Dice, Eugenio, ma non dici niente sul risultato delle elezioni?
No, che devo dire? È stata la cronaca di una morte annunciata, sia in Italia, sia qui, dove gli elettori laburisti sono rimasti a casa in decine di migliaia fino a far eleggere due fascisti del BNP, e dove però il giorno dopo il disastro i parlamentari Labour hanno talmente tanta faccia come il culo da andare a dire a BBC Today, a viso scoperto, che d'accordo, la base non ha più fiducia in Brown e non lo vede come un leader credibile, ma noi invece sì, e quindi ve lo tenete, cicca.
E voi vi lamentate di Franceschini.
Ma vabbe', non era di questo che volevo parlare. Volevo parlare del razzismo della polizia, e del farsi i cazzi propri che è recentemente assurto a valore progressista, e anche un po' del perchè farsi i cazzi propri fino a un certo punto è come essere incinta ma solo un pochino: una pia illusione.
Suppongo sia arrivata in Italia la notizia che da un annetto qui a Londra i ragazzini si accoltellano con grande entusiasmo. Probabilmente non è arrivata la notizia che i ragazzini che si accoltellano sono quasi sempre appartenenti allo stesso gruppo etnico, e che gli accoltellamenti sono in generale il risultato di scontri fra gang locali o "punizioni" contro chi ad esempio si è rifiutato di entrare in questa o quella banda, più l'occasionale vittima innocente presa in mezzo per sbaglio.
Dice, i ragazzini sono quasi tutti neri, e la polizia non fa niente, perchè è razzista e finchè s'ammazzano fra di loro non gliene frega molto. Dice anche, e sono spesso gli stessi a dirlo, che la polizia è razzista perchè quando fa i controlli a tappeto per sequestrare coltelli e armi da fuoco ferma e perquisisce in notevole maggioranza maschi adolescenti e post-adolescenti neri, in quartieri neri come Tottenham e Brixton, e non abbastanza vecchiette inglesi a Kensington, il che dimostra che opera una politica di racial profiling. E dice anche, sempre gli stessi attivisti, e non solo, che criticare il rap e l'hip-hop è una critica implicitamente razzista alla cultura urbana nera.
Se andiamo dall'ultima critica alla prima, troviamo che quel che si chiede alla polizia, e in generale alla società, è di farsi i cazzi propri fino al punto in cui il ragazzino tira fuori il coltello e poi materializzarsi dal nulla col teletrasporto di Star Trek per levarglielo di mano in maniera non-repressiva - il che è, chiaramente, impossibile.
Mi spiego.
Una gang, qui o in USA, è un'associazione criminale dedita al tipo di attività che hanno reso la mafia, la camorra e la 'ndrangheta grandi testimonial del Made in Italy: traffico di droga, racket della protezione, prostituzione, lotterie clandestine, insomma un po' di tutto. Si chiameranno Bloods, Crips, Yardies, Dem Africans, quel che volete, avranno vestiti faighi, scarpe da ginnastica da 150 sterline e jeans col cavallo sotto le ginocchia, magliette da basket e cappellini da baseball, piuttosto che gessati neri e Borsalino, ma non c'è differenza nell'uso sistematico della violenza, nel degrado sociale e morale che causano, nelle regole omertose imposte ai loro membri come ai residenti di tutto il territorio che pretendono di controllare. Epperò per qualche motivo l'idea di Totò Riina che diventa una popstar, di fare la coda per comprare il CD di Bernardo Provenzano con la descrizione in musica di come torturare un pentito, di appendere in camera il poster di Giovanni Brusca che fa saltare in aria Falcone ci sembra ripugnante, mentre i critici progressisti fanno a gara nel tessere le lodi di questo o quel rapper morto ammazzato in un regolamento di conti fra gang, della vivacià e vitalità della cultura hip-hop, del razzismo dei suoi detrattori. Immaginate per un attimo una cosa del genere con la mafia e/o la camorra. Immaginate che sia impossibile - non vietata per legge, eh, ma culturalmente inaccettabile, il che è molto peggio - ogni critica ad una produzione culturale che glorifica la mafia; immaginate che ai ragazzini venga passato ogni giorno il messaggio che la mafia fa parte della loro cultura, ne è un elemento irrinunciabile, e chi la critica lo fa per un pregiudizio moralmente riprovevole che lo rende loro nemico: sarebbe veramente colpa loro, poi, quando a 18 anni diventano picciotti?
E poi ovviamente c'è la spinosa questione del racial profiling. È vero - più o meno - che un nero alla guida di un'auto costosa ha qualcosa come 10 volte le probabilità che ha un bianco di essere fermato dalla polizia. È vero che la polizia inglese tende a trattare diversamente un omicidio a seconda del colore della pelle della vittima. È vero che se chiami la polizia a Brixton arriva dopo un'ora, se la chiami a Highgate arriva in 5 minuti (li ho cronometrati). Però è anche vero che se il 90% degli accoltellamenti vengono commessi da adolescenti neri a Tottenham e a Brixton, forse è anche lecito essere un po' più sospettosi di adolescenti neri vestiti con i colori di gang in quei due quartieri piuttosto che, poniamo, di una casalinga di Ilford; va bene accusare di razzismo la polizia, ma accusare di razzismo la realtà dei fatti è idiota e, alla lunga, controproducente.
Così alla fine i ragazzini si accoltellano, e la colpa è ovviamente della polizia e della società. Di cosa sono colpevoli? Essenzialmente, di aver fatto quello che i leader delle comunità chiedevano: di essersi fatte i cazzi loro finchè i ragazzini erano immersi in una cultura che diceva loro com'è bello essere mafiosi; di essersi fatte i cazzi loro finchè i ragazzini si vestivano in maniera che li identificava come mafiosi; di essersi fatte i cazzi loro finchè i ragazzini portavano in tasca un coltello ma non lo usavano, perchè controllarli a tappeto era razzista.
So che quel che ho scritto fino ad ora mi varrà un commento ormai stereotipato e standardizzato: ah, ma tu vuoi censurare l'hip-hop, repressione, razzismo, anatema e brioscia. Lo so, è una reazione che fra noi progressisti è diventata naturale da trent'anni a questa parte - avendo perso la capacità di combattere una vera battaglia culturale, riusciamo a pensare solo in termini di qualcosa che va approvato o censurato: l'idea che una musica e una cultura che glorificano quella che è oggettivamente una mafia abbiano diritto a esistere ma vadano combattute culturalmente è persa, ed essendo quella cultura, quella musica, quella mafia, non nostre ma di una minoranza etnica, rifuggiamo dall'idea della censura e ci rimane solo il sostegno incondizionato - ricordo ancora con un certo imbarazzato disagio le prime pagine del manifesto all'epoca delle rivolte di Los Angeles, le interviste genuflesse ai "responsabili politici" di Bloods e Crips, una linea editoriale volta esclusivamente a giustificare la violenza delle gang, perchè a chiamarle gang e a parlare di contropotere e sottrazione del territorio alla repressione poliziesca si riusciva a mascherare il fatto che si stava parlando di un branco di Luciano Liggio e Bernardo Provenzano afroamericani.
Qui, d'altra parte, il problema è diverso ma produce risultati analoghi - il senso di colpa, giustificatissimo, dovuto al peccato originale dell'Impero, rende gli intellettuali progressisti impotenti davanti all'accusa di razzismo, che ormai è diventata l'asso di briscola, l'opzione nucleare contro cui non c'è difesa. Nessun intellettuale o giornalista, davanti all'accusa "mi critichi perchè sono nero" può rispondere "no, ti critico perchè sei un pezzo di merda mafioso": qualunque risposta che non sia un'appassionata difesa delle proprie credenziali antirazziste e l'abbandono immediato di qualsiasi velleità di critica costituisce conferma, agli occhi di tutti gli altri intellettuali e giornalisti, dell'accusa implicita di razzismo.
Esiste un'altra via oltre alla censura e all'approvazione, una via che comporta probabilmente più coraggio di quello che può mettere in campo oggi il giornalista medio del Guardian, ed è quella di dire chiaro e tondo che una cultura che glorifica il comportamento mafioso è una merda quale che sia il colore della tua pelle, intervenire culturalmente piuttosto che con la repressione, e colpire il problema alla radice.
(per inciso: non mi venite a dire che sì, però la povertà, il degrado, la disoccupazione: lo so. Ci sono anche in Sicilia, ma continuiamo tutti a trovare ripugnante l'idea di Giovanni Brusca che diventa una popstar e va al Grande Fratello)
Farsi i cazzi propri sarà anche un valore progressista, non discuto: ma se lo è, allora chiedo rispettosamente che continui ad esserlo anche dopo che il ragazzino ha tirato fuori il coltello - se non altro perchè essendoceli fatti fino a quel momento, abbiamo reso perfettamente inutile qualunque intervento, e le notizie di ammazzamenti al telegiornale mi deprimono. Facciamoci coerentemente i cazzi nostri fino alla fine, e lasciamoli a scannarsi in quel di Tottenham.
(per Rachel Barnacle: io non voglio che alla signora di 50 anni di Whitechapel venga vietato per legge il burqa. Io voglio che la gente che ha intorno non ceda al ricatto morale del "sei razzista", quando il burqa lo impongono, lei e il marito, alla figlioletta di 10 anni, come fanno dei miei vicini: perchè in quella maniera, e con cento altri interventi repressivi tutti perfettamente legali, dal divieto di parlare inglese alla finta scuola dove impara a memoria il Corano e niente altro, stanno negando a quella bambina la possibilità di essere mai una cittadina a pieno titolo, che un po' dispiace)