28 novembre 2010

Vilipendio della religione

Grazie ai buoni uffici dell'Organizzazione della Conferenza Islamica e della commissione ONU per i diritti umani, e grazie al voto, fra gli altri, della Repubblica Popolare Cinese, anche quest'anno l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato a larga maggioranza una risoluzione non vincolante che condanna il vilipendio della religione come violazione dei diritti umani e crimine contro l'umanita, notando in particolare che i governi hanno il dovere di "proteggere luoghi di culto e simboli religiosi da offese" e minacce di rimozione.

Mi è capitato spesso di discutere con sedicenti "progressisti" che difendevano questa mozione, votata periodicamente fin dal 2003, mi pare, in quanto necessaria per contrastare la supposta dilagante islamofobia. Ora, se qualcuno volesse farlo su questo blog, ne ha piena facoltà, ma solo a patto che mi dia l'indirizzo di casa sua. Perchè la prima volta che lo sento lamentarsi per il crocifisso nelle scuole, l'ora di religione obbligatoria o le proteste contro l'insegnamento dell'evoluzione, mi impegno solennemente ad andare a trovarlo a casa sua e a dargli un tuzzo in bocca sufficientemente violento da fargli cagare denti per una settimana.

Per una discussione più pacata della questione potete dare un'occhiata al blog di Mrs. Inminoranza.

02 novembre 2010

Best. Bumper. Sticker. Ever.

"If you don't swallow, the terrorists win"

08 ottobre 2010

Stereotipi

A volte sospetto che la mia vita sarebbe interessante la meta' se non fosse per la metropolitana.

Avevo fatto tutto il viaggio fino alla stazione di casa seduto di fronte ad una tizia che era difficile non notare - alta quasi quanto me, di lineamenti evidentemente mediorientali ma di carnagione piu' chiara della mia, intabarrata in un abaya nero (a viso scoperto, senza niqab) decorato ai bordi da un motivo a fiori molto vistoso. Arrivati alla mia stazione il vagone si e' svuotato come succede di solito, e davanti alla porta me la sono ritrovata di fianco. Mi ha fatto un sorriso, mi ha mormorato all'orecchio qualcosa in (credo) arabo e mi ha tirato un pizzico al sedere, per poi scomparire in mezzo alla folla prima che avessi il tempo di riprendermi dalla sorpresa.

Per tutto il cammino fino a casa mi sono aspettato che mi comparisse davanti un pop-up ad informarmi che la realta' aveva subito un segmentation fault e doveva essere riavviata.

24 settembre 2010

Al Qaeda for dummies



Essendo questo il primo post dopo una lunga assenza, dovuta ad un eccesso di lavoro, ad un trasloco e ad un Internet provider che meriterebbe il ruolo di star in una produzione snuff-tentacle-hentai col Grande Cthulhu ((c) Leo Serni), pensavo di scrivere qualcosa che potesse fare da spunto sia a post successivi, sia magari ad una piccola discussione. Andiamo a incominciare.

A leggere i giornali, e a guardare i telegiornali, viene l'impressione che Al Qaeda sia una specie di Spectre/Smersh (a seconda che di 007 preferiate i film o i libri): monolitica, impenetrabile, onnipotente, cattivissima, organizzatissima, supertecnologica, in grado di dominare il mondo. Disgraziatamente, la realtà dei fatti non é così rosea.

Al Qaeda é, potremmo dire, la prima organizzazione terroristica (*) postindustriale, dotata di una struttura a tre livelli dei quali solo quello centrale é organico, ed il terzo é in massima parte in outsourcing. Potremmo dire che Al Qaeda é, in effetti, la Nike del terrorismo, o il primo gruppo terrorista della New Economy, o anche l'organizzazione terrorista con un MBA: una light company in piena regola.

Il primo strato di Al Qaeda é quello dei finanziatori. Ora, capiamoci, quando parlo di finanziatori non mi riferisco a qualche "grande vecchio" stramiliardario che usa Al Qaeda come una specie di giocattolo o esercito personale. I finanziatori di Al Qaeda sono di diversi tipi - consapevoli e inconsapevoli, consenzienti e forzati. Ci sono finanziatori consapevoli e consenzienti, in massima parte uomini d'affari sauditi, un po' per fede e un po' (un bel po') perché dopo ogni attentato il prezzo del petrolio sale, ma anche comuni cittadini che ritengono di compiere un'azione meritoria, e donano una quota fissa dei loro guadagni alla "causa". Ci sono finanziatori consapevoli ma niente affatto consenzienti - l'equivalente dei proprietari di pub e negozianti di Belfast, che hanno sempre donato liberamente parte degli incassi all'IRA perché l'alternativa era scegliere, altrettanto liberamente, di essere inchiodati al pavimento per le ginocchia: uomini d'affari, di nuovo in massima parte sauditi, a cui viene fatta un'offerta che non possono rifiutare. Poi c'é la massa dei finanziatori inconsapevoli, che donano quel poco che possono a questa o quella associazione caritatevole o a questa o quella moschea, e non sanno - ne sarebbero spesso orripilati - che quei soldi non vanno a ricostruire case distrutte dalle inondazioni in Pakistan, ma a comprare Semtex e RPG sul mercato nero.

Il livello intermedio di Al Qaeda é quello che potremmo chiamare di logistica, marketing e brand management. E' a questo livello che ci si riferisce (o ci si dovrebbe riferire) quando si parla di "Al Qaeda": gli Osama Bin Laden, gli Ayman Al-Zawahiri, appartengono a questo livello; i faccendieri che gestiscono le case sicure sulla "via del jihad" fra Karachi e Sangin appartengono a questo livello; gli avvocati e i commercialisti che ricevono i soldi dai finanziatori e li reinvestono in supermercati a Dubai, concessionarie Mercedes a Ryadh e fondi pensione a Londra e New York appartengono a questo livello; gli esperti formatisi in Cecenia e Bosnia e Afghanistan che decidono quali "operazioni di martirio" finanziare e facilitare appartengono a questo livello.

Infine abbiamo il livello che si potrebbe dispregiativamente (ed erroneamente) definire della "manovalanza": quelli che effettivamente organizzano gli attentati. Queste persone raramente "appartengono" ad Al Qaeda, non più di quanto l'operaio cinese pagato una ciotola di riso al giorno lavori direttamente per Nike. Sono a volte giovani nati in occidente, immigrati di seconda o terza generazione, radicalizzati per i più svariati motivi - disoccupazione, mancanza di valori di riferimento, astio verso una società che li emargina, ragazze che gliela davano all'università e gli facevano venire i sensi di colpa, ragazze che non gliela davano all'università e li frustravano - che finiscono nell'orbita di questo o quel reclutatore e attraverso una rete informale di contatti arrivano ad un campo di addestramento in Yemen, Somalia, Waziristan, gestito da Al Qaeda o attratto nella sua orbita con l'esca di finanziamenti e servizi logistici; altre volte sono giovani nati nelle stesse zone calde in cui AQ opera, educati in madrasse e selezionati, ancora, da attenti reclutatori che spesso ne hanno seguito i progressi per anni, addestrati e messi in viaggio sulla via del jihad verso la Cecenia o l'Afghanistan o, adesso, lo Yemen. Alla fine del percorso di addestramento, e a volte di un "turno di servizio" in una zona calda, concettualmente non dissimile da un tour of duty nell'US Army, spesso tornano a casa, contattano persone con idee non dissimili, formano un piccolo grppo e parlano, parlano, parlano. E ad un certo punto, un piano prende forma, e queste persone si rimettono in contatto con vecchie conoscenze, ed hanno la possibilità di presentare il piano ad un gruppo che lo valuterà. Difficile non notare la rassomiglianza con quello che succede in molte aziende moderne: una nuova idea viene presentata e valutata, un business plan redatto, i fondi (o i capitali di rischio) allocati e il progetto parte. Con AQ, se il progetto parte si apre il rubinetto dei fondi, che pagano addestramento per i componenti della cellula, equipaggiamento, logistica, case sicure, documenti di viaggio, qualunque cosa serva, nei limiti del possibile.

Il modello di produzione postindustriale ha assicurato a compagnie come Nike vantaggi essenziali: Nike non ha fabbriche, dunque non ha problemi di relazioni sindacali, di costo del lavoro, di reperimento di manodopera qualificata, di obsolescenza dei macchinari, di catena logistica dei materiali. Scarica tutti questi problemi su mr. Fong, proprietario di una fabbrichetta nello Szechuan: i metodi che poi mr. Fong usa per tenere in linea i suoi operai non sono un problema di Nike. Allo stesso modo, il terrorismo postindustriale di Al Qaeda presenta simili, innegabili vantaggi: la possibilità di finanziare più o meno a pioggia qualunque progetto terroristico che abbia anche solo remote probabilità di riuscita fa apparire Al Qaeda come un'organizzazione enorme, tentacolare, invincibile - cosa che fa non poca presa su quello che, per rimanere in tema, chiameremo il suo target di riferimento; ancora di più, essendo la stragrande maggioranza dei "terroristi di Al Qaeda" dei semplici contrattisti a breve termine, dunque inutili dal punto di vista dei servizi di sicurezza per risalire ai livelli più alti, Al Qaeda appare agli occhi dei più invulnerabile agli attacchi degli apparati di sicurezza: qualunque altra organizzazione criminale/terroristica così onnipresente, così tentacolare, diventa automaticamente un facile bersaglio per le forze dell'ordine, perche' all'aumentare degli anelli della catena aumentano le probabilità di trovarne uno debole; nel caso di Al Qaeda, gli anelli deboli sembrano staccarsi da sé dalla catena. Allah é invero grande, ed é evidentemente dalla parte di Al Qaeda: come si spiega altrimenti che gli infedeli non riescano a fermarla o a penetrarla nonostante si esponga tanto? Potente, tentacolare, onnipresente, eppure leggera, agile, flessibile, inafferrabile: un sogno bagnato per un marketer.

Una cosa da notare, incidentalmente, é che il paragone con Nike vale solo fino ad un certo punto: i tre livelli di Nike sono piramidali: un numero relativamente ridotto di produttori, che forniscono la merce che Nike vende; uno strato intermedio di marketer e brand manager (anche il design é in massima parte dato in outsourcing), ed una vastissima base di clienti che danno a Nike soldi in cambio del suo prodotto. La struttura di Al Qaeda é un po' il contrario, una piramide inversa: un vasto numero di "produttori", cellule terroristiche che, come i proprietari di fabbriche thailandesi, cinesi e malesi, competono fra di loro per offrire un prodotto - morte e distruzione - il più conveniente possibile; uno strato intermedio di marketers e brand managers - "ideologi" fa tanto ventesimo secolo - ed un numero relativamente ristretto di "clienti" che danno ad AQ soldi in cambio del suo prodotto di punta: il jihad.

Che lezioni si traggono da tutto questo?

Intanto, che l'approccio scelto dalla maggior parte dei governi occidentali nella loro "guerra al terrorismo" é del tutto fallimentare, in quanto si basa su due strategie egualmente inadatte ad affrontare una realtà postindustriale. La prima é colpire i produttori: gli esecutori materiali (o aspiranti tali) degli attentati. Data la struttura a piramide di AQ, in cui queste persone costituiscono la base, é nella migliore delle ipotesi una fatica da Sisifo, e visti i numeri in gioco, molto al di là delle risorse che i servizi di sicurezza possono concepibilmente mettere in campo. La seconda strategia, quella della "decapitazione", é altrettanto fallimentare. Arrestare o far fuori Osama Bin Laden o Ayman Al-Zawahiri non sarebbe molto più che un breve successo di immagine. Per citare qualche altro caso di azienda marketing-heavy, credete per caso che Apple chiuderà quando Steve Jobs se ne andrà in pensione? O, ancora, come si chiama il presidente di Nike? Il suo direttore del marketing? Quando é avvenuto l'ultimo avvicendamento al vertice di Adidas? Anche il fuggevole vantaggio di immagine derivante dall'uscita di scena di Osama Bin Laden verrebbe cancellato non appena AQ riuscisse a dimostrare di poter continuare ad operare esattamente come prima: il mito della sua invincibilità ne uscirebbe semmai rinforzato.

Guardiamo ai fatti: immaginiamo di essere una banda di cuministi no-global che vogliono a tutti i costi danneggiare Nike. Cosa colpiamo? Non possiamo colpire i suoi clienti, la base della piramide: sono troppi, e sono dappertutto. Non possiamo colpire i produttori: sono pochi e potenzialmente vulnerabili, ma sono in Cina e Thailandia. La polizia inglese scuote la testa con disapprovazione contro chi sfonda le vetrine di Starbucks; la polizia e l'esercito cinesi potrebbero optare per misure più robuste. Rimane il livello intermedio, il marketing, i flussi di denaro, l'immagine, il marchio: e lavoreremo per associare quel marchio con il lavoro minorile, rovesceremo secchi di sangue animale sull'ingresso di Nike Town, chiederemo leggi che alterino - in senso punitivo - lo status fiscale delle multinazionali, imporremo il rispetto delle norme internazionali anti-corruzione, e così via. Colpiremo l'immagine e i soldi dopo che hanno lasciato le tasche dei clienti e si sono incanalati in flussi che possiamo controllare.

Al Qaeda, ora. Facciamo un esperimento mentale: immaginate di avere una bomba atomica di ragguardevole potenza, una medicina che rimuove ogni scrupolo morale, e la possibilità di cancellare dalla faccia della Terra una città. Se quel che volete é fare il massimo danno possibile al terrorismo internazionale, che città colpite?

Teheran? Acqua

Qom? Ma per favore

Islamabad? Acquissima

La Mecca? Ma dai...

Riad? Acquetta

Dubai? Fuochino...

Niente da fare, non ci siamo. Oggi, il massimo danno al terrorismo internazionale potreste causarlo cancellando dalla faccia della Terra Londra e/o New York. Una struttura come Al Qaeda muove quantita' di denaro impressionanti, raccoglie flussi provenienti da uomini d'affari sauditi e moschee parigine, gioiellieri egiziani e pescivendoli di Tower Hamlets, li rimescola, li reinveste, li distribuisce in fondi d'investimento e in conti correnti aperti da prestanome in mezzo mondo; specula sulle azioni delle compagnie aeree il 10 settembre e sulla sterlina il 6 luglio, e reinveste i proventi in case sicure a Sanaa, in detonatori jamming-proof a Sangin e in sovvenzioni alle famiglie dei "martiri" nelle Filippine o in Indonesia. E lo fa a Londra e a New York grazie alla deregulation reaganiana, thatcheriana, clintoniana, blairiana - non ce n'é stato uno che abbia visto arrivare il problema, e i meccanismi di controllo che impediscono a broker di Parigi o Francoforte di riciclare e ridistribuire i soldi del fondamentalismo a Londra e New York semplicemente sono assenti. Non solo: nessuno vuole agitare la barca, perché se Al Qaeda se ne va, si porta il pallone e non si gioca più, ed é un pallone che, a seconda delle stime più o meno ottimistiche, vale da alcune centinaia di milioni ad alcuni miliardi di sterline: un'enorme torta che i politici non sarebbero tanto felici di perdere - e che metterebbe in difficoltà più di una brokerage house/banca/fondo d'investimento, motivo per cui la SEC e l'FBI, e qui il Serious Fraud Office, la City Police e l'MI5 si muovono con i piedi di piombo.

Adesso, per la verità, qualcosa qui comincia a muoversi, se non altro perché l'MI5 é tradizionalmente più indipendente - delle organizzazioni citate, ad esempio, é l'unico il cui direttore generale non é di nomina politica ma viene dai ranghi, ma il problema vero é che questo tipo di attività antiterrorismo non si presta a sensazionali titoli di giornali e telegiornali, non fa da spunto a film d'azione, e in generale non colpisce la fantasia della gente quanto l'arresto dell'ennesimo "numero 2 di Al Qaeda in Iraq/Afghanistan/Somalia/Yemen"; in altre parole, i fondi dedicati a queste attività sono una quantità irrisoria e sono regolarmente i primi ad essere tagliati quando c'é da fare una manovra economica per far vedere agli elettori che Stiamo Facendo Qualcosa: si risparmiano due soldi e non si tagliano le iniziative che, sebbene inutili, vanno al telegiornale a far vedere agli elettori che il livello di vigilanza é sempre elevato - tipo arrestare sei spazzini nordafricani perché qualcuno ha riferito alla polizia che discutevano a mensa di quanto gli fosse poco simpatico l'Inculabambini In Capo.

Insomma, al di là del fatto che (e non sapete quanto mi ripugni concordare con Mark Steyn) trovo idiota la definizione stessa di "guerra al terrorismo" - un po' come se nel 1941 Roosevelt dopo Pearl Harbour avesse dichiarato "guerra ai bombardamenti aeronavali", stiamo combattendo una guerra che non si può vincere perché stiamo mirando ai bersagli sbagliati. Siamo, insomma, in una situazione comparabile con quella degli inglesi nella Battaglia dell'Atlantico quando cercavano di affondare quanti più U-Boot possibile: ci vollero anni, e il quasi completo strangolamento economico dell'isola, prima che a qualcuno venisse in mente il semplice fatto che quello che gli interessava non era affondare U-Boot ma far arrivare navi mercantili in porto, e i due obiettivi non erano necessariamente coincidenti.

Mi chiedo quanti mercantili lasceremo affondare, stavolta, prima di renderci conto che la soddisfazione di aver affondato un altro U-Boot, alla fine, dura poco.

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(*) In questo post accetto senza discussioni, essenzialmente per pigrizia, la tradizionale definizione occidentale di "terrorista". Una lunga diatriba su chi sia il terrorista, chi sia il combattente per la libertà, se il fatto di scannare civili per la loro religione sia o meno un lecito atto di guerra (o se lo sia solo quando sono musulmani, o cristiani, o indù, o atei/laicisti che fanno piangere gesubbambino e padrepio), se un occidentale (o dall'altra parte una persona di pelle non-bianca) possa mai definirsi "vittima civile", e via argomentando, esula dagli scopi di questo post. Arbitrariamente, chiameremo "terrorista" chi colpisce più o meno indiscriminatamente civili con la precisa intenzione di colpire civili, e non chiameremo "terrorista" chi sgancia una bomba da 454 chilogrammi su un bersaglio, anche se dei civili (a cui, in generale, non stava mirando) rimangono sotto le macerie; mi rendo conto che la definizione é discutibile e presenta molte zone d'ombra, ma non me ne frega un cazzo. Il blog é mio e ci chiamo terrorista chi voglio.

04 agosto 2010

Quizzetto


Piccolo concorso a premi per i lettori di questo blog.

"La razza XXXX è il cancro della storia umana"

Una pinta va a chi sa dirmi

a) a che "razza" si riferisce la frase
b) chi l'ha pronunciata, scusandosi in seguito per la scarsa sensibilità dimostrata nei confronti dei malati di cancro

Avete tempo fino a quando Restodelmondo legge questo post e risponde.

17 luglio 2010

The plane nutter


Abbiamo appurato che gli dei, forse perchè sono ateo, mi odiano. Mi sembra che non ci siano altre spiegazioni possibili. Ho già spiegato in separata sede la mia convinzione che il QI medio della specie umana oscilli fra 75 e 80, ma anche così il numero di imbecilli e dementi che mi ritrovo regolarmente fra i piedi è in seria violazione del principio di uniforme distribuzione degli idioti.

Voglio dire, già uno che sta tornando dalle vacanze ha i fatti suoi a cui pensare: due progetti in ritardo, il Blackberry che ronza in sala d'attesa per informarmi che ci sono 750 email di lavoro in attesa di esser lette - inclusa quella che mi informa dello slittamento della consegna di mezzo milione di sterline in hardware critico per quello che in questo momento è il progetto più importante della mia unità - la schiena che brucia un po' per ricordarmi che anche in Piemonte il sole italiano non è quello inglese, e 5 ore in piscina all'aperto prima o poi si pagano...

Insomma, se c'era una cosa di cui proprio non avevo bisogno era di fare il viaggio in compagnia dell'idea platonica della lettrice dell'Independent.

È stato, per certi versi, illuminante. La realizzazione del fatto che per tutti questi anni ho vissuto nella caverna, limitandomi ad osservare l'ombra, moltiplicata mille volte, di questa donna che leggeva l'Independent (e mangiava insalata di farro biologico e germe di soia, bevendo acqua carbon-neutral a zero calorie (*) ), è stata un'autentica folgorazione.

No, non era seduta vicino a me. Gli dei, crudeli e maligni, mi hanno fatto cullare fino a dopo il decollo nell'illusione di aver conquistato uno spazio idiot-free per tutta la durata del volo, fino a quando l'Idea non mi si è piazzata di fianco, nel corridoio, in coda per il bagno, tenendomi all'altezza dell'orecchio una piccola bomba batteriologica frignante.

L'Idea ha passato la maggior parte del volo in coda per il bagno, portando avanti e indietro (e per qualche misterioso motivo, fermandosi quasi sempre alla mia altezza) un bebè dell'apparente eta' del piu' piccolo dei miei nipoti, fra uno e due anni, diciamo, completamente ricoperto di eruzioni cutanee, sfoghi e pustole, una manifestazione assolutamente spettacolare di vaccapi' quale malattia esantematica con, a quanto pare, complicazioni a gola e naso e forse ai bronchi.

L'Idea aveva un'amica al seguito (la chiameremo, per brevità, Idea2, per quanto sembri il nome di un mobilificio) con cui chiacchierava in continuazione ad un volume talmente elevato che, non fosse stato per l'accento decisamente british upper class, l'avrei presa per americana.

L'Idea stava commentando con Idea2 quanto fosse preoccupata per il pargolo, a cui i fiori di Bach sembravano non fare alcun effetto, quanto stesse diventando necessario andare in bagno a cambiargli i pannolini ogni 10-20 minuti, e si chiedeva se fosse il caso di cominciare ad usare anche la tintura ayurvedica che il medico (!) le aveva consigliato in caso di complicazioni. Posso solo sperare che quando parlava di "medico" si riferisse ad uno dei tanti ciarlatani che in questo Paese e non solo svolgono un'opera tanto meritoria quanto misconosciuta in aiuto dell'evoluzione della specie - ma conoscendo il sistema sanitario inglese, temo che parlasse in realta' proprio di un tizio con tanto di laurea in medicina.

Cambiando argomento ogni tanto, Idea & Idea2 (sì, ok, lo so, sembrano davvero punti vendita di mobilifici, povero Platone) commentavano entusiasticamente il ricevimento nuziale a cui erano state. In Piemonte, splendida regione - mica come i chav (**) che vanno a sposarsi in Toscana, eh, una cosa raffinata, bellissima, con due menu, uno vegetariano e uno vegan (che poi, imporre un menu vegetariano ed uno vegan ad uno chef piemontese: immagino che adesso il poveretto sia in cura per sindrome da stress postraumatico) e soprattutto con il tocco di classe di una sacerdotessa di Gaia ad officiare il rito.

Giuro.

L'hanno detto. Così, come se niente fosse, "they brought the Gaia priestess from home with them, they have known her for years", o qualcosa del genere. In piedi lì mentre il bimbo rigorosamente mai vaccinato e curato con i fiori di Bach e la tintura ayurvedica omeopatica cristalloterapica frignava, vestite di seta grezza dello Shenyang prodotta da cooperative ecosostenibili e di cotone equo e solidale del Mozambico (in prima classe su un Boeing di British Airways, ma suppongo che non si possa avere tutto dalla vita - potendo scegliere avrebbero preso un volo ecosostenibile su un aereo assemblato artigianalmente da comunita' indigene di Irian Jaya), si complimentavano a vicenda per far parte dell'elite che va ai matrimoni officiati dalle sacerdotesse di Gaia. Purtroppo, tragicamente, l'aereo non si è spezzato a metà come quello di Lost, risucchiandole nel vuoto come avrebbero meritato in un universo retto da principi di giustizia. Invece, quel che è successo è che ho messo le cuffie per non sentirle, e mi son messo a guardare un film sul portatile.

Non l'avessi mai fatto.

Tap tap, mi fa un dito su una spalla. "Yes?" chiedo io al dito. Guardo su, e la proprietaria equa e solidale del dito, la nostra amica Idea, mi guarda col bel faccino corrucciato ancorchè sapientemente truccato con cosmetici cruelty-free prodotti da cooperative artigiane di... vabbe', insomma, ci siamo capiti. Idea trova disturbing che io stia guardando un film di guerra mentre lei tiene in braccio il pargolo in una posizione da cui potrebbe vedere lo schermo. Idea, mi spiega, non vuole che la delicata psiche del pargolo venga influenzata da scene di violenza. Trattengo l'impulso a spiegarle che il pargolo dovrebbe reputarsi fortunato se riesce a farsi influenzare i lobi frontali da qualcosa, qualsiasi cosa, prima che vengano irreparabilmente danneggiati dalla febbre altissima di tutte le malattie infantili che lo colpiranno, e che mammina cara si rifiuterà categoricamente di curare con qualunque cosa non sia piscio di serpente. Ci proverei anche, ma so che alle parole "lobi frontali", che danno troppo di scienza, il suo cervello andrebbe in shutdown di emergenza e mi troverei a parlare con la rubrica degli editoriali dell'Independent. Mi limito quindi ad osservare che ha due gambe perfettamente funzionanti, che può usare per a) spostarsi e b) girare leggermente su se stessa fino a che Baby Bioweapon non sia più esposto alle immagini di violenza che emergono dallo schermo del mio computer.

Idea non è soddisfatta dalla mia offerta di compromesso, scodella il pargolo a Idea2 e parte alla ricerca di una hostess, alla quale spiega concitatamente il problema. La hostess viene verso di me, guarda me, guarda Idea, guarda Idea2, fa un attimo di aritmetica mentale per calcolare chi di noi abbia maggiori probabilità di scassarle (figurativamente) la minchia fino all'atterraggio se non ottiene quello che vuole, si china verso di me con un sorriso di scusa e mi spiega, porella, che sa di non avere il diritto di chiedermi alcunchè, ma per amore di quieto vivere, potrei essere così gentile da guardare qualcos'altro, o almeno da mettermi in una posizione da cui lo schermo non sia visibile dal corridoio?

Anche qui, potrei farle notare che, a lungo termine, darla vinta a bulli e ragazzine isteriche e viziate non aiuta il quieto vivere, ma mi rendo conto che non è il momento e il luogo per una discussione del genere - e poi la hostess è davvero graziosa nonostante l'uniforme di BA (notoriamente erotica come una gigantografia di Bruno Vespa) e non mi va di litigarci o di farla litigare con Idea. Insomma, spengo il portatile e mi metto a leggere. Questo libro qui, assicurandomi che Idea ne veda il titolo - anche se, ovviamente, è fisiologicamente incapace di capire di cosa parla.

(*) Lo so, state pensando che vi piglio per il culo. Se riesco a ritrovare il Fresh & Wild in cui ho visto le bottiglie gli faccio una foto

(**) Coatti, versione inglese

15 luglio 2010

E' poi facile...


...come dice il mio amico Claudio, mettermi di buonumore.

Saletta riunioni al quarto piano, televisore LCD nuovo fiammante da 50 pollici, partita dell'Italia. In teoria dovrei essere l'unico a guardarla, solo i cittadini delle nazioni che giocano sarebbero autorizzati a interrompere il lavoro, e in questo palazzo sono l'unico italiano; ma vallo a spiegare alla dozzina di persone gia' li'. Entro nella sala mentre i giocatori arrivano in campo ed una graziosa ragazza indiana della contabilita', in cui mi sono imbattuto due o tre volte da che lavoro qui, li indica ed esclama sdilinquita "Oh, I love Italians, they all look so hot! Have you checked out the new guy in XXX XXX?"

Silenzio imbarazzato - era quasi l'unica che dava le spalle alla porta e non mi aveva visto entrare. Il piu' silenziosamente possibile, esco senza dire una parola e girello per il corridoio prima di rientrare al fischio d'inizio. E il mio ego, per quest'anno, e' a posto.

21 giugno 2010

...e uno alla botte


E siccome gli dei mi odiano, mi mettono sulla strada almeno un tube nutter o due all'anno, e l'ultima mi é piombata in testa la scorsa settimana. Anche se, devo dire, questa volta é stata colpa mia, nel senso che il mio comportamento, aspetto ed abbigliamento davano luogo ad equivoci.

Prima di tutto, indossavo un gessato nero. Il che, bisogna dire, é colpa mia solo in parte: la banca ha un dress code piuttosto stretto e bisogna adattarcisi, quindi un gessato uno prima o poi se lo compra, se non altro perché tutti i colleghi ne hanno uno. Poi leggevo il Times - ma anche lì non era del tutto colpa mia, l'edicola della stazione della metropolitana aveva finito il Guardian. Cos'altro? Ah, sì, i capelli a spazzola che tendo a tagliare quando superano gli 8 mm di lunghezza, ma quello é perché sono pigro - il taglio a spazzola ultracorto non necessita di essere pettinato ogni mattina, il che mi fa risparmiare quei buoni 25-30 secondi. Infine, e quella era colpa grave, il braccialetto di Help for Heroes: a quanto pare, dare 5 sterline per contribuire alla costruzione di un ospedale per la riabilitazione di feriti e mutilati in combattimento é una Brutta Cosa.

Insomma io ero in metropolitana - semivuota perche' cominciavo tardi (un "volontario" ogni settimana deve cominciare tardi e uscire dal lavoro alle 19), leggevo per i fatti miei e stavo in piedi perché, da bravo maschilista, avevo ceduto il posto a sedere ad una signora, quando a Camden Town una tipa mi si para davanti, e giuro, dai calzerotti equi e solidali al giubbino cruelty-free, dalla borsa di canapa biologica alla gioielleria etnica, sembrava una caricatura della manifestante no-global, le mancava giusto un libro di Naomi Klein in mano per essere perfetta - e mi apostrofa, in un inglese impeccabile da public school, con una litania di accuse che purtroppo non posso riportare letteralmente perche' era bella lunga e la pulzella parlava anche veloce - il succo, comunque, era che quelli come me hanno reso questo Paese una merda, noi capitalisti thatcheriani privi di cuore tranne quando ci commuoviamo se i mercenari assassini e massacratori dei bambini di Falluja vengono feriti o mutilati dalla resistenza, noi sostenitori dei Tories, noi elettori di Cameron, noi...

Insomma, che potevo fare? Ho aspettato - a lungo, eh, da Camden Town a King's Cross - che riprendesse fiato, e soprattutto che arrivasse al punto in cui proclamava che la Gran Bretagna non sara' mai una nazione civile finche' non si sara' liberata di quelli come me che votano Tory e sostengono Cameron, e ho dispiegato l'opzione nucleare, calcando un tantino sull'accento straniero:

"I'm sorry, but I am not sure I understand, I am an immigrant, I cannot vote in Britain. Are you saying that I should be deported back to my country?"

E' finita che quasi dovevo soccorrerla, e' impallidita cosi' repentinamente che temevo mi svenisse davanti. Non ha detto una parola ed é scesa di fretta a Euston senza più guardarmi in faccia.

Un colpo al cerchio...


Ogni tanto mi capitano delle cose che mi fanno pensare che ci sono, dopotutto, pochi altri posti al mondo dove mi troverei bene come qui a Londra.

Venerdì, andando al supermercato per un po' di late shopping, ho incrociato una di quelle famiglie che si vedono solo a Londra, evidentemente di ritorno dalla visione della deludente partita dell'Inghilterra in qualche locale pubblico. Padre nero, non saprei se africano o afro-caraibico, madre orientale, forse indonesiana, forse del sud-est asiatico, bambina dell'età apparente di una delle mie nipotine, 4-5 anni, bellissima da levare il fiato (suo padre farà bene a procurarsi una collezione di mazze da cricket prima che la piccina raggiunga i 14 anni), che correva e zompava avanti e indietro sul marciapiedi - ad un certo punto mi é atterrata su un piede - sventolava una delle onnipresenti bandiere rossocrociate dell'Inghilterra e strillava "En-gland! En-gland! En-gland".

Era bellissima, davvero - anche perché la sua stessa presenza rappresentava uno sputo in faccia sia alle Leghe Nord di questo mondo, con la sua etnicità due volte disdicevole, "meticcia" e doppiamente non-bianca, sia ai cretini multiculturalisti e al loro sogno di tanti piccoli ghetti segregati, di tante identità senza possibile integrazione, di apartheid in salsa guardianista - mi immagino l'orrore di Polly Toynbee a vedere una bimba che sventola l'odiata croce di San Giorgio con i genitori che invece di spiegarle che lei quella bandiera, e ciò che rappresenta, la deve odiare per le colpe pregresse del colonialismo e via sbroccando, sorridono e la aiutano a saltare più in alto e, orrore degli orrori, papà addirittura fa coro con lei tradendo la sua cultura ancestrale.

Dopo la miserabile prestazione dei parassiti strapagati allenati da Capello, quella bimba m'ha aggiustato la giornata. E se per qualche tipo di miracolo l'Inghilterra dovesse mai vincere, probabilmente immeritatamente, un mondiale, almeno ne sarei contento per lei.

05 giugno 2010

Breaking News


"Pacifisti" cercano di sprangare soldati armati e si prendono un po' di pallottole.

In altre notizie: l'acqua è bagnata, il fuoco scotta.

30 maggio 2010

Pausa


A causa di un lutto in famiglia, questo blog si ferma per qualche giorno. Ci sentiamo fra una settimana o due. I commenti sono chiusi, agli amici so che dispiace, i troll si possono fottere, visto che l'indirizzo di casa mia ce l'hanno da anni, minacciano e minacciano ma ancora non sono riusciti a farsi spuntare un testicolo che sia uno e non mi va di stare a cassare il loro giubilo inviato di sotto al sasso dove sono nascosti.

21 maggio 2010

Se le auto fossero open source



Tutti conoscono quella vecchia storiella (falsa, ovviamente) in cui Bill Gates avrebbe detto, durante un intervento al COMDEX, che se l'industria automobilistica avesse cavalcato il progresso tecnologico bene quanto l'informatica, oggi le auto costerebbeto 30 dollari e farebbero 3000 chilometri con un litro di benzina, ricevendo come risposta l'osservazione che, se l'industria automobilistica avesse seguito lo stesso percorso di quella informatica:

1) Le auto si schianterebbero due volte al giorno per nessuna ragione apparente.

2) Ogni volta che rifanno la segnaletica orizzontale bisognerebbe comprare una nuova auto.

3) A volte, eseguire una normale manovra come svoltare a sinistra farebbe irreversibilmente spegnere l'auto e non ci sarebbe altra via d'uscita che reinstallare il motore.

4) Ogni volta che l'auto si spegne senza ragione in autostrada, gli automobilisti dovrebbero essere preparati a riavviarla senza protestare ed accettare il fatto come una normale parte di qualsiasi viaggio.

5) In auto ci potrebbe essere solo una persona per volta, salvo comprare Car95 o CarNT [la storia e' vecchiotta, NdE] ed acquistare a parte sedili supplementari.

6) Apple produrrebbe un'auto ad energia solare, affidabile, cinque volte piu' veloce e due volte piu' facile da guidare, ma costerebbe 100 volte di piu' e potrebbe viaggiare solo sul 5% delle strade [ed eseguire solo le manovre che Steve Jobs approva, NdE].

7) Le spie di olio, temperatura e alternatore verrebbero sostituite da una singola spia di "errore irreversibile dell'automobile".

8) I sedili sarebbero conformati in modo da costringere tutti ad avere il sedere delle stesse dimensioni.

9) L'airbag chiederebbe "Sei davvero sicuro? SI/NO" prima di gonfiarsi.

10) Occasionalmente, e per nessuna ragione apparente, l'auto vi chiuderebbe fuori e si rifiuterebbe di farvi rientrare a meno che afferriate l'antenna della radio mentre girate la chiave e tirate la maniglia dello sportello.

11) Ogni volta che un nuovo modello viene introdotto, bisognerebbe reimparare a guidare perche' nessuno dei controlli funzionerebbe alla stessa maniera di prima [questo gia' succede se si compra un'auto francese, NdE].

12) Bisognerebbe premere il bottone "Start" per spegnere il motore.

Tutto vero e divertente, ma in realta' ci dice solo cosa succederebbe se l'industria automobilistica avesse seguito il pattern di sviluppo di Microsoft (ed Apple, vedi punto 6), non quello dell'industria informatica in generale.

Sono sicuro che alcuni dei miei colleghi seduti ad una o due scrivanie da me potrebbero raccontarvi cosa sarebbe oggi l'industria automobilistica se avesse seguito il pattern di sviluppo dei mainframe IBM - ad esempio, ne sono certo, che l'auto puo' svoltare solo se una formale richiesta di cambio di direzione viene presentata due giorni prima ed approvata da tutti i passeggeri; ma da stamattina ho cominciato a chiedermi cosa succederebbe se l'industria automobilistica fosse open source. Linuxiana, diciamo. L'idea, onestamente, mi riempie di terrore.

1) Le auto sarebbero distribuite gratuitamente. Chiunque sarebbe in grado di assemblarle in modo che riescano a fare il giro dell'isolato prima di perderne completamente il controllo e doverle ricostruire da zero. Pochi, strapagati ingegneri diventerebbero ricchi assemblando auto personalizzate per i clienti che hanno bisogno di arrivare dal punto A al punto B senza esplosioni.

2) Ogni auto avrebbe comandi radicalmente differenti: alcune avrebbero uno sterzo, alcune una cloche, alcune una colonna di controllo e una pedaliera come gli elicotteri, alcune una tastiera con cui introdurre l'angolo di cui si intende variare la direzione attuale. In radianti. Senza una macro per pigreco.

3) Ogni scelta costruttiva verrebbe difesa ad oltranza come l'unico modo logico in cui una persona anche solo lontanamente sana di mentre potrebbe voler controllare un veicolo, salvo essere abbandonata nella versione successiva.

4) Quasi nessuna auto avrebbe un manuale di istruzioni. Gli acquirenti verrebbero incoraggiati a passare il proprio tempo in un'apposita stanza della concessionaria, in cui tutti gli altri guidatori discutono delle varie caratteristiche di quel modello e/o di altri modelli simili, nella speranza di cogliere un brandello di conversazione inerente a quel che desiderano sapere.

5) Nelle poche auto che ne hanno uno, il manuale di istruzioni raramente conterrebbe le informazioni a cui siamo abituati. Piuttosto, sarebbe costituito da una trattazione di 3-4 pagine sulle proprieta' chimiche dello strato di vernice antiruggine, da una dettagliata spiegazione su come svitare i bulloni per cambiare una gomma, e da 10 pagine di minuta descrizione del funzionamento delle serrature degli sportelli, con un rapido excursus sulla teoria e storia delle chiavi e delle tecniche del loro intaglio [per chi pensasse che questa e' un'esagerazione, vi invito tutti a dare un'occhiata alla "documentazione" di quello che sta diventando lo standard open source per la gestione dei data center, RackTables. Che e' una fantastica applicazione, beninteso. NdE].

6) Ad ogni automobile mancherebbero delle caratteristiche essenziali. I progettisti ovvierebbero alla mancanza in maniere che renderebbero orgogliosi Dastardly & Muttley. Ad esempio alcune auto sarebbero incapaci di svoltare a sinistra, ma verrebbero modificate con un complicato sistema di regolazione della velocita' e freno a mano servoassistito per andare in testacoda (semi)controllato e cambiare orientamento verso sinistra quando necessario.

7) L'autoradio di UbuntuCar si guasterebbe ogni volta che si fa benzina o si cambia l'olio.

8) RHELCar sarebbe open source, ma dovreste pagare una fortuna per fare benzina o gonfiare le gomme.

9) Molti guidatori sarebbero fieri ed orgogliosi di fare gratis da manichini per crash-test in FedoraCar e deriderebbero i "servi delle multinazionali" che pagano per godere dei risultati dei crash-test in RHELCar.

10) Dopo ogni incidente non potreste mai dare la colpa a guasti meccanici o difetti dell'auto, pena essere circondati da progettisti, ingegneri e altri automobilisti che vi sottopongono ad un linciaggio morale e vi accusano di essere troppo stupidi per godere del privilegio di guidare un'auto open source. Dovreste invece sottoporvi ad un rituale di purificazione in cui sostenete che il posto ideale per mettere una mina antiuomo e' in effetti proprio sotto l'acceleratore, e vi scusate per essere stati cosi' stupidi da non capirlo prima.

11) Richard Stallman al posto di Enzo Ferrari. Non dico altro.


03 maggio 2010

Una frittata di fatti miei


Dopo quasi tre mesi dall'inizio del nuovo lavoro, magari è il caso di fare un po' il punto.

Intanto, per la prima volta lavoro direttamente per una banca, che è di proprietà di un'altra banca, che è di proprietà di altre due banche, le quali hanno fra gli azionisti, oltre al Tesoro inglese, la banca per cui lavoro, in un'orgia di rapporti di proprietà incrociati che fanno sembrare La ninfomane incestuosa un film per educande. Ma vabbe', non è un trauma - non dopo aver lavorato per una multinazionale americana che faceva sembrare i Borg dei boy-scout.

L'ambiente di lavoro non è malaccio, soprattutto per essere una banca in mezzo alla City. C'è pressione e competizione, ovviamente, ma la gente con cui divido lo spazio è relativamente decente - almeno considerando che sono in massima parte neozelandesi. Purtroppo una delle attività più in voga sono gli scherzi stronzi - io, per aver dimenticato di bloccare la mia macchina prima di andare a farmi una tazza di tè, ho scoperto ad un certo punto che dal mio account di posta elettronica era partita una dichiarazione d'amore per Vassili The Giant Motherf**ker, come gli piace essere chiamato - il nostro tecnico Cisco, che ama insultare i suoi colleghi chiamandoli "fucking Chechens" e solleva da solo gli IBM BladeCenters per infilarli nei rack; d'altra parte, il collega neozelandese alle mie spalle ha commesso l'imperdonabile errore di non sloggarsi da uno dei pochi computer con accesso senza restrizioni a Internet - e non aveva protetto le password memorizzate in IE, col risultato di ritrovarsi fortunato vincitore dell'asta Ebay per un tanga da uomo in lamè e paillettes nei colori della bandiera neozelandese (per la modica cifra di circa 30 sterline). Fra l'altro, non avevo mai considerato quanta confusione si può generare semplicemente scambiando di posto fra di loro tutte le tastiere e tutti i mouse wireless su una fila di scrivanie, o quanto si possa irritare una persona occludendo con carta e nastro adesivo il LED del mouse. Certe volte vale decisamente la pena, svegliarsi molto presto per arrivare al lavoro prima degli altri il lunedì mattina.

Insomma, l'impatto è stato quasi interamente positivo, ma ci sono delle cose a cui fatico ad abituarmi.

Prima di tutto, l'attenzione paranoica alla sicurezza. Lavoro in un ambito relativamente sensibile - abbastanza da far comparire sul mio contratto la famigerata clausola che mi impone di non scrivere in rete nè per che banca lavoro, nè di che dipartimento della banca faccio parte - e non dovrei essere sorpreso da certi accorgimenti, ma lo sono. L'intero edificio è una gabbia di Faraday, nessun telefono o modem cellulare funziona al suo interno fatta eccezione per i Blackberry aziendali (femtocelle all'interno?); è vietato portare all'interno del palazzo computer non di proprietà della banca - all'ingresso mi tocca tirar fuori il netbook dallo zainetto e depositarlo in un armadietto della sicurezza, esterno alla gabbia di Faraday; anche all'interno del palazzo esistono vari livelli di sicurezza, e per entrare in certe aree bisogna passare uno scanner che pinga se avete in tasca una chiavetta USB o qualunque altro aggeggino elettronico - ha senso, le chiavette USB sono disabilitate sui desktop Windows, che sono amministrati centralmente, ma sono più difficili da disabilitare su altri sistemi operativi, soprattutto per chi ha accesso da sysadmin ai server, quindi in sala server non si entra con chiavi USB, punto; tutte le telefonate vengono registrate; tutta la browsing history di ogni browser viene registrata (e le connessioni passano attraverso un proxy con dei filtri estremamente paranoici); tutte le email vengono archiviate; la maggior parte dei protocolli Internet, in realtà tutti, tranne HTTP e HTTPS, sono disabilitati.

La seconda cosa a cui sto avendo problemi ad abituarmi è che non sono più un sysadmin. Buona parte dei due lettori di questo blog sono dei geek, e capiranno di cosa parlo; ma per chi non lo fosse, è a volte difficile spiegare l'abisso che separa i sysadmin dai comuni esseri umani.

Un sysadmin fa un lavoro veramente difficile da spiegare ai profani, perchè la maggior parte dei profani non ha idea che certe cose, per funzionare, hanno bisogno di un essere umano che le prenda regolarmente a calci. Quasi nessun essere umano, per dire, ha idea di cosa succeda fra il momento in cui scrive "vuvuvu punto stantuffami punto com" nella barra degli indirizzi e quello in cui le foto o i video di Ilona Porcona e Molly Melons cominciano a susseguirsi sullo schermo; non sa che il suo computer ha dovuto risalire una lunga catena di computer, chiedendo ad ognuno, "mi scusi, ha mica idea di chi sia responsabile per stantuffami punto com?" fino a trovare qualcuno che gli ha dato l'indirizzo del computer responsabile, e a quel punto si è rivolto al suddetto responsabile per chiedergli "mi scusi, lei che sa tutto su stantuffami punto com, mi sa dire che indirizzo ha vuvuvu?" ed avuto l'indirizzo ha mandato un segnale di "pronto, mi senti?" all'indirizzo giusto - senza avere la minima idea di dove questo indirizzo sia, ma semplicemente inviandolo all'instradatore più vicino (un computer il cui lavoro consiste esclusivamente nel ridirigere i dati che riceve nella direzione in cui vogliono andare, quando non conoscono la direzione ma solo la destinazione), il quale ha guardato il primo numero dell'indirizzo e ha detto "ah, questo qui è un server in Sarcazzistan" e l'ha passato all'istradatore di livello più alto, uno di quelli che gestiscono il traffico internazionale, dicendogli "fa', il favore, vedi un po' se riesci a farlo arrivare in Sarcazzistan", e così via. Ad un certo punto il pacchetto è arrivato in Sarcazzistan dove l'instradatore locale l'ha finalmente indirizzato al computer giusto, dove ha superato un firewall o due (altri computer ancora, costruiti, configurati e ottimizzati semplicemente per controllare che solo dati leciti passino e raggiungano i server), e finalmente ha raggiunto il server (un ennesimo computer il cui compito è di rispondere alle richieste di Internet Explorer, Firefox, Opera inviando loro video, immagini, pagine html e chi più ne ha più ne metta), il quale risponde con il corrispondente segnale di "Sì, ti sento, e tu mi senti?" che ha fatto tutto il percorso opposto e che riceve a sua volta risposta "Sì, ti sento"(*), seguita da "Cortesemente, inviami la pagina che mostri a tutti se non ti chiedono nulla di specifico", e così via.

In particolare, il profano medio non sa che ognuno dei computer menzionati qui sopra viene costantemente seguito da uno o più sysadmin che l'hanno installato e configurato, ne controllano 24/7 le prestazioni e l'utilizzo di risorse come memoria, capacità di elaborazione e spazio su disco, provvedono alla riconfigurazione ogni volta che qualche demente della IANA o di ICANN cambia le carte in tavola, si occupano di chiudere nel più breve tempo possibile le varie falle di sicurezza che vengono scoperte quotidianamente - impedendo così che i dati della loro carta di credito vengano passati alla mafia russa quando pagano per accedere a stantuffami punto com - approntano sistemi di riserva da attivare quando (non se: quando) il sistema principale salterà catastroficamente mentre il sysadmin si sta arrampicando sulla Cresta Bruneck (Dolomiti) e il suo vice si è spalmato contro un autobus con la moto nuova, rispondono con tono rassicurante, alle 3 del mattino, alle telefonate di clienti in preda al panico perchè "the Internet is broken!" (trad.: "il mio computer non si accende perchè ieri sera mio figlio di 3 anni ha staccato la spina").

Un sysadmin è anche la persona che gestisce in pratica tutte le misure di sicurezza di cui parlavo più su, almeno quelle informatiche, e quindi è la persona da assillare quando il filtro che blocca il cazzeggio su Facebook durante le ore di lavoro blocca anche, come danno collaterale, qualche sito a cui l'utente ha una legittima ragione per connettersi (eh, sì, come no, ci crediamo tutti); è la persona che in generale ha l'unico computer in tutta la ditta in grado di connettersi col mondo esterno senza limitazioni, e spesso è anche l'unico la cui macchina sia liberamente configurabile e non "bloccata" su un profilo amministrato in maniera centralizzata. Per esempio, è spesso l'unica persona che ha il diritto/l'autorità/la competenza per usare sul suo desktop il sistema operativo che vuole senza che nessuno abbia il coraggio di dirgli niente - se non altro perchè in generale neanche capiscono di cosa si stia parlando. Quella persona, fino ad un mese fa, ero io; adesso sono un non-sysadmin, uno degli altri, uno che deve usare il desktop Windows che gli viene passato e non può protestare, uno che deve andare dai sysadmin col cappello in mano a chiedere se per favore gli installano Wireshark perchè, giuro, ne ho davvero bisogno per analizzare uno snoop run. Non è facile diventare improvvisamente un membro del gregge.

Il lavoro, intendiamoci, è interessante. Ad esempio, fra le altre cose sono responsabile, assieme ad un'altra persona, di un sistema, inteso non come computer ma come complesso di computer, storage area networks, connessioni criptate con le borse di mezzo pianeta, collegamenti a servizi interbancari esterni, che deve essere online sempre, perchè quando va giù il danno finanziario per la banca si misura in svariate migliaia di sterline al secondo; e il mio mestiere è, fondamentalmente, di coordinare i sysadmin che si occupano delle varie parti del sistema, assicurarmi che ognuno abbia le informazioni e le istruzioni di cui ha bisogno per fare il proprio lavoro o per risolvere i problemi, mantenere i contatti con le ditte che fanno le parti del lavoro (come il monitoraggio) dato in outsourcing e anche lì assicurarmi che le informazioni scorrano come devono, identificare i problemi ed assegnarli alle persone giuste, e così via. Certo, il lavoro ha ancora (per fortuna) parti strettamente tecniche - ma molto più limitate: tocca a me creare e testare a fondo la nuova configurazione standard per i server Linux della banca, ma una volta finiti i test, mi tocca scrivere un documento, passarlo ai sysadmin e lasciare a loro il compito di installarli; e in generale il mio lavoro diventa sempre più da systems architect e sempre meno da systems administrator, trasformandomi lentamente in quello che i militari chiamano un REMF, o Rear-Echelon MotherF**ker, uno che sta tranquillo nelle retrovie e non si avvicina neanche ai problemi della linea del fronte.

Insomma, le cose cambiano, e per giunta questo é il primo weekend in oltre un mese in cui non ho avuto da lavorare. E mi sto divertendo un mondo.

(*) Questo scambio, "Pronto, mi senti?" - "Sì, ti sento, e tu mi senti?" - "Sì, ti sento", o, per chi é del mestiere, "SYN"-"ACK, SYN"-"ACK", anche detto "three-way handshake", é il modo più rapido per assicurarsi che entrambi i partecipanti alla conversazione siano in grado sia di parlare, sia di sentire cosa l'altro dice.

08 aprile 2010

E da questa parte dell'Atlantico...


A parziale risposta al filmato del post precedente, questa pregevole pubblicità progresso di Don Zauker:



Così nessuno può dire "eh, sì, gli ammeregani sono sempre avanti".

04 aprile 2010

Priest Off


Laddove la legge e la politica non possono arrivare a proteggere, interviene la chimica:


28 febbraio 2010

Oi Dialogoi (versione a qualcuno piace caldo)


...o almeno globalmente riscaldato.

Giorno 1:

Paziente: "Allora, dottore?"

Dottore: "Mi spiace, ma temo di non avere buone notizie. Come temevamo, e come le avevo anticipato, é cancro ai polmoni... no, metta via la sigaretta, non mi sembra il momento, e poi in ospedale é vietato fumare. La prima cosa da fare, in effetti, sarebbe smettere completamente."

P: "Cancro?"

D: "Temo di sì. Adesso non voglio sovraccaricarla di informazioni, ma é importante tenere a mente che l'abbiamo identificato nella sua fase iniziale e che ci sono diverse opzioni terapeutiche aperte, che ci danno ottime probabilità di..."

P: "Che tipo di cancro?"

D: "Scusi?"

P: "Voglio dire, é un epitelioma spinocellulare? Un adenocarcinoma? Forse un carcinoma bronchiale a piccole cellule?"

D: "Mah, é praticamente impossibile dirlo senza una biopsia, per ora credo convenga concentrarci su..."

P: "Ma come, mi diagnostica un cancro, mi comincia già a parlare di terapie e non mi sa dire neanche di che cancro si tratta? Mi scusi ma non mi sembra molto professionale. Quali indicazioni ha che si tratti veramente di cancro?"

D: "Ma le radiografie, i marker, le analisi del sangue...."

P: "Tutti metodi, lei che é uomo di scienza me lo insegna, soggetti ad errore, no? Non crede che prima di impormi cure dolorose e pericolose per la mia salute, oltre che distruttive per il mio stile di vita, dovrebbe almeno avere la certezza che di cancro si tratta?"

D: "Mah, veramente credo che la cosa importante sarebbe per lei cominciare ad affrontare la cosa...."

P: "Affronterò la cosa quando avrò la certezza che lei non sta distruggendo la mia vita a vuoto come succede a quel 3 per cento di falsi positivi che ogni anno si sentono diagnosticare il cancro senza avercelo"

D: "Vabbe', guardi, che ne dice se lunedì mattina facciamo una biopsia e ci leviamo il dubbio?"

P: "Lunedì é impossibile, ho molto da lavorare, vuole anche distruggere la mia carriera e le mie prospettive economiche con queste storielle di cancro e malattie mortali?"

D: "Martedì? Mercoledì?"

P: "Le farò sapere"

D: "Ma almeno smetta di fumare!"

P: "Neanche per sogno, mi sembra assurda questa sua pretesa di alterare radicalmente il mio stile di vita in nome di una minaccia che mi sembra francamente molto fumosa. Arrivederla"


Giorno 8:

D: "Allora come va?"

P: "Benissimo, mi sento in condizioni perfette"

D: "Bene, un atteggiamento positivo é molto importante nell'affrontare questo tipo di malattia"

P: "Ecco, quale tipo di malattia, esattamente?"

D: "Un cancro, di cosa credeva che stessimo parlando?"

P: "Ecco, proprio lì la volevo, dottore, mi sono informato, ed ho scoperto che esiste un vasto movimento di opinione di persone che sono scettiche sulla idea stessa di cancro"

D: "...uh?"

P: "Certo. Lo sa che esiste chi sostiene che il cancro non esiste e si tratta di semplici infezioni da funghi? Che alcuni sostengono che il cancro é un fenomeno perfettamente naturale e sono i chemioterapici ad uccidere il paziente? Lo sa che i Maya e gli Aztechi non avevano cancro? Che non si conosce un solo caso di uomo di Neanderthal morto di cancro?"

D: "Ma non avevano medici per diagnosticarlo, erano..."

P: "Ecco, proprio lì la volevo: non le sembra strano che a diagnosticare il cancro siano sempre e solo medici, ovverosia le persone che più hanno da guadagnare, in finanziamenti pubblici e prestigio, da questa fantomatica 'minaccia cancro'?"

D: "Ma scusi, chi dovrebbe diagnosticarlo, un geometra?"

P: "Non é questo il punto, a diagnosticarlo dovrebbero essere persone che non hanno interesse a che il cancro esista, nella realtà o nella psiche collettiva. E invece a diagnosticarlo sono sempre questi 'ricercatori' di questi istituti 'oncologici', e a parlarne sono sempre 'sti maledetti crociati delle campagne contro il fumo, che hanno la loro agenda, i loro obiettivi nascosti che nulla hanno a che vedere col cancro e che mirano semplicemente a imporre a tutta la società la criminalizzazione delle sigarette e dei fumatori"

D: "Si, ok, tutto quello che vuole, ma lei continua ad avere una massa nei polmoni e a sputare sangue ogni mattina quando si alza, e fuma due pacchetti di sigarette al giorno"

P: "Ecco, proprio quella, la sua famosa 'massa' che ha dei contorni così sfocati, mentre un tumore dovrebbe essere una massa compatta e sostanzialmente diversa dai tessuti circostanti... Come é possibile?"

D: "Beh, questo dipende dalla radiografia, non può aspettarsi che sia precisa come un disegno. Se vogliamo, vede qui, anche le ossa sono leggermente sfocate ai bordi...."

P: "Ecco, e questo non significa forse che una radiografia é un sistema di gran lunga troppo rudimentale e impreciso per diagnosticare qualcosa di importante come un cancro? Mi sembra che alla fine tutto quello che lei ha in mano sia una serie di assunzioni poco giustificate ed un sacco di propaganda della lobby antifumo"

D: (sospiro) "Va bene... facciamo una TAC? Una risonanza magnetica?"

P: "Tutt'e due, magari, chissà che stavolta non riusciamo a trovare qualcosa di convincente per sostenere le sue teorie..."


Giorno 22:

D: "Dunque, queste sono le lastre della TAC e queste della risonanza magnetica...."

P: "Andiamo sempre peggio, dottore."

D: "Oh, mi spiace sentirlo, ma se rifiuta ogni tipo di terapia e continua a fumare due pacchetti al giorno..."

P: "No, dico, andiamo sempre peggio con la sua teoria del 'cancro'. Io qui non vedo nulla di definitivo, le immagini sono assolutamente incomprensibili per me"

D: "Sì, sono difficili da interpretare..."

P: "Interpretare? Aha! Ci risiamo! Ogni volta che lei sostiene di avere delle prove inconfutabili in mano ci riduciamo a dover 'interpretare' delle cose fumose ed incomprensibili, ogni volta voi dottori vi arrogate il privilegio di fare diagnosi in base ad elementi che solo voi sostenete di capire, ovviamente col sostegno della lobby antifumo e dei miliardi che riuscite ad estorcere ad un pubblico troppo credulone! Mi spiace ma io non ci sto a prestarmi al vostro gioco, arrivederci!"


Giorno 45:

D: "Ah, salve, non pensavo di vederla più, si é finalmente convinto che qualcosa non va?"

P: (agitando una risma di fogli) "Proprio lei! Stavolta la ho in pugno, caro dottore, lei e tutta la lobby cancrista/antifumo! Sa cosa sono questi?"

D: "Uh... no"

P: "Sono i fogli su cui ho stampato la sua corrispondenza elettronica col primario della clinica, che un amico che lavora nel centro di calcolo dell'ospedale mi ha passato!"

D: "Ma veramente... mi sembra una cosa almeno illegale, la mia corrispondenza é privata..."

P: "E ci credo che la vuol tenere privata! Guardi qui, qui ci sono tutte le prove della truffa ai miei danni che ha cercato di ordire! Guardi qui! Legga! 'Ho applicato il trucco che mi avevi consigliato per eliminare il rumore di fondo nelle radiografie e rendere i contorni della massa più definiti, spero che questo basti a convincere il paziente che quella massa esiste davvero...'. Tutta la sua diagnosi é basata su un trucco, lo ammette lei stesso! Ha usato trucchi per convincermi che avevo il cancro! E questa! 'La biopsia é inconclusiva...'. Inconclusiva! Ci rendiamo conto? Lei stesso ammette che la biopsia é inconclusiva!"

D: "Sì, certo, nel senso che non é stata sufficiente per determinare il tipo di cancro che...."

P: "E cosa le ha risposto il suo primario? 'Dopo un mese ancora non sappiamo che tipo di cancro ha questo poveretto. Tutto questo non é scientifico, é una caricatura dell'idea stessa di medicina!'. Non é scienza, non é medicina, lo dice il suo stesso primario! Dove é finita la sua sicumera, adesso, dove sarebbe il suo famoso 'cancro'?" (tossisce, sputa sangue in un fazzoletto)

D: "Ha bisogno di aiuto?"

P: "Non si avvicini! Sto benissimo, io!" (se ne va sbattendo la porta)


Giorno 75 (il funerale)

Amico: "Eh, ha dimostrato un grande coraggio, ha riso in faccia alla malattia fino all'ultimo. Lo sai cosa mi diceva sempre? 'Il cancro, per me, non esiste'. E ha fumato quaranta sigarette al giorno fino all'ultimo. Se solo avesse avuto dei medici competenti, invece di quella bestia che non riusciva a capire cos’aveva…"

08 febbraio 2010

I diritti bisogna meritarseli


Trovo molto interessante l'atteggiamento di una vasta maggioranza degli attivisti per i diritti umani e contro la pena di morte. Se ci fate caso, nonostante sostengano di schierarsi contro le sentenze di morte e contro attività come la tortura e la detenzione in condizioni inumane, quello che in realtà fanno, quasi sempre, è organizzare campagne per il riconoscimento dell'innocenza dei condannati.

In altre parole, non dicono "Mumia Abu-Jamal non deve essere giustiziato", ma "Mumia Abu-Jamal è innocente"; motivo per cui non ci sono attivisti che abbiano cercato, a suo tempo, di far sospendere la sentenza di morte per Timothy McVeigh. Nessuno dice che la prigione di Guantanamo deve essere chiusa, ma che i detenuti di Guantanamo devono essere liberati (sottinteso, in quanto innocenti). In realtà la maggioranza dei cosiddetti attivisti per i diritti civili non riescono, forse condizionati da decenni di film americani in cui i poliziotti buoni pestano solo i colpevoli e i poliziotti cattivi solo gli innocenti, a considerare che la tortura e le condizioni inumane di prigionia non vadano applicate neanche ai colpevoli.

Il risultato di questo atteggiamento è, in senso lato, la scarsa credibilità della maggior parte delle campagne che i suddetti attivisti lanciano, specie in occidente, e nello specifico episodi come quello della storia d'amore fra Moazzam Begg e Amnesty International.

Moazzam Begg è un ragazzo di Birmingham che intorno ai 16 anni, nei primi anni '90, è entrato in una gang, e quando la polizia lo ha arrestato - per benefit fraud, non per attività correlate con la gang - ha trovato durante una perquisizione della sua stanza del materiale "strano": un giubbotto antiproiettili, un visore notturno, materiale propagandistico integralista. Tutta roba che, sostiene in tribunale il giovane Moazzam, è lì solo perchè lui ne fa "collezione". Il giudice gli crede.

Quando viene arrestato, il giovane Begg è già stato (1993) in un campo di addestramento in Afghanistan (ne parla nel suo libro), anche se, povero, lui credeva che volessero addestrarlo a fare il volontario, una versione musulmana dei Peace Corps, e una volta arrivato lì gli sembrava cattiva educazione andarsene subito, e poi è stato in Bosnia durante la guerra civile - ma anche in questo caso per errore: lui voleva fare l'insegnante e gli avevano detto che in Bosnia c'erano posti liberi, lui non leggeva i giornali e non sapeva che c'era una guerra civile.

Ha anche cercato di arrivare in Cecenia, sempre per fare l'insegnante, o il giardiniere, e immaginate la sua sorpresa quando le guardie di frontiera georgiane l'hanno rimandato indietro per via della guerra. Il poverino avrà cominciato a pensare che la sfortuna lo perseguitava.

Alla fine, insh'allah, ha coronato il suo sogno, lasciando la Gran Bretagna a metà del 2001 con la famiglia per andare a coltivare patate in Afghanistan. Il poverino deve essere stato assolutamente disperato quando dopo pochi mesi è successo quel che è successo, e in preda al panico ha deciso di lasciare Kabul, guarda caso, sulla stessa strada e nello stesso convoglio con cui viaggiavano le forze dei Talebani in fuga dalla capitale.

Insomma, se Moazzam Begg è finito a Guantanamo è stato per sfiga, un po' come quando il mio bisnonno, a Brooklyn, è finito dentro solo perchè la polizia (razzista e italianofoba) l'ha trovato con una mazza da baseball in mano vicino ad un portuale con entrambe le ginocchia fratturate, che s'era appena convinto a pagare la tassa di iscrizione al sindacato. Prove, al meglio, circostanziali, eppure...

Ma vabbe'. Il problema è che Moazzam Begg doveva, effettivamente, essere tirato fuori da Guantanamo perchè quella di Guantanamo è una prigione illegale, ma questo non significa che sia innocente - esattamente come Timothy McVeigh non doveva essere giustiziato sebbene fosse innegabilmente colpevole (e, per giunta, di destra). Invece Mo, il caro ragazzo, non ha fatto a tempo a ritornare in UK, libero come l'aria, che è diventato dalla sera alla mattina una ragazza pon-pon per le associazioni pacifiste e soprattutto per Amnesty International.

Ha fondato un'associazione, Cageprisoners, che si occupa dei diritti dei prigionieri (solo se sono jihadisti, ça va sans dire) e organizza tour e conferenze sponsorizzate da Amnesty International. Amnesty International, sarà il caso di notarlo esplicitamente, sponsorizza le conferenze di un signore che definisce la giustizia dei Talebani "austera" e l'unica in grado di "portare ordine in Afghanistan". Perchè ad Amnesty e ai suoi attivisti, che sono, per usare un termine caro a Yossarian, Ur
iel, Niccolò e molti altri, dei farlocchi della più bell'acqua, non sta mica bene difendere i diritti di un colpevole, loro vivono su un elevatissimo piedistallo morale e difendono solo innocenti. Alla fine, non sono diversi dai poliziotti di Bolzaneto: per entrambi, i diritti spettano a chi se li merita, agli innocenti - cambia solo la definizione di chi sia innocente.

Poi capita che una responsabile di Amnesty, una che ha studiato i problemi dell'integralismo religioso per trent'anni, e sta con Amnesty proprio perchè conosce le violazioni dei diritti umani perpetrate da regimi teocratici, in Afghanistan, Iran o Alabama, abbia il coraggio di mandare una lettera ai direttori dell'associazione, chiedendo se sia una buona idea associare il nome di Amnesty a quello di Moazzam Begg - il "più famoso sostenitore inglese dei Talebani", come si è definito in qualche occasione lui stesso - non per islamofobia, ma perchè un'organizzazione come Amnesty non ci guadagna dallo sponsorizzare quella che è a tutti gli effetti un'ideologia ultraconservatrice e avversa al concetto stesso di diritti umani universali.

Il risultato, com'era ovvio, è che poche ore dopo che la notizia è trapelata ai giornali, la responsabile di Amnesty è stata sospesa dal suo incarico e Amnesty si è preoccupata di ribadire che la guerra continua al fianco dell'alleato germanico afghano.

20 gennaio 2010

Figli di papà


Come dice Galatea, la prova che in Italia la mobilità sociale è nulla è che persino i terroristi ereditano il posto da papà

19 gennaio 2010

Perchè questa nazione è fottuta


...o meglio, perchè questa nazione merita di essere fottuta:

Adesso datemi una ragione che sia una per cui Kim Il Brown non dovrebbe essere appeso per i piedi.

14 gennaio 2010

Breve corso di management


Andate a lavorare per un Application Service Provider. Dato che, per la natura del business, un ASP avrà un gran numero di clienti, assicuratevi che per ogni cliente si costruisca una nuova applicazione da zero, non curandovi del fatto che il tipo di applicazione è sempre lo stesso. Il riutilizzo del codice è per i pigri.

In particolare, visto che la piattaforma è costituita da un front-end Windows e un back-end Linux, non assumete specialisti Linux: fate il massimo sforzo possibile per uniformare e standardizzare la parte Windows e mettete insieme la roba Linux un po' come viene e quando serve. A questo stadio è essenziale non avere più di due o tre server con la stessa versione della stessa distribuzione Linux.

Abbiate cura, in questa fase, di non limitarvi a creare una diversa applicazione per ogni cliente: preoccupatevi di usare diverse metodologie per risolvere gli stessi problemi. Per alcune applicazioni, recuperate i dati dal sito o da un feed del cliente; per le altre, ignorate l'esistenza di un analogo sito e costringete il cliente a inviare i dati via FTP una volta al giorno, e costruite una complessa architettura tutta basata su cron script, avendo cura che fallisca miseramente e in maniera assolutamente silenziosa se il cliente invia i dati alle 9:05 invece che alle 9. I cron job, poi, dovranno essere a volte in una directory dedicata inclusa nell'applicazione, a volte in una directory dedicata sotto /root, a volte nella home directory dello sviluppatore (esportata all'uopo via NFS dai server di sviluppo a quelli di produzione), a volte su un diverso server messo su alla bisogna; ed eseguiti ora dall'utente root, ora da un utente standard comune a tutte le macchine, ora dall'ID dello sviluppatore che li ha creati. Altre volte ancora, scrivete un daemon che interroghi ogni 48 secondi un server FTP del cliente e prelevi i dati trasferendoli poi su uno share da cui cron script che girano su un'altra macchina ancora li prelevino e li sottopongano all'applicazione. Non usate mai un solo server per un'applicazione quando potete distribuirla su un numero casuale di macchine in diversi hosting centre. Non usate mai un database quando potete salvare decine di migliaia di file su un fileserver, indicizzati esclusivamente per data di creazione. Non usate mai un singolo logfile quando potete salvare centinaia di migliaia di file di testo, uno per ogni singola transazione, su un fileserver, assicurandovi che l'ID della transazione non venga mai salvato all'interno del file ma solo nel suo nome, per semplificare l'aggregazione dei dati.

In uno sforzo verso la standardizzazione delle applicazioni web, imponete che tutte le opzioni di configurazione vengano impostate in un singolo file, sempre lo stesso per ogni applicazione. Accertatevi che metà delle funzionalità vengano attivate settando il parametro corrispondente a 1, l'altra metà settandolo a 0. Non fate documentare nulla: che bisogno ce n'è, quando lo sviluppatore sa già quali sono i valori giusti?

Spalmate tutta l'infrastruttura, back-end e front-end (distribuita su quattro diverse locazioni), su un'unica rete classe B senza segmenti. Mostrate sorpresa quando gli hub esplodono e/o fondono o il traffico si strozza a 1 byte per secondo. Mostrate ulteriore sorpresa alla scoperta del concetto di latenza.

Una volta arrivati al magico numero di 200 macchine per il back-end, assumete un sistemista Linux. A partire dal terzo giorno, dategli la colpa di tutto quello che va storto. Quando, dopo sei mesi, si dimette, accusatelo di scarsa professionalità e annunciate che in ogni caso fra un mese o due sarebbe stato licenziato per manifesta incompetenza.

Assumete un nuovo sistemista Linux. Dategli l'incarico di standardizzare l'infrastruttura. Quando annuncia che è impossibile farlo nei tempi desiderati (settimane) senza causare falle nei servizi, licenziatelo. Scoprite di non avere avuto una giusta causa. Pagategli un cospicuo indennizzo.

Assumete un nuovo sistemista Linux. Dategli dello stronzo senza ragione ogni mattina. Dategli nuovamente dello stronzo per la ragione che dopo tre giorni non si è più presentato al lavoro.

Assumete un nuovo sistemista Linux. Licenziatelo il giorno prima che entri effettivamente in servizio perchè avete dovuto pagare una multa colossale per violazione di alcune regolamentazioni sulle telecomunicazioni. Mostrate sorpresa quando scoprite che invece di tagliare i costi, con quest'astuta mossa gli avete dovuto pagare una penale che levati, e siete ancora senza sistemista.

Assumete un nuovo sistemista Linux. Dategli la colpa di tutto dal giorno prima di assumerlo. Dategli il compito di portare ogni singolo server allo stesso standard, e contemporaneamente vietategli di standardizzare i server perchè la loro configurazione deve rispecchiare i compiti specifici che devono svolgere. Accusatelo di insufficiente elasticità per non aver capito quello che volevate dire con la frase precedente. Incaricatelo di segmentare la rete. Vietategli di segmentare la rete. Incaricatelo di creare un accesso VPN per permettervi di lavorare da casa. Mandategli una lettera con minaccia di licenziamento per aver creato un buco di sicurezza gravissimo con un accesso VPN che è stato violato quasi immediatamente, a causa del keylogger/bot che gli alieni avevano teletrasportato sul vostro laptop personale con cui pretendevate di collegarvi da casa. Chiedetegli di trasferire tutti i cron job di ogni singolo server su una macchina centrale di servizio da cui dovrebbero poi accedere al server desiderato ed eseguire le azioni necessarie. Dopo due giorni, lamentatevi perchè "ancora non sei riuscito a mettere insieme quella che dopotutto è una semplice crontab".

Assumete un junior sysadmin. Mostrate sorpresa quando vi fa notare che al colloquio nessuno aveva parlato di "portare quotidianamente il caffè ai manager in riunione" come uno dei suoi compiti.

Continuate a sfornare applicazioni ognuna diversa dalle altre e accusate i sistemisti di scarsa professionalità se non riescono a tener dietro a tutte le dipendenze, minuzie e idiosincrasie rigorosamente non documentate di ognuna.

In nome di una maggiore standardizzazione, adottate due diversi database come standard e lasciate assoluta libertà agli sviluppatori di utilizzare l'uno, l'altro o entrambi. Fate girare tutte le istanze di uno sotto Linux, alcune istanze dell'altro sotto una diversa distribuzione di Linux e altre sotto Windows (2000, XP e 2007 Server). Se tutte le applicazioni devono salvare certi dati critici per il business in un database comune, create lo stesso database su ognuna delle tre piattaforme e offrite agli sviluppatori assoluta libertà di scelta, creando poi una complessa architettura al solo scopo di replicare i dati di quel database attraverso tre piattaforme.

Quando un tecnico del supporto vi chiede di mandarlo a fare un corso su Linux, accettate. Addebitategli il costo del corso sullo stipendio, ostentando sorpresa quando lui lo scopre e s'incazza.

Mandate un'altra nota disciplinare/minaccia di licenziamento al senior sysadmin quando una delle vostre applicazioni web viene penetrata. Rifiutatevi di ritirarla quando lui vi fa notare che l'applicazione era stata messa in linea da uno sviluppatore, su vostra autorizzazione, e a sua insaputa perchè utilizzava una piattaforma con vulnerabilità note e ampiamente sfruttate di cui lui aveva espressamente vietato l'installazione. Controbattete che comunque lui è alla fine responsabile di quei sistemi.

Accusatelo di scarsa professionalità quando si dimette.

Restate sei mesi senza senior sysadmin. Accusate il junior sysadmin di generica incompetenza e restringete il più possibile le sue mansioni all'ordinaria manutenzione. Vietate esplicitamente al tecnico di supporto che ha fatto il corso per la certificazione Linux anche solo di toccare una macchina Linux. Fate curare l'installazione e il setup di nuove applicazioni e di nuovi server Linux agli sviluppatori che ne hanno voglia, quando ne hanno voglia.

Assumete un nuovo sistemista Linux. Durante il colloquio, rispondete di sì a tutte le sue domande, soprattutto a quelle relative all'esistenza di un ambiente di test, alla pianificazione dei rollout, alle procedure formali di hand-off delle applicazioni, al sistema di ticketing per il supporto. Non importa che non abbiate idea di cosa stia parlando: è essenziale rispondere di sì a tutto.

Dategli come primo compito quello di riordinare i cron job e gli script che fanno variamente funzionare (o no) ognuna delle applicazioni. Dategli come secondo compito quello di portare tutti i server allo stesso standard per sistema operativo, software installato e versione delle librerie. Per facilitargli la vita, dopo il primo mese licenziate il junior sysadmin e il tecnico di supporto con la certificazione Linux, con la doppia giustificazione (resa pubblica) che comunque Linux è stabile e non ha bisogno di supporto continuo, e che i soldi per lo stipendio del senior sysadmin da qualche parte devono pur uscire.

Quando il sistemista crea una procedura automatica che permette di sfornare un numero arbitrario di server perfettamente standard in un'ora, passate due giorni a farvi spiegare ogni riga dello script kickstart, il funzionamento di DHCP e TFTP, fraintendete tutto il fraintendibile, lamentate che un'ora è troppo, lamentate che non è PCI-compliant, mostrate sorpresa quando scoprite che lo è, fatevi rispiegare cosa significa PCI-compliant, pretendete che ogni singola riga vi venga spiegata nuovamente alla luce di quel che avete appena imparato, mettendoci altri due giorni, e alla fine mandate un'email di fuoco al sysadmin (in copia al resto del management e alle risorse umane) perchè ha finalizzato la procedura una settimana fa, millantandone la velocità, e in una settimana non è riuscito a mettere in linea neanche un server.

Per ogni server portato allo standard, lamentate rumorosamente e pubblicamente sia il troppo tempo speso, sia il tempo insufficiente dedicato al testing. Durante il processo di aggiornamento, rifiutatevi di fornire qualsivoglia informazione sul testing. Chiarite subito che il tempo degli sviluppatori è troppo prezioso e il testing di ogni aspetto (non documentato) delle applicazioni deve essere eseguito dal sysadmin.

Siate apertamente e pubblicamente sospettosi della lealtà del sysadmin per aver avuto precedenti rapporti di lavoro con un cliente molto importante. Quando il sysadmin risolve (ripetutamente) casini che avevano messo a rischio il contratto con quel cliente, accusatelo pubblicamente di essere più leale al cliente che alla compagnia per cui lavora, portando come prova una mail del cliente che ringrazia tutti "e in particolare il sysadmin" per il magnifico lavoro svolto. Mettete il sysadmin a completa disposizione di quel cliente. Fatelo sbattere ripetutamente in giro per l'Europa a risolvere casini accessori del cliente. Accusatelo al suo ritorno di trascurare il lavoro.

Accusate il sysadmin (e gli altri tecnici senior) di scarsa professionalità ed incompetenza, pubblicamente, se possibile sulla lista di distribuzione interna della compagnia, per ogni svista o omissione, anche e soprattutto se priva di conseguenze (e.g. aver usato "reply" invece che "reply all" in uno scambio di email), dilungandovi su tutti i motivi per cui queste sviste denotano che non sono affidabili, mancano di competenza e probabilmente molestano i bambini.

Pretendete di avere l'ultima parola su ogni dettaglio di ogni decisione tecnica. Indite meeting di quattro ore per discutere il fatto che un default gateway abbia indirizzo .1 piuttosto che .254.

Pretendete di continuare ad usare nastri DLT da 20 Gigabyte per il backup di una SAN da 16 Terabyte, perchè "il backup funzionava benissimo prima che comprassimo la SAN". Imponete al sysadmin di chiamare il supporto del produttore della SAN e protestare perchè "la SAN ha rotto il sistema di backup".

Stupitevi della perplessità del sysadmin davanti ad un cron job che riavvia un certo daemon (in produzione) ogni minuto, giustificato con "yes, the daemon is a bit flaky, you know". Informatelo che lo sviluppatore ha cose più importanti da fare che trovare qualche stupido bug di un daemon che comunque se viene riavviato regolarmente non causa quasi nessun problema.

Se è un giorno lavorativo dove vi trovate voi, aspettatevi che la gente sia al lavoro anche se nel loro Paese è un giorno di festa. Se siete a Londra, fate una sfuriata agli sviluppatori francesi (sul telefono di casa di ognuno di loro, in teleconferenza) perchè non sono al lavoro il 14 luglio o a Ferragosto. Se siete in Francia, fate una sfuriata agli inglesi che non sono al lavoro ogni Bank Holiday Monday.

Non sforzatevi troppo a cercare di imparare a parlare inglese. Quando non capite qualcosa, potete sempre fare una sfuriata a chi vi sta di fronte e parla un inglese "inutilmente complicato" - ma solo dopo che eventuali malintesi hanno causato danni irreparabili. Non siete mica Shakespeare, come si può pretendere che sappiate che "indeed" significa "esatto, proprio così"?

Il giorno in cui il governo dichiara che chi si prende l'influenza suina deve restare a casa per due settimane, annunciate che i giorni di malattia pagati sono ridotti da quindici a dieci all'anno. Accusate chi viene al lavoro con la febbre di essere distratto e taciturno perchè non ha voglia di lavorare. Quando alla fine uno dei tecnici del supporto finisce in ospedale con la polmonite, abbiate cura di telefonargli per chiarire che i giorni pagati sono comunque dieci indipendentemente dalla gravità della malattia. Visto che ci siete, accusate il sysadmin, che vi fa notare la mancanza di tatto, di aver fomentato una cultura del relax e del dolce far niente fra i membri del suo team.

Licenziate poco meno di metà del personale tecnico della compagnia in un mese, al ritmo di uno al giorno o quasi. Mostratevi scandalizzati ed offesi quando scoprite che qualcuno degli ultimi aveva mandato in giro il proprio CV prima di essere licenziato. Accusateli di scarsa lealtà. Ringraziate pubblicamente i superstiti per la loro lealtà e dedizione. Licenziatene due il giorno dopo. Rimpiazzate tutti i licenziati con diciannovenni americani (inviati dalla nuova proprietà) e francesi (figli di vecchi compagni di scuola) e date la colpa ai "vecchi" per ogni sopravvenuta inefficienza.

Celebrate il fatto che siete riusciti a perdere personale più rapidamente di quanto abbiate perso clienti, realizzando così un profitto col taglio dei costi nonostante il crollo del fatturato. Proclamate che questo prova l'oculatezza della vostra strategia ed un segnale positivo per il futuro.

Mostratevi esterrefatti e feriti negli affetti quando metà dei "vecchi" superstiti si dimettono.

Prendete ogni lamentela dei clienti riguardo alle sopravvenute inefficienze come un attacco personale condito di insinuazioni sulla verginità delle vostre figlie. Per ripicca, cancellate contratti su contratti con i clienti. Fate una sfuriata a chi vi fa notare che rifiutare i soldi di un cliente non è una ripicca efficace.

Riprendete il sysadmin per aver usato la pausa pranzo per pranzare invece di lavorare.

Quando il sysadmin si dimette, accusatelo di scarsa lealtà e competenza, e annunciate che comunque il suo stipendio non era affatto giustificato e sarebbe stato licenziato presto, perchè di un sysadmin Linux non ce n'è veramente bisogno.

Assumete un sistemista Linux... (ad libitum, o fino al fallimento)

13 gennaio 2010

I grandi dubbi


Perchè alla stazione di Euston ci sono quattro reti wireless chiuse e criptate che si chiamano "Maggiore", "Bolsena", "Stromboli" e "Panarea"?