanno collassando uno dietro l'altro. E mi limito, per brevità, agli esempi più ovvi e immediati.
Quale influenza, Baricco, quali cambiamenti nel pensiero umano, nel nostro modo di vedere la vita e il nostro rapporto con l'universo ha avuto Charles Darwin, e quali i Wu Ming? E come si misura la cultura, se non con la capacità di aprire e illuminare la mente umana, porre domande, cambiare il modo in cui guardiamo l'universo?
P.S. No, ovviamente non vorrei eliminare lo studio della letteratura o del latino o della storia dalle scuole superiori. Non vorrei eliminare (che Manitù mi perdoni) neanche la filosofia, figuriamoci. Temo solo che lo snobismo degli intellettuali nostri contemporanei, la loro compiaciuta auto-emarginazione da qualunque cosa puzzi di scienza e tecnologia, li condanni ad una progressiva irrilevanza e soprattutto alla progressiva fossilizzazione dell'importante parte della produzione culturale di cui si piccano di essere la punta di diamante.
21 commenti:
tornio di Gutenberg?
nick the old
Torchio di Gutenberg, ovviamente. Devo smetterla di scrivere una cosa mentre penso ad un'altra...
Io sono per formazione scolastica un 'umanista', ma visto che in famiglia sono medici, mio padre e mia madre mi hanno insegnato ad apprezzare sia Proust o Verdi che Jenner o Darwin o Nils Bohr. Fai bene a non snobbare latino, letteratura, storia e filosofia Eugenio, perche' abbinate alle scienze creano figure come Voltaire, Goethe, D'alembert, Einstein. Poi naturalmente ci sono i Baricco, (grande esperto di musica, che forse dimentica che la musica E' matematica, e questo Verdi lo sapeva bene, perfino io lo so bene quando suono un banale 4/4) e i Baricco sono la ragione per cui gli intellettuali italiani sono sempre e ancora quelli ritratti da Fellini nella 'Dolce Vita' o in 'Otto e Mezzo', ossia uno snobistico e anacronistico disastro. I Baricco sono anche la ragione per cui la musica italiana produce Sanremo mentre gli inglesi producono Amy Winehouse (e su questo mi dispiace ma sono superanglofilo e non mi rompete le balle) perche' per Baricco a parte la musica classica, il resto e' merda, e cosi' finisce che gli la maggior parte degli italiani associa la musica classica a funerali o parate militari. Insomma Eugenio, 'you know better than Baricco', non ti far trascinare nella ridicola dicotomia 'umanisti vs scienziati', e' ridicola. Ci vogliono entrambi, sono complementari, 'in medio stat virtus' dicevano i latini. Darwin e' stato fondamentale per il progresso umano, ma non me la sentirei di congedare Aristotele, Dante, o John Locke come 'inutili rumori di fondo'. Appunto, non facciamo i Baricco.
Yossarian
@Yossarian: assolutamente. Infatti noterai che non ho comparato Darwin a Locke o Mill o Aristotele ma a Baricco e ai Wu Ming, e ho precisato esplicitamente che non intendo affatto spingere nella direzione opposta ai Baricchi di questo mondo, che un'educazione umanistica e un'educazione scientifica devono avere pari dignità (il P.S. stava lì apposta...). Se è per questo, considero una solenne minchiata persino l'abolizione del latino nelle Grammar...
Ok, Baricco se ne è uscito con un'altra delle sue boiate, ma non capisco perchè tiri in ballo i Wu Ming e il New Italin Epic.
Non mi pare che i secondi abbiano mai espresso opinioni vicine a quelle di Baricco, anzi...
Oltretutto credo non si vedano reciprocamente di buon occhio (credo)
Non si voleva intendere alcuna comunanza di interessi o di stili, era solo un esempio con buone probabilità di essere noto a tutti
@Eugenio: ho notato e comunque condivido il tuo post. Con me sfondi una porta aperta: da musicista e anche in seguito quando ho lavorato per un giornale e per una casa editrice ho purtroppo frequentato ambienti che pullulavano di baricchi e ho passato la vita a battermi contro questa piaga che, oltretutto, aborro per quella concezione infantile, da liceale innamorato e non ricambiato, che hanno dell'arte e della musica in generale. Per loro l'arte non e' duro lavoro e ricerca per cercare di comunicare con gli altri. Per i Baricco, l'opera d'arte e la cultura sono autoreferenziali, sono il prodotto di sussidi inutili dello stato per perpetuare privilegi e conti in banca di una classe di idioti, privi di talento come lui. Un branco di fancazzisti radical chic in eterna attesa che lo spirito dello 'Sturm und Drang' discenda sulle loro vacue esistenze facendogli produrre 'IL CAPOLAVORO'. Lo dico da persona che ha avuto una formazione scolastica umanistica: 'Piu' soldi alle Levi Montalcini e in culo ai tenori sponsorizzati dallo stato'. Facciamo come in America: se sei un artista e sei bravo allora farai carriera, senno', cambia mestiere, perche' come dice un mio amico pavese, noto scultore, 'nell'arte i bluff non durano, anche se spesso sembra il contrario'.
Infine una nota musicale un po' OT: i chitarristi sono quasi tutti come Baricco. Da batterista, ho passato eoni in sala prove a cercare di convincerli a contare per azzeccare uno stop. E loro rispondevano invariabilmente che ' queste cose bisogna sentirle, non c'e' bisogno di contare'. Al che il sottoscritto rispondeva: 'tu sbaglia un'altra volta lo stop, o potentissima e magniloquente testa di cazzo e io ti faccio sentire le bacchette su...' beh non fatemi essere volgare.
Yossarian
Sai, una volta, verso i 17 anni, tendevo a pensarla come Baricco. Poi m'è passata. Adesso mi mordo le mani per non aver studiato abbastanza matematica, fisica e chimica. E avevo in media sette o otto, eh (in matematica presi anche un quattro, però).
La settimana scorsa ero ad un seminario del mio dottorato (storia e filologia della civiltà islamica): è venuto fuori un discorso sulla filosofia musulmana medievale e su quanto fosse legata alle scienze.
perfino per capire il pensiero di una certa corrente religiosa occorreva capire a fondo l'alchimia (la principale studiosa italiana di alchimia nel mondo musulmano, non a caso, è laureata in chimica).
Il mese scorso scorso mi hanno chiesto un consiglio per un convegno di matematici (sulla storia della matematica nell'islam). Mi sono vergognato di dover ammetter che non sapevo quale fosse la concezione dei numeri negativi nel medioevo musulmano.
Una sola domanda: dove nel testo, esattamente, Baricco dice che la chimica o le scienze dure sono roba da manovali? Il tuo post mi sembra una serie di ragionamenti basati sul nulla: l'articolo di Baricco non vuole assolutamente sminuire la cultura scientifica a favore di quella umanistica. Semplicemente parla solo della seconda.
Boh.
Ciao
Falecius: Quando scopri quale fosse la concezione dei numeri negativi nel mondo musulmano me lo racconti, che sono curiosa? Son praticamente certa che li avessero, visto che hanno inventato l'Algebra (al-jabr, appunto), ma oltre a quello non vado - e anche quello lo immagino, non lo so. E ora sono curiosa.
RdM: so che avevano qualche problema, nel concettualizzare le quantità negative, e mi pare che questi problemi furono risolto sol dagli italiani del Rinascimento.
Mi pare che l'"algebra" musulmana fosse da intendersi come il modo per calcolare incognite di primo e secondo grado, (tra l'altro, il motivo per cui noi usiamo la x è che in arabo "incognita" si diceva "shay'" cioè "la cosa", e nel medioevo in spagnolo -ancor oggi in portoghese e basco- x si leggeva come sh in inglese).
Appena so qualcosa di più dettagliato ti faccio sapere.
Quella di Fry mi pareva una domanda semplice. Non vale una risposta?
Danilo
Anche a me pare che la disucssione sia partita per la tangente. L'unico riferimento che Baricco fa alla chimica e' come termine di paragone per dire che tutti i finanziamenti all'opera non intaccano di un millimetro la totale ignoranza in materia dello studente medio (argomento peraltro ineccepibile). Invece della chimica avrebbe potuto usare l'inglese o la geografia. E' vero che in Italia c'e' un problema di spocchia umanistica, ma in questo caso non ne vedo traccia.
In risposta agli ultimi due commenti: semplicemente, la frase non era "la scuola forma studenti che non sanno niente di Verdi" - la frase era "forma studenti che ne sanno più di chimica che di Verdi"; in altre parole, che le priorità della scuola (che é, ricordiamolo, agli ultimi posti in Europa per l'insegnamento della scienza, a sentire Mrs. Inminoranza) sono sbagliate, il contrario di quel che dovrebbero essere - che é, e non da ieri, il grido di battaglia delle persone con cui mi incazzavo nel post.
Le priorità della scuola sono TOTALMENTE sbagliate, ma non nel senso che intende il tizio.
Voglio dire, a me Verdi non piace, e non credo si possa considerare questo musicista di importanza cosmica (faceva meglio a citare Beethoven, o i Judas Priest) ma in ogni caso è lapalissiano che si possa essere buoni cittadini e passabili lavoratori in qualsiasi campo diverso dalla musica, conoscendo meglio la chimica che Verdi.
Invece, personalmente sono scioccato dal fatto che in un liceo SCIENTIFICO non si studino la fisica fino al terzo e non si vada praticamente oltre Newton. Non sono certo per la riduzione del latino a scuola (mi mangio le mani per non sapere il greco, io)
ma santa miseria, vedo la gente uscire dagli scientifici avendo fatto molte più versioni che equazioni.
Non so quanto sia sano.
Io a 17 anni la pensavo come Mastroviti, infatti mi sono laureata in Informatica, che ai miei tempi si chiamava ancora Scienza dell'Informazione.
Non distinguo Bach da Beethowen e Schumann da Schubert (per scrivere correttamente il nome ho dovuto controllare lo spelling su Google) e per averne un'idea almeno vaga mi sono iscritta a un corso di filosofia all'Università Popolare. All'alba dei 50 anni. Per dire.
Inutile dire che sento di aver perso qualcose e che mi vergogno moltissimo.
Ma voi che siete uomini di mondo ditemi, anche fuori dall'Italia si sta a fare tutta 'sta battaglia tra umanisti e scienziati o è una sega tipicamente italiana?
Dimenticavo una cosa: di Baricco ho letto "Novecento". Quando l'ho finito ho pensato quello che Fantozzi dice della Corazzata Potemkin, quindi direi che non sono proprio una sua fan.
Però l'articolo in questione l'ho letto, e mi pare che della divulgazione scientifica ne parlasse, a proposito della TV. Se non ricordo male lamentava il fatto che la divulgazione scientifica in TV si sarebbe fatta solo fino a quando gli Angela avrebbero continuato a far figli. Non potendo contare sulla capacità riproduttiva della dinastia auspicava che denaro pubblico fosse speso allo scopo. Mi sembra che questo possa far personare l'uscita (indubbiamente infelice) sulla chimica e Verdi.
@Falecius: condivido su Beethoven e i Judas Priest. Aggiungerei anche Mozart, Bach, Schubert, i Led Zeppelin e il buon vecchio Chuck Berry.
@everyone: davvero, questa diatriba non ha ragione di esistere se non nelle puerili provocazioni di un pessimo (e furbetto) scrittore come Baricco. Quella che segue e' una breve lista di scienzati che hanno fatto la storia dell'arte o della letteratura:
Dott. Avicenna
Dott. Arthur Conan Doyle
Dott. Francois Rabelais
Dott. Anton Cechov
Dott. John Keats
Dott. Friederich Von Schiller
Dott. Yusuf Idris
Dott. Carlo Levi
Dott. Mikhail Bulgakov (my favourite, ever)
Dott. (in matematica) Alexander Solgenitsin
Dott. Louis Ferdinand Celine
Dott Leonardo da Vinci
Potrei includere anche il " Dottor" Paolo Uccello, o il "Dottor" Michelangelo Buonarroti o perche' no, il "Dottor" Filippo Brunelleschi, tutta gente che di ottica, prospettiva, geometria, e matematica ne masticava parecchio e che ha prodotto "oggettini" piuttosto belli da vedere e apprezzati degli umanisti di tutto il mondo, ma sconfinerei nel campo di Rachel Barnacle e non sono qualificato a sufficienza.
Yossarian
Yossarian: per continuare la lista, Omar Khayyam e Primo Levi, per dire, ma ce ne sono sicuramente di più importanti (in tempi più recenti, Alà al-Aswani è anche lui medico). Comunque nella tradizione medievale e rinascimentale, mi risulta, la musica era considerata parte del quadrivio, cioè delle discipline matematiche. Concordo comunque su Bulgakov.
Elvira ed altri: il problema è che una buona divulgazione scientifica sostenuta dal settore pubblico sarebbe auspicabile, ma non basterebbe a coprire le falle di una insufficiente ISTRUZIONE scientifica che in questo paese manca disperatamente, e manca anche in ambito umanistico.
Intendo dire che ad esempio, non è che gli italiani in storia se la cavino così tanto meglio che in chimica.
Quando dico una cosa (io che poi sono credente) tipo che esistono dubbi sull'esistenza storica di Mosè, (scientificamente è un eufemismo: non esiste nessuna prova dell'esistenza storica di Mosè, a meno di non accettare la veridicità storica di un testo biblico che in quel punto fa contratsa con l'archeologia) insomma, la gente mi sgrana poderosamente gli occhi.
L'idea che storia, archeologia e filologia siano discipline dotate di un proprio metodo rigoroso faticano a farsi strada in questo posto, anche per via di gente che ha trasformato la cultura umanistica nella grottesca caricatura di sé stessa.
Io PRETENDO che la storia sia considerata una scienza con un suo metodo ed un suo criterio ed i suoi paradigmi, entro cui non è ammissibile qualsiasi minchiata. Certo, non sarà una scienza sperimentale, né una scienza pienamente modellizzabile con metodi matematici (anche perché se lo fosse, gli storici non saprebbero fare modelli del genere, almeno non gli storici italiani; comunque mi dicono che è impossibile fare questi modelli per via di qualcosa che ha a che fare con la teoria del caos).
Ma dovrebbe avere lo stesso rigore e la stessa dignità.
Detto questo, io credo che appunto, la diatriba non dovrebbe esistere.
Certo, io sento che mi manca qualcosa, quando mi accorgo che ho bisogno della teoria dei giochi per fare analisi politiche, della teoria del caos e della comprensione delle tecnologie per la storia, e della storia della scienza e della matematica per la storia delle religioni e delle idee, e del resto se mi accosto alla filosofia mi mancano il greco ed il tedesco e vabbé, insomma, ars longa vita brevis, lo sappiamo, e alla fine non ho letto Carlo Levi.
Grazie per il rimando. Se leggete Baricco, però, la frase riferita e da me evidenziata non è l'unica cosa da far notare. C'è anche il fatto, che aleggia un po' in tutto il pezzo, che l'unica intrapresa umana che può essere definita cultura è quella umanistica. Intrapresa che si esplicita con festival, manifestazioni, opere liriche e via andare, fra l'altro. E' questo quello che fa incazzare. Il Baricco non è scientemente offensivo della cultura scientifica; no, proprio non la prende neppure in considerazione. Capisco che sto facendo il processo alle intenzioni, e non l'ha mai detto, ma per lui cultura scientifica è un ossimoro. Sono quasi portato a pensare che confonda scienza e tecnologia, e che ritenga che il compito della scienza sia quello di "creare un mondo più comodo". C'è poi l'opinione sulla democrazia, ripresa anche da Scalfari qualche giorno dopo. Io sono decisamente un vil meccanico, ma mi piacerebbe sapere come fa La figlia del reggimento o la musica dodecafonica a farmi diventare più democratico. Io penso che aiuterebbe di più leggersi Cos'è la vita, di Erwin Schrödinger, o Il caso e la necessità, di Monod.
Per finire, sarei contento se potessi chiedergli se considera Darwin un filosofo. E poi mandare la risposta a Telmo Pievani...
P.S. Voto la coppia Bach e Phish, e rilancio con il lepidotterologo Vladimir Vladimirovich Nabokov.
La divisione tra scienza e umanesimo è il guasto più tremendo tra i tanti apportati dal romanticismo, inteso come negazione programmatica dell'illuminismo. Purtroppo l'Italia in particolare e l'intero occidente in generale, vivono ancora nell'onda lunga di quel periodo.
Marco F> Sono quasi portato a pensare che confonda scienza e tecnologia
Non mi sembra proprio il caso che perdifendere la scienza si attacchi la tecnologia, che ne è l'applicazione pratica. Mi verrebbe da precisare che, per esempio e volendo utilizzare termini moderni, il succitato Leonardo da Vinci fosse più un tecnologo che non uno scienziato.
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