Una delle giustificazioni più risibili portate per il terrorismo integralista sarebbe il grande senso di giustizia dei fedeli musulmani: un grande senso di giustizia che non permetterebbe ad un musulmano di restare impassibile a guardare i crimini veri o presunti commessi in Iraq, in Afghanistan, a Gaza, in Cecenia e così via; e gli imporrebbe di colpire chiunque sia direttamente o indirettamente connesso con questi crimini.
Allora, cerchiamo di sgombrare il campo dagli equivoci: quanto descritto sopra NON si chiama senso di giustizia. Non so come si chiami, ma l'idea che al mondo si possa ammazzare, massacrare, affamare, violentare, pulire etnicamente, e però, se una delle vittime è musulmana e c'è coinvolto il cugino del barbiere di uno che una volta ha fatto affari con te, allora io sono autorizzato a metter bombe nelle case di tutti i tuoi vicini, a me non sembra che abbia molto a che spartire con la giustizia. Poi naturalmente bisogna vedere, perchè ormai le parole cambiano significato più rapidamente di quanto il partito laburista cambia finanziatori, quindi magari adesso quello di giustizia è un concetto divenuto variabile in base all'appartenenza religiosa - così come di recente la repressione della libertà di espressione è diventata un diritto umano.
Rimane il fatto che questa spiegazione/giustificazione delle bombe in treni e metropolitane mi sembra incompleta. Mi spiego: in Iraq, secondo le stime più pessimistiche, sono morte finora circa 100.000 persone (la stima è probabilmente esagerata), e stiamo contando tutto, compresi i morti di malattia che hanno ricevuto cure insufficienti, chi non ha potuto ricevere un farmaco salvavita, i morti in incidenti d'auto, i morti di vecchiaia eccetera; e la colpa di tutti questi morti, convenzionalmente, viene addossata agli americani o in generale all'occidente, ed usata come giustificazione del terrorismo e della violenza integralista.
In Darfur, guarda caso, è in corso proprio dal 2003 una sanguinosa guerra civile presto degenerata in pulizia etnica e genocidio. A seconda delle stime, le vittime, quasi tutte civili, sono qualcosa come 200.000, o forse 400.000 (una stima di 450.000 morti non ha ancora ricevuto alcuna verifica indipendente) fra morti per fame e vittime delle milizie. 200.000, o 400.000, musulmani morti, assassinati barbaramente o lasciati a morire di fame nel deserto - interi villaggi cancellati, due milioni di profughi, una generazione di orfani.
Abbastanza stranamente, il senso di giustizia che porta alcune persone a farsi saltare in aria in metropolitana, ed altre a giustificarne le azioni, nel caso del Darfur latita: le masse che in Libia e in Arabia Saudita spontaneamente assaltavano e bruciavano ambasciate non hanno detto una parola ai loro stessi governi per aver equipaggiato e armato le milizie Janjaweed e l'esercito sudanese; le masse che in Europa manifestavano in nome di una presunta violazione dei loro diritti umani (vorrei sapere chi ha messo in giro questa storia che se io non vivo secondo il dettato della tua religione sto violando i tuoi diritti) anche nei Paesi in cui i giornali si erano autocensurati e non avevano pubblicato le vignette, sono sorprendentemente assenti dalle piazzette di fronte alle varie ambasciate sudanesi.
Curioso, questo senso di giustizia che si attiva soltanto quando può fare da giustificazione per attentati suicidi e non e manifestazioni contro l'Occidente in solidarietà a questa o quella dittatura teocratica o organizzazione terroristica: il problema non sono, a quanto pare, i morti, ma chi li causa. Non si spiegherebbe altrimenti come mai 600 morti in Libano pesino tanto di più di 400.000 in Sudan.
P.S. Sì, lo so, San Gino Strada ha detto che non c'è alcun genocidio in Sudan (audio). Allo stesso modo il Profeta Noam Chomsky ha detto a suo tempo che non c'era alcun genocidio in Cambogia, e ogni tanto prova a negare quello dei musulmani in Bosnia. Ci sono persone che quando fanno un'affermazione le conferiscono parte della propria autorità morale o intellettuale; ci sono affermazioni che definiscono la statura morale o intellettuale di chi le fa. Lascio decidere ai miei due lettori quale sia il caso.