Eid
Burp!
(chi ha da capire capisca)
(sì, lo so che era ieri)
Un posto dove conto di buttar giu' qualche riflessione, soprattutto in relazione a discussioni avute su Usenet, sulla vita a Londra e qualche volta su Linux
Burp!
(chi ha da capire capisca)
(sì, lo so che era ieri)
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 2:29 PM 0 commenti
Un bellissimo post di Dacia Valent sulla condizione delle donne musulmane. Condivido al 99%, con l'unica obiezione che sì, molti di quelli che discutono sul velo oggi lo fanno strumentalmente, ma questo è vero da entrambe le parti.
Certo, non è neanche lontanamente pensabile dare una soluzione legislativa a queste questioni - così come le grandi battaglie femministe del nostro passato non sarebbero state aiutate da leggi che imponessero alle donne di lasciare culle e fornelli e andare a lavorare; ma non si può chiedere neanche il silenzio "perchè è un problema interno alla comunità musulmana". È anche un problema interno alla comunità italiana, o europea, e se imporre una soluzione legislativa (in un senso o nell'altro) sarebbe un atto di ingiustizia, guardare dall'altra parte e fare finta che la questione non esista non credo sia una mossa molto più intelligente - esattamente come per tutte le altre battaglie femministe, magari anche a costo di raccattare per strada avanzi di solidarietà pelosa e strumentale.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 10:31 AM 8 commenti
Tags: femminismo, islam, velo
Si può imparare molto di una persona, ad esempio, sapendo quali locali frequenta, che tipo di film guarda, in quali ristoranti preferisce mangiare.
Mi chiedo cosa dica di me il fatto che i negozi per cui ho una tessera-sconto riservata ai clienti abituali siano Maplin, Field and Trek, Games UK e Agent Provocateur (dove non compro nulla per me, sia chiaro).
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 5:54 PM 0 commenti
Tags: shopping
Niente dispone lo spirito al weekend come una telefonata alle 5 del mattino che annuncia che un database server piuttosto critico per le operazioni della compagnia ("Data replication? Sì, è nel project plan per la fine del 2007...") è saltato in maniera talmente catastrofica che se fosse stato un essere umano avrebbe potuto fare da ispirazione a Dario Argento.
Insomma, oggi non è giornata per post seri. Al massimo posso segnalare questo post di un blog che credevo chiuso e invece aveva traslocato (e quindi torna fra i link). Non posso che confermare - ogni volta che torno in Italia sono costretto a constatare che non si vende nulla, auto, giornali o sturacessi, senza culi e tette in technicolor.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 3:38 PM 4 commenti
Tags: pubblicità
Conversazione ascoltata involontariamente fra una collega ed una sua amica - il muro fra la saletta caffè e la sala riunioni è di carta velina
Amica: "Oooooh! You've got Italians in your team! What's he like?"
Collega: "Don't even go there. All he can talk about is his wife"
Umiliante.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 8:02 AM 5 commenti
Un bell'articolo di Polly Tonybee sul blog del Guardian, Comment is Free, che si rifà ad un'intervista ad Harriet Harman comparsa nei giorni scorsi sul New Statesman.
Vale la pena leggere l'intero articolo, ma in particolare questo:Jack Straw questioned the veil when he found it was not fading out, but increasing in his constituency. No one would ban it in the street: where would fashion dictatorship end? But between teachers and pupils, or public officials and their clients, the state should not allow the hiding of women. No citizen's face can be indecent because of gender.
(traduzione mia)
Prescott, Hewitt, Kelly, Hain and others failed the test, saying it was women's "choice": can they really believe that's the whole story? Here is an uneasy blend of nervousness about racism and fear of already angry Muslims. It was left to Harriet Harman to make the unequivocal case for women's rights: "If you want equality, you have to be in society, not hidden away from it," she said. "The veil is an obstacle to women's participation on equal terms in society." No nonsense about choice. It took feminist leaders like her to fight for women's rights, often against a majority of oppressed women who at first "chose" to think them outlandish and unfeminine.Jack Straw ha messo in discussione il velo quando si è reso conto che invece di scomparire si stava diffondendo nel suo distretto elettorale. Nessuno vuole vietarlo per strada: dove andrebbe a finire questa specie di dittatura della moda? Ma fra insegnanti e alunni, fra pubblici ufficiali e chi si rivolge loro, lo stato non dovrebbe permettere che le donne debbano nascondersi. Non si può accettare che il viso anche di un solo cittadino o una sola cittadina arrivi ad essere considerato indecente per via del suo genere.
La conclusione è nel titolo stesso dell'articolo: solo uno Stato completamente laico può garantire appieno i diritti delle donne.
Prescott, Hewitt, Kelly, Hain, non hanno superato la prova, affermando che era una "scelta" delle donne: credono veramente che la questione stia tutta lì? Tutto quello che hanno mostrato è una poco rassicurante mescolanza di paura di mostrarsi razzisti e timore di alimentare ancora la rabbia di alcuni musulmani. C'è voluta Harriet Harman per difendere senza equivoci i diritti delle donne: "Se si vuole uguaglianza, si deve diventare parte della società, non nascondersi separandosene" dice "Il velo è un ostacolo alla partecipazione paritaria delle donne alla vita sociale". Nel suo discorso, nessuna delle solite assurdità sulla libertà di scelta: leader femministe come lei hanno già fatto l'esperienza di lottare per i diritti delle donne, e spesso contro una maggioranza di donne oppresse che "sceglievano" di bollarle come matte e dimentiche della propria femminilità.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 3:06 PM 0 commenti
Tags: burqa, femminismo, niqab, velo
Un'idea che cullo da un pochino (e che conto di spammare nei commenti di altri blog): mi sembra che i blogger italiani residenti in quel di Londra non siano pochi; perchè non organizzare una pizza, o meglio ancora una sbronza da mojito e mai tai da Cotton's, tutti insieme?
Restodelmondo sta da queste parti, Londinium pure, Portmeirion fa avanti e indietro ma insomma, ci si può organizzare, 5lire credo stia facendo un master alla LSE. E poi c'è speranza che questi blogger ne conoscano altri, a catena di Sant'Antonio.
Cortesemente, qualcuno mi spieghi nei commenti perchè è un'idea imbecille, così mi levo il pensiero.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 11:58 AM 8 commenti
Il velo ed il niqab ormai sono diventati come la nazionale inglese: tutti hanno diritto a dire la loro, e soprattutto, tutti sanno esattamente quale sia il problema e come risolverlo.
Ha cominciato Jack Straw dicendo, tutto sommato innocentemente, che il niqab si pone come una barriera fisica, che la maggior parte dei primati vivono il non poter vedere la faccia di chi gli sta davanti come una minaccia; in risposta alle prime critiche, comprese quelle di John Prescott, gli attestati di solidarietà si sono sprecati, compresi quelli di persone che non si possono certo accusare di islamofobia, come "Red" Ken Livingstone, sindaco di Londra e amico ed ammiratore di Yussuf al Qaradawi e Ahmed Yassin.
La polemica non è, contrariamente a quel che potrebbe sembrare dall'Italia, un fulmine a ciel sereno, ma il culmine di una sorta di guerra (culturale) a bassa intensità in corso da tempo, e l'esplosione di questi giorni è dovuta semplicemente ad errori di valutazione da parte di una delle parti in causa.
Non intendo stare a tornare indietro negli anni al momento in cui qualcuno ha avuto l'infelice idea di tagliar fuori dal processo democratico la comunità musulmana, decidendo che questa veniva rappresentata da quel momento in poi da associazioni islamiste come l'MCB invece che da parlamentari democraticamente eletti; quel che è fatto è fatto, e questo Paese (come il resto d'Europa) pagherà a lungo, in termini di tensioni sociali, il prezzo di questi errori. Se andiamo però a guardare più vicino, troviamo che diversi gruppi di pressione hanno cercato ripetutamente, negli ultimi due-tre anni, di tirare la corda per vedere fin dove potevano arrivare: il caso di Shabina Begum, il caso Dilpazier Aslam, la proposta di legge sull'incitamento all'odio religioso e così via; la campagna è stata condotta con competenza ed ha riportato un notevole successo, al punto che oggi l'idea che criticare un dettato religioso sia una violazione dei diritti umani di chi lo segue sta entrando a far parte del pensiero mainstream.
Poco tempo fa, però, la corda è stata tirata troppo e si è spezzata. Prima Muhammad Abdul Bari, vicepresidente del Muslim Council of Britain, reso troppo baldanzoso dai successi del passato, commentando l'arresto di gruppi di fondamentalisti che compravano, con soldi di provenienza ignota, proprietà principesche in Sussex per impiantarci "scuole religiose" con 9 studenti e li addestravano a fabbricare esplosivi e a smontare e rimontare Kalashnikov, ha affermato che continuare ad arrestare integralisti religiosi equivaleva a demonizzare un'intera comunità e che questo avrebbe portato la Gran Bretagna ad avere due milioni di terroristi in casa, 700.000 dei quali a Londra - cosa che per qualche motivo non ha rassicurato il pubblico inglese. Quasi contemporaneamente un'altra esponente dell'MCB, Yvonne Ridley, con la foga che caratterizza tutti i convertiti, ha invitato i musulmani britannici a considerare la polizia ed il governo inglesi come entità ostili e ad iniziare una politica di assoluta non-collaborazione e boicottaggio. Subito dopo, all'indomani degli arresti seguiti alla scoperta del complotto per far esplodere diversi voli transatlantici, in un summit con esponenti del governo Syed Aziz Pasha, segretario della Union of Muslim Organisations of the UK and Ireland, ha proposto al governo di concedere l'introduzione della sharia (link a pagamento, ma si può leggere l'incipit dell'articolo) come alternativa alla legge inglese per la comunità musulmana, sostenendo che questo, assieme a scuole segregate, avrebbe in qualche modo pacificato le comunità e favorito l'integrazione (?).
Il pubblico inglese, per la prima volta, ha reagito con estrema insofferenza a queste affermazioni, e, di nuovo per la prima volta, questo ha reso possibile un dibattito su temi caldi come il niqab, l'autosegregazione di parti della comunità musulmana, l'influenza del fondamentalismo, che non venisse immediatamente degradato a lite da strada dalle solite accuse strillate di razzismo e islamofobia, di islamofascicomunismo o di complotto per/contro l'Occidente.
E a questo dibattito delle voci inattese hanno portato contributi sorprendenti.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 3:58 PM 0 commenti
Tags: burqa, fondamentalismo, Jack Straw, niqab, velo
di Eugenio Mastroviti e Carmen Dal Monte
(da Euston Manifesto Italia)
È impressionante come a volte certi morti pesino molto più di altri.
È stato notato in alcuni blog come 400.000 morti nel Darfur pesino molto meno di 1200 morti in Libano, almeno in Europa.
Allo stesso modo, per 10 anni diverse migliaia di sciiti uccisi in Afghanistan dai Talebani hanno avuto un peso pressoché inesistente di fronte a diverse decine di palestinesi uccisi dagli israeliani.
Tutti questi morti dal peso specifico sorprendentemente basso hanno una caratteristica in comune: vengono (o venivano) uccisi da regimi simpatizzanti del fondamentalismo di stampo wahabita, supportati e foraggiati dall'Arabia Saudita.
Allo stesso modo l'Arabia Saudita finanzia i Fratelli Musulmani e fornisce loro supporto intellettuale e ideologico attraverso l'università Al-Azhar che è la massima autorità teologica riconosciuta dal mondo sunnita.
Per essere più chiari i wahabiti hanno occupato le cariche accademiche che prima era patrimonio dei vari filoni della teologia sunnita, monopolizzandone di fatto l'indirizzo teologico-politico.
In Europa i Fratelli Musulmani sono ufficiosamente rappresentati da organizzazioni come l'UCOII in Italia e l'MCB in Gran Bretagna. Non è certo un caso quindi che queste organizzazioni facciano il possibile per indirizzare (e alimentare) la protesta e le manifestazioni dei musulmani che vivono in Europa in una direzione che sia conveniente all'organizzazione "madre" dei Fratelli Musulmani.
Non è sorprendente quindi che queste organizzazioni cerchino di pilotare l'indignazione della comunità musulmana in Europa lontano dalle colpe di regimi con cui condividono finanziatori e padrini ideologici.
Il genocidio del Darfur è uno degli esempi più lampanti di questa pratica, aiutata anche dalla compiacenza dei mezzi di informazione occidentali che sembrano non ritenere il Darfur un'emergenza mondiale.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 2:21 PM 1 commenti
Tags: Darfur, Fratelli Musulmani, genocidio, Wahabismo
Da Harry's Place:What the pro-Islamist 'left' and the right-wing Islamophobes, such as the late Orianna Fallaci for example, share is their eagerness to paint Muslim immigrant communities as part of some sort of unified campaign against the West. For the psuedo-leftist cretins and their Islamist allies this of course is a 'good thing', the defence of Islamic garb, for example, is part of a resistance to the (non-existent) war on Islam - and their right-wing mirror-image differs only in regarding this as an offensive action rather than a defensive one and in considering it a 'bad thing'.
Quello che la 'sinistra' pro-islamista e la destra islamofoba, come ad esempio la defunta Oriana Fallaci, condividono è lo zelo posto nell'identificare le comunità musulmane come parte di qualche genere di campagna organizzata contro l'occidente. Per i cretini pseudosinistri ed i loro alleati islamisti questa è ovviamente una cosa positiva, e così la difesa del velo integrale islamico, ad esempio, è parte di una resistenza globale alla (inesistente) guerra all'Islam - e l'unica differenza con i loro corrispondenti speculari a destra dello schieramento politico è che questi ultimi considerano tutto ciò un'azione offensiva piuttosto che difensiva ed ovviamente un fatto negativo.
Non potrebbe essere più vero, e la prassi politica quotidiana, da entrambe le parti, tende verso azioni e opinioni che possano sempre più rafforzare questo isolamento di una supposta "comunità musulmana" rendendola assolutamente monolitica e impenetrabile.
Ognuno di noi può essere identificato, a seconda del contesto, in una miriade di modi: io posso essere un italiano, un meridionale, un ateo, uno specialista informatico, un ciclista, un eterosessuale, e nessuna di queste definizioni cancella le altre. Nessuno si preoccupa del mio punto di vista di ateo su Linux, nè della mia opinione di specialista informatico sui matrimoni omosessuali - la sola idea sembra ridicola. Eppure c'è chi, strumentalmente, ritiene, anzi, vuole, che gli appartenenti a certe comunità debbano essere solo appartenenti a certe comunità. L'identità di musulmano, per George Galloway come per Nick Griffin, dovrebbe cancellare tutte le altre.
L'idea, naturalmente, non solo è sballata, ma non ha alcuna speranza di successo. Nonostante tutti gli sforzi (ed alcuni successi) di chi cerca di costruirsi un futuro politico sulla nascita di comunità monolitiche, separate ed in contrasto, nonostante l'idea che si è cercato di far passare che la comunità musulmana avrebbe in qualche modo diritto a leggi separate, servizi sociali separati e soprattutto una rappresentanza politica separata, non democraticamente eletta, anzi estranea all'intero processo democratico, basta andare in una qualsiasi delle scuole di qui per rendersi conto che questa gente sta combattendo una battaglia di retroguardia - ed una battaglia persa in partenza.
Certo, esistono scuole separate, in cui non è possibile iscriversi se non si è musulmani (o cattolici, o ebrei), esistono comunità chiuse, esistono moschee in cui si predica il rifiuto dell'integrazione, esistono storie tragiche come questa. Esistono però migliaia di scuole, la stragrande maggioranza, in tutta la Gran Bretagna, in cui ragazzine musulmane giocano a pallone con i loro coetanei di ambo i sessi, mangiano assieme, partecipano alle stesse feste, festeggiano il Natale con la stessa curiosità con cui i loro coetanei di altre religioni partecipano alle celebrazioni per la fine del Ramadan; in cui ragazzi musulmani imparano (rapidamente, di solito) che le idee dell'imam ultraconservatore su ebrei ed altri infedeli tendono a perdere forza, messe di fronte alla realtà dei fatti di una Shirley in minigonna o di un Solomon miglior terzino di tutta la scuola.
Quei ragazzi e quelle ragazze, che sono la stragrande maggioranza, fra 15 anni probabilmente non berranno alcolici, porteranno lo hijab (difficilmente il niqab), andranno in moschea regolarmente, ma sospetto che non accetteranno di buon grado la definizione totalizzante di musulmani che cancella tutte le altre e che oggi si cerca di imporre ai loro genitori: vorranno una rappresentanza politica che sia democraticamente eletta e che tenga conto di tutte le parti della loro identità e non solo di quella religiosa - così come oggi ben pochi cristiani preferirebbero essere rappresentati da un consiglio di preti piuttosto che da un governo democraticamente eletto.
Una minoranza di fondamentalisti resterà, sicuro, e probabilmente il loro essere ridotti ad atavismo superato dalla storia non farà che renderli ancora più rabbiosi, e dovremo fronteggiare il terrorismo che alligna all'interno di certi circoli integralisti; ma si tratterà di un pericolo circoscritto, una minaccia per la sicurezza personale, allo stesso livello di rapinatori armati, pedofili, gang di spacciatori: un pericolo per gli individui ma non per la società. Allo stesso modo, chi cercherà di descrivere il collega musulmano come una minaccia per tutti, come una forza che vuole sovvertire l'ordine democratico della nostra società, solo perchè al pub beve aranciata o al venerdì allunga la pausa pranzo per le preghiere, non potrà che esporsi al ridicolo.
Gente come Abu Izzadeen e Nick Griffin non se ne rende conto, ma non sta cambiando la società - non più di quanto i soldati tedeschi intorno al bunker della Cancelleria stessero sconfiggendo l'Armata Rossa.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 11:59 AM 6 commenti
Tags: fondamentalismo, islamismo
In Svezia la destra vince le elezioni, rompendo il monopolio socialdemocratico sul potere; vince basando la propria piattaforma su un punto fondamentale: il welfare state non si tocca.
In Gran Bretagna David Cameron sembra destinato a portare i Tories ad una decisiva vittoria elettorale contro un successore di Blair che potrebbe essere Gordon Brown, potrebbe essere Richard Reid, potrebbe essere Alan Johnson, ma sarà comunque scialbo rispetto al suo predecessore. Cameron ha posto le basi per la vittoria al congresso Tory conclusosi ieri: nessun taglio alle tasse, potenziamento e finanziamento dei servizi sociali, in primis la sanità pubblica, difesa ad oltranza della pari dignità dei matrimoni gay, misure, anche impopolari, per combattere il riscaldamento globale, nuova linfa all'edilizia popolare.
Che cosa sta succedendo alla destra? Sono un paio di casi isolati, o è un trend che si sta estendendo al resto d'Europa? E se dovesse essere così, quali discriminanti bisognerà cercare per distinguere uno schieramento dall'altro?
UPDATE: come fa notare Nullo nei commenti, il potenziale nuovo primo ministro è John, non Richard, Reid. La mia proverbiale incapacità di ricordare i nomi si è unita alla scarsa opinione che ho del personaggio, fino a farmelo confondere col terrorista col tritolo nelle scarpe...
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 2:28 PM 6 commenti
Non so se ne è arrivata voce in Italia, ma nel mondo anglosassone ha fatto molto scalpore un docudrama trasmesso pochi giorni fa dalla ABC, The Path to 9/11. L'oggetto del contendere sono le accuse all'amministrazione Clinton di aver, sostanzialmente, posto le basi per l'11 Settembre, bloccando una serie di iniziative e programmi antiterrorismo, rifiutandosi di perseguire Bin Laden ed Al Qaeda anche dopo che questi erano stati identificati come una delle maggiori minacce alla sicurezza nazionale, vietando ogni azione contro gli Stati, come Afghanistan e Sudan, che offrivano aiuto e rifugio ai terroristi, e finanche "strozzando" la rappresaglia dopo gli attacchi alle ambasciate in Africa e alla USS Cole.
Tutto verissimo, ovviamente, basta andare a rileggere i giornali dell'epoca per rendersene conto. Clinton ha delle colpe gravissime. Soprattutto, ha la colpa di aver ceduto ai ricatti del Congresso a maggioranza repubblicana e alle pressioni della stampa di destra, Fox News in testa.
Eh già, perchè ricordiamocelo, quelli erano gli anni in cui la destra americana strillava allo scandalo per un pompino nello Studio Ovale, e chiedeva indagini e commissioni d'inchiesta, e quando la Casa Bianca autorizzava una qualsiasi azione contro Al Qaeda e i Talebani in Afghanistan c'era una coda interminabile di giornalisti (uso il termine nell'accezione più generosa possibile, ovviamente) del calibro di Bill O'Reilly che accusavano Clinton di agitare lo spauracchio del terrorismo internazionale per distrarre l'opinione pubblica americana dalle cose veramente importanti - nella fattispecie, la presenza o meno di tracce di sperma sul vestitino di una stagista. Gli USA si ritirarono dalla Somalia sotto la pressione del Congresso repubblicano e della stampa di destra, che accusavano Clinton di sacrificare le vite di soldati americani, ancora, per distrarre l'opinione pubblica, abbandonando la Somalia ad oltre un decennio di guerra civile e fornendo ai terroristi la loro arma propagandistica principale, la prova che per piegare la volontà degli occidentali basta far mandare in onda qualche cadavere in prima serata, la prova che il terrorismo paga.
In pratica oggi la destra americana dà a Clinton la responsabilità per l'11 Settembre accusandolo di aver fatto ciò che la destra chiedeva a gran voce. La gratitudine, diceva Stalin, è una malattia dei cani. Non sappiamo chi possa essere afflitto, invece, dalla piaga della coerenza, ma per fortuna la destra americana, politica e giornalistica, sembra esserne immune.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 11:55 AM 2 commenti
Tags: 11 Settembre, Clinton, terrorismo
Gli ideogrammi cinesi, leggo su Mother Tongue di Bill Bryson, sono tutti composti da simboli base che vengono assemblati assieme. Circa 200 simboli base, detti radicali, compongono le centinaia di migliaia di ideogrammi di cui il cinese scritto è composto. Uno di questi radicali, in particolare, rappresenta la donna. L'ideogramma composto dal radicale donna ripetuto due volte, ho scoperto, significa lite. Quello composto da tre radicali donna messi assieme, invece, significa pettegolezzo.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 1:59 PM 1 commenti
Tags: cinese, donne, ideogrammi
Oggi è il settantesimo anniversario della battaglia di Cable Street. Settant'anni fa, i fascisti in camicia nera di Oswald Mosley marciarono sull'East End di Londra, nel tentativo di intimidire e ridurre al silenzio le organizzazioni sindacali e i gruppi ebraici che dai quartieri operai traevano linfa vitale e supporto nella loro lotta al fascismo.
Le camicie nere volevano una prova di forza, e la ebbero. Si aspettavano silenzio e paura, trovarono barricate, e 300.000 persone ad aspettarli. Otto ore, e diverse cariche della polizia, dopo, Cable Street, attraverso cui i fascisti avrebbero voluto marciare per poi dilagare fra le case popolari dell'East End, assomigliava ad un campo di battaglia della guerra di Spagna, come osservò un testimone.
La battaglia di Cable Street spezzò la schiena al fascismo inglese, costò a Mosley l'appoggio di Lord Rothermere e dei suoi giornali e cancellò definitivamente qualsiasi prospettiva di alleanza fra i Tories e la British Union of Fascists. Da quel momento in poi, Mosley divenne un paria, fino al suo arresto nel 1940 e all'esilio in Francia nel dopoguerra.
Sono cose che è bene ricordare.
Pubblicato da Eugenio Mastroviti alle 11:30 AM 3 commenti
Tags: antifascismo, Cable Street, Mosley