31 gennaio 2008

Chiavi


Vediamo questo mese quali sono state le chiavi di ricerca più gettonate per arrivare a questo blog.

Troneggia in pole position, dominatore incontestato della stagione e ormai in dirittura d'arrivo per il titolo di campione d'inverno, "culo grosso", con 37 presenze. Lo incalza l'indirizzo IP dello spammer più sfigato d'Italia, 217.202.62.64, con 31 punti. A seguire, "percentuale" entra di prepotenza in zona UEFA con 20 punti.

Lontani dal podio ma non per questo meno interessanti, "la ley del machete" a pari merito con "barak obama rettiliano" a quota 8 (il buon Obama può però contare su due addizionali "barack obama rettiliano"), "interessi ebraici tremonti" e "mino pecorelli" a 6, "cospirazione 11 settembre", "battaglia di cable street" e "pastina all'uovo londra" a 3 punti.

Molto in coda alla classifica, abbiamo un risultato ciascuno per "masturbarsi bottiglia", "cerco ragazza con niqab", "blogspot profili bdsm", "gay con piselli pelosi", "il medico più porco nella visita medica", "dacia valent tumore" (tocca ferro, Dacia!), e poi "come rimorchiare mia cognata sposata" e "come rimorchiare la cognata che ti guarda".

Poi c'era anche gente che è venuta a leggere il blog.

30 gennaio 2008

Per anglofoni


Per qualche giorno ancora il sito iPlayer della BBC trasmette Primo, un film sulla prigionia ad Auschwitz di Primo Levi. Qui. Solo in inglese e solo per Windows, purtroppo.

Hat Tip: Black Triangle, via Will.

29 gennaio 2008

Invadeteli, per favore


Si parva licet, comincio a sentirmi un po' come quegli antifascisti emigrati in America e Inghilterra negli anni '20, che vedevano il proprio Paese, amato nonostante tutto, sprofondare in un baratro da cui non sarebbe riuscito ad uscire integro.

Come già fecero quegli antifascisti, consci che il dolore di un'occupazione militare sarebbe stato comunque inferiore a quello causato dalla prepotenza fascista, mi associo al doloroso e sofferto appello che viene in queste ore dall'Italia: invadeteli, per favore! Meglio, molto meglio una forza multinazionale di occupazione che questi qui.

Fratelli Europei: Invadeteci


SOS Invadeteci!


Hat tip: troppi per contarli, ma originariamente Mentecritica, via Annarella e Mmax.

(note for Will: the appeal has an English translation)

25 gennaio 2008

Soccorso per l'ego


Checchè ne dicano Scott Adams e la mia amica Annarella, ormai l'ignoranza è a pieno titolo un punto di vista, e per evitare che chi lo sottoscrive si senta sminuito da coloro che hanno peccato gravemente leggendo dei libri magari di (orrore) biologia, Mrs. Inminoranza ha dei preziosi consigli.

Rimpianti


Certe cose ti fanno veramente rimpiangere di aver abbandonato la fisica delle alte energie: il capitano Jack Harkness visita il CERN:



(solo per Marta, il video si potrebbe intitolare John Barrowman does Geneva)

24 gennaio 2008

Societé Generale


Ci sono volte che non puoi fare altro che leggere le notizie e darti gran pacche sulle spalle per non aver accettato un'offerta di lavoro.

23 gennaio 2008

Il sonno della ragione...


...genera Radio Maria:



Hat tip: Retropalco

Blogroll


Andatevi a leggere questi due post dell'ultimo nato nel blogroll, il Cattomoderasta. Quello dell'auto senza benzina in via Togliatti m'ha fatto ridere così fragorosamente che l'ho dovuto tradurre per i colleghi, ma tutto lo Stradario è esilarante.

Hat tip: Uriel

Campagna elettorale

Non fanno scena quanto le primarie USA, ma a Maggio qui ci sono le elezioni amministrative, per eleggere (fra l'altro) la Greater London Assembly e il sindaco della Greater London, ossia la struttura approssimativamente federale che governa i vari comuni che compongono Londra. La campagna elettorale è partita, e mi sembra il caso di dare il mio piccolo contributo:


21 gennaio 2008

Petizione inutile


Riprendo l'appello di Mrs. Inminoranza e invito i miei tre lettori a firmare la petizione in solidarietà ai 67 docenti della Sapienza la cui carriera sta per essere stroncata dal Consiglio del Guardiani della Rivoluzione Islamica Vaticano
(pardon, mi confondo sempre) e dai suoi lacchè in quello che sempre più ironicamente viene chiamato il Parlamento della Repubblica Italiana. Da Appellolaico.

Sì, Maedhros, lo facciamo perchè siamo antidemocratici e vogliamo tacitare il Papa, che ormai poverino si vede confinato a tre telegiornali moltiplicati sei-sette reti al giorno e quei cinque-sei quotidiani, se pure. Censura atea cicappina e scientista che fa piangere Gesù Bambino.

17 gennaio 2008

E io lo sapevo...


Signore e signori, un bell'applauso al visitatore n. 46.760, arrivato qui da Poggibonsi cercando su Google 'barak obama rettiliano'

La teoria della relatività è una cospirazione rettiliana degli Illuminati sionisti


Vale la pena di studiarsi la teoria della montagna di merda elaborata da Uriel. Capita di rado che sia interamente d'accordo con lui, ma questo post lo sottoscrivo al 100%.

Doppia lealtà


Mi rendo conto di avere per alcuni versi posizioni conservatrici e, per quel che conta, me ne vergogno il giusto.

Per esempio, trovo giustificata l'idea che chi richiede la cittadinanza britannica presti giuramento di fedeltà alla Corona (come rappresentante dello Stato) e alle leggi inglesi - una delle ragioni per cui ancora non mi decido a fare la mia, di richiesta per la piena cittadinanza: l'idea di giurare fedeltà a qualsiasi corona mi dà l'itterizia. Non solo: trovo che opere e discorsi di chi, ad esempio, predica l'abbattimento dell'ordinamento democratico di un Paese vadano presi in considerazione quando si decide sulla sua domanda di asilo politico nel Paese stesso. Trovo, insomma, che quando vuoi entrare a far parte di una comunità una certa dose di lealtà verso quella comunità sia per lo meno dovuta.

A maggior ragione ritengo che, quando una persona si candida a ricoprire incarichi di responsabilità nella gestione della cosa pubblica di un Paese, essa debba la sua incondizionata lealtà a quello stesso Paese. Non parlo, ovviamente, di diventare xenofobi, ed è ovvio che un parlamentare non possa non avere antipatie e simpatie in politica estera. Il problema si pone quando il parlamentare ritiene di dovere la massima lealtà ed obbedienza a regole e persone estranee allo Stato, e solo in subordine a leggi ed istituzioni nazionali.

È accettabile avere un/a parlamentare che agisce, per sua stessa ammissione, in base al dettato di un'organizzazione religiosa/integralista straniera? È accettabile avere un/a parlamentare che rifiuta di votare e abbandona l'aula, rischiando di far andare il proprio governo in minoranza, quando si vota su questioni contrarie al dettato di questa organizzazione integralista? È accettabile avere un/a parlamentare che, divenuto/a ministro, viola i diritti dei cittadini così come codificati dalla legge dello Stato, aprendo le porte al saccheggio delle scuole statali da parte di certe organizzazioni religiose, o cercando di impedire, ancora in spregio alla legge dello Stato, che coppie non conformi al suo personale concetto (imposto, ancora, da questa organizzazione clericofascista straniera) di "famiglia" adottino dei bambini, cerca di ostacolare leggi che impediscano di discriminare i cittadini sulla base delle loro preferenze sessuali, impedisce o ostacola la ricerca scientifica non conforme ad un certo dettato religioso?

In poche parole, che stracazzo ci fa Ruth Kelly ancora ai Comuni?

16 gennaio 2008

Essere, dire, fare, baciare


Nei commenti di alcuni fra gli ultimi post è venuta fuori una micro-discussione a proposito dei candidati alla presidenza USA. Lasciando da parte Ron Paul per un minuto - non sono un libertarian, non credo nelle soluzioni libertarian, non amo soprattutto le correzioni religiose all'ideologia libertarian che influenzano la politica di Ron Paul, e non gli perdono di essere diventato il portavoce dell'equivalente americano dei signoraggisti - l'obiezione che fa Uriel alla diatriba Obama/Clinton è forte.

Sembra in effetti che molti sostenitori di Hillary Clinton e di Barack Obama sostengano uno/a dei due non per le politiche che propugna, non per le soluzioni che propone ai problemi americani, ma per la quantità di melanina di uno dei due candidati, o per le ovaie dell'altra.

Personalmente, non mi sento particolarmente toccato dall'accusa. Se sostengo Hillary Clinton è perchè credo che Bill Clinton (con tutti gli errori commessi) sia stato uno dei migliori presidenti americani. Ha fatto le sue cazzate, per carità - soprattutto il NAFTA; una discussione sui meriti e demeriti di Bill Clinton esula dagli scopi di quest'articolo: i miei tre lettori probabilmente dissentiranno dal mio giudizio, e non ho problemi ad ammettere che terreno per discutere ce n'è. Ciononostante, basta confrontare le condizioni degli USA sotto Bush padre, sotto Clinton e sotto Bush figlio per notare che qualche differenza c'è. Allo stesso modo, se non mi dispiace troppo Barack Obama, anzi, se il mio dream team è Hillary presidente e Barack vice, per prepararlo alla presidenza fra 8 anni con più esperienza di potere, è perchè un presidente si misura anche (e molto) dalla qualità dei consiglieri che si è scelto e che costituiranno il suo esecutivo, e quelli che lavorano per Barack Obama sono di primissima qualità, gente come Richard Clarke, Zbigniew Brzezinsky, Jeffrey Bader (lo si vede anche dalla quantità di inchiostro che i repubblicani stanno utilizzando per svariati esercizi di character assassination). Certo, avere un presidente competente e donna, un presidente competente e nero, avrebbe un notevole valore simbolico per gli USA, e la cosa mi fa piacere, ma non voterei per Hillary perchè è donna, o per Barack perchè è nero (così come, se Condoleezza Rice, donna nera, si fosse candidata, avrei tifato per quasi chiunque tranne che per lei).

La cosa interessante, però, è che in effetti c'è una corrente d'opinione che ritiene che sia più importante ciò che le persone sono che ciò che dicono o fanno. Il podcast di
Democracy Now di lunedì scorso (14/1/2008) aveva come ospiti una serie di studiose e scrittrici femministe e attiviste delle minoranze, che discutevano proprio di questo fatto. Il femminismo americano, purtroppo, ha seguito la strada del Fronte Popolare di Liberazione di Giudea, con bizantine distinzioni fra femminismo delle minoranze, third wave, fourth wave, femminismo mainstream e così via, e credo che abbia in questo momento più correnti che esponenti. Il dibattito era affascinante, più per le sue caratteristiche surreali che per le argomentazioni in sè delle partecipanti. L'unica cosa su cui concordavano era che nessuno dei candidati democratici era accettabile - l'unica forma di vita per cui avrebbero trovato concepibile votare era una donna nera, nubile e di recente immigrazione. Barack Obama non era accettabile in quanto maschio: i maschi neri contribuiscono ovviamente all'oppressione delle donne nere. Hillary Clinton era doppiamente inaccettabile, in primo luogo in quanto bianca (e quindi, sebbene oppressa dai maschi bianchi, partecipe dell'oppressione dei maschi neri e contemporaneamente complice di questi ultimi nell'oppressione delle donne nere) e in secondo luogo in quanto sposata, e dunque consapevolmente partecipe del meccanismo millenario di schiavitù riproduttiva delle donne. Cynthia McKinney, candidata verde, donna, nera e sufficientemente nutter da credere a tutte le stronzate complottiste venute fuori negli ultimi 20 anni, dal Memorandum 46 all'11 settembre, dagli ebrei che cospirano per lasciare i neri disoccupati all'uragano Katrina creato con HAARP per distruggere le case popolari di New Orleans, sembrerebbe a prima vista accettabile, ma il fatto stesso che sia stata parlamentare mostra che è integrata in una società maschilista e repressiva come quella americana, e quindi è comunque inaccettabile.

Ho ascoltato l'intero dibattito, durato una mezz'ora, e in quella mezz'ora non si è parlato una volta di quello che i candidati proponevano, di politica estera, di assistenza sanitaria, di politiche ambientali, della guerra. Non si è parlato di quello che i candidati dicono o fanno: solo di quello che sono. Personalmente ho trovato agghiacciante che si spacciasse per frontiera ultima del progressismo l'idea che i meriti, le capacità, le azioni di una persona non abbiano peso e che ne abbia invece solo la sua purezza, misurata in questo caso col metro dell'appartenenza etnica e di genere.

Se dovessi fare un'ipotesi cattiva, direi che questa degenerazione del pensiero progressista viene dal bisogno di giustificare preventivamente errori e fallimenti sottraendoli alla prova dei fatti e misurando le politiche solo in base alla purezza ideologica di chi le propone: dalla vecchia idea che la purezza ideologica è l'unico parametro di giudizio accettabile; crollata quella fissazione, la forma mentis rimane, ed ecco saltar fuori, paradossalmente, la purezza etnica e/o di genere come sostituto, con la sola accortezza di invertire i fattori di merito rispetto a quelli che avrebbe potuto dare un patriarca afrikaans del secolo scorso.

Non so, sarò strano io, ma a me l'idea che fra i progressisti ci siano correnti che pretendono di giudicare una persona esclusivamente in base al sesso e al colore della pelle un po' di brividi li mette.

Eppure mi sembrava facile...


Libertà di espressione significa libertà di espressione. Significa che chiunque è libero di esprimere le proprie idee: tu, e chi non è d'accordo con te. Significa che chiunque, anche il capo più o meno assoluto di uno Stato teocratico, arrivato in carica dopo un'elezione-farsa, può dire la sua; ma anche che chi critica il dittatore ha uguale diritto ad esprimere il proprio disprezzo o almeno le proprie critiche. La libertà di espressione o è un'arma a doppio taglio o è una burla, alla Sapienza come alla Columbia University. Che la cosa non vada giù a Nazinger non stupisce: sotto il sorriso falso, non andava giù neanche ad Ahmadinejad; fa specie che facciano finta di non accettarla anche i genuflessi giornalisti italiani, che della libertà di espressione dovrebbero fare il loro pane quotidiano - soprattutto quelli che un giorno sì e l'altro pure lamentano la mancanza di laicità in Arabia Saudita e Iran.

P.S. È ovvio che ero ironico. Quei giornalisti non riconoscerebbero la libertà di espressione neanche se sbucasse dalla tazza del cesso e gli mordesse il sedere.

15 gennaio 2008

No pasaran


Nazinger non va alla Sapienza. Quello che avrei da dire in proposito lo dice (meglio di me) Mrs. Inminoranza.

I migliori anni della nostra vita


Una cosa che non mi sarei mai aspettato di avere in comune con Mmax: una cotta preadolescenziale per Wanda Ribeiro de Vasconcelos, più famosa (almeno per la mia generazione) come Lio.



Poco è stato esportato della musica pop in francese, ma quel poco sembra aver scandito alcune fasi della mia vita. Per motivi che adesso è un po' complicato spiegare, non riesco a pensare all'elettrodinamica dei mezzi continui senza risentire Caroline Loeb:


14 gennaio 2008

Maggioranze


C'è un motivo molto preciso per cui questo blog si chiama "in minoranza", e non è strettamente un richiamo a Nanni Moretti e al suo bellissimo monologo sul sentirsi a disagio quando si è in accordo con la maggioranza, o almeno, estende quel senso di disagio con delle ragioni.

Il motivo principale per cui questo blog si chiama così è la mia personale, intima e incrollabile convinzione che la maggioranza degli esseri umani siano, in fin dei conti, dei perfetti imbecilli, e la mia altrettanto intima e immodesta convinzione di non far parte di quella maggioranza.

Sono certo, per esempio, che il QI medio degli esseri umani non sia affatto 100, ma intorno a 75. Se pure. Astenersi commentatori pignoli, lo so che è un paradosso. Non sono mica imbecille (appunto).

Certo, anch'io ammetto forme di imbecillità nella mia vita: ho fumato per vent'anni, al supermercato sono un assiduo frequentatore del banco dei prodotti biologici e di quello equo e solidale, riciclo la plastica pur sapendo che costa energeticamente di più che smaltirla normalmente e produrne di nuova, voto regolarmente scegliendo fra gli esponenti di due/tre partiti che di diverso hanno giusto il simbolo e occasionalmente l'accento regionale; ma c'è di peggio.

Ho detto in passato come non esiste stronzata, al mondo, che non possa trovare una mezza dozzina o più di seguaci. Non esiste paranoia, ipotesi di complotto, leggenda metropolitana, che non galvanizzi l'attenzione di qualche manipolo, e spesso di legioni, di imbecilli, e ultimamente il fenomeno, grazie anche (ma non solo) all'accesso universale a Internet si è trasformato da endemico a epidemico. Gli imbecilli si riuniscono, formano club e associazioni, scrivono su Comment is Free, riescono a istigare discussioni parlamentari.

Quando un medico/ciarlatano riesce a pubblicare un articolo che insinua, in base ad un'estrapolazione a partire da sette casi senza campione di controllo, che le vaccinazioni causano l'autismo, vaste fette (maggioranza, appunto) della popolazione inglese fanno il possibile per non vaccinare i figli, col sostegno dei maggiori organi di stampa, e col risultato che adesso a Londra abbiamo la seconda epidemia di morbillo in due anni - epidemia che ha già fatto i primi due morti. Tanto per chiarire che l'imbecillità non è un fattore che si accompagna alla latitudine di nascita, al colore della pelle o alla religione, un imam nigeriano, qualche anno fa, ha lanciato l'allarme sulle vaccinazioni antipolio, sostenendo che erano parte di un diabolico piano dell'OMS per sterilizzare i neri africani e farli estinguere; risultato, epidemie di polio a raffica in Nigeria.

Quando qualche paranoico - di quelli che si rifugiano nelle capanne di tronchi sulle Montagne Rocciose con il cappellino di stagnola in testa e 18 fucili d'assalto per proteggersi dalle truppe d'assalto dello ZOG - comincia a scrivere articoli su qualche sito web cospirazionista, denunciando il fatto che il malefico governo ha registrato il suo nome e cognome, ecco che fioriscono garanti della privacy in mezzo mondo: come osa il governo conservare le mie impronte digitali? Chi lo sa cosa potrebbe farne, un giorno? E i miei dati biometrici, parolone che sa tanto di fantascienza asimoviana! Il governo ha i miei dati biometrici! Panico, orrore e raccapriccio! Sanno di che colore ho gli occhi! E così veniamo investiti da un'esplosione di moduli di consenso, leggi, leggine, distinzioni bizantine fra dati sensibili, dati personali, dati riservati e dati di cui, diciamolo, non frega veramente un caxxo a nessuno, documenti programmatici di sicurezza da inviare alla Gazzetta Ufficiale in triplice copia prima di poter mandare un messaggio per email a mio cognato, leggo cospirazionisti italiani lanciare l'allarme perchè l'Inghilterra è all'anticamera dello Stato di polizia in quanto, orrore orrore, vuole introdurre le carte d'identità, famigerata misura dittatoriale.

Da ultimo, una persona che conosco - la civil partner di una collega, per la precisione - che lavora per il CID, l'equivalente inglese della DIGOS, all'incirca, mi racconta una storiella interessante a proposito di un dato francamente sconcertante, quello che dice che un numero consistente, la maggioranza per certe fasce di età e appartenenza sociale, delle donne violentate si rifiutano di sottoporsi a visita medica ed al prelievo di campioni. La questione era saltata fuori in una vecchia discussione su Secondoprotocollo, e quando questa conoscente ha menzionato lo stesso fenomeno ha solleticato la mia curiosità. Il 99% delle donne che si rifiutano di sottoporsi a visita medica vedono, com'è ovvio, il loro aggressore rimesso in libertà, quando pure si arriva ad una formalizzazione delle accuse; perchè, allora, un comportamento così autolesionista? La poliziotta mi ha spiegato che nella grande maggioranza dei casi di cui lei si è occupata personalmente, le donne - quasi sempre di estrazione medio-alto-borghese, colte, istruite - ponevano un problema di privacy. Non volevano sottoporsi a visita medica, e al prelievo di campioni di fluidi e DNA, perchè temevano che il loro DNA venisse archiviato dalla polizia, cosa che è, come vi spiegheranno tutti gli attivisti della privacy, Male. Queste donne sono state bombardate ogni giorno con il messaggio che la più grande minaccia alla loro incolumità, sicurezza, tranquillità, non sia lo stupratore che rimane a piede libero, ma la catalogazione, da parte della polizia, delle loro impronte digitali o del loro DNA - anche se non sarebbero in grado di spiegare perchè, a parte vaghi timori che la polizia rivenda queste informazioni a qualche compagnia di assicurazioni sanitarie che poi magari potrebbe rifiutar loro una polizza perchè il loro DNA mostra una predisposizione alle unghie incarnite - e anche questo timore viene espresso solo in alcuni casi. In generale, l'obiezione è un semplice "ma poi il governo avrà dei dati estremamente personali su di me!".

Il problema è che anche il conforto un po' snob che deriva dall'essere minoranza aiuta solo fino ad un certo punto. Certo, per le vaccinazioni la soluzione è semplice: rendiamole gratuite ma facoltative, e facciamone un metodo di selezione naturale: chi vuole, vaccina i figli; gli altri confidano nelle vibrazioni positive della verdura biodinamica per prevenire le malattie. Il gene egoista, alla fine, vince. Per il criminale che rimane a piede libero perchè la polizia dopo un po' deve distruggere le impronte digitali dei sospettati, invece, il problema è collettivo: lo stupratore a piede libero è un problema anche per mia figlia, anche se lei acconsente alla visita medica - se vogliamo, a quel punto è pure tardi per preoccuparsi.

L'imbecillità è, mi sto convincendo, un'Idra: tagli la testa che blatera del buco del Pentagono l'11 settembre e ne spuntano due, una che straparla di vaccinazioni assassine e l'altra di medicina olistica; mozzi quella che accusa gli zingari di rapire i bambini ed ecco che vengono fuori gli Skulls & Bones e il complotto di John Kerry per perdere le elezioni presidenziali; tagli la regina Elisabetta discendente dei rettiliani, vengono su l'omeopatia e gli psicanalisti per animali da compagnia. E se non ho il timore che abbiano ragione loro (come dicevo sopra, non sono imbecille), ho il timore, ogni giorno più fondato, che questa maggioranza, prima o poi, cominci a darsi ragione per legge, come stanno cercando di fare in USA per l'insegnamento delle scienze o la ricerca sulle staminali, o in Italia con la legge sulla fecondazione asssitita. Certo non potrebbe per forza di cose durare molto, due, tre generazioni al massimo, ma mi infastidisce non poco l'idea di essere coinvolto mio malgrado, io o i miei discendenti, nel collasso degli imbecilli. Voglio dire, se i Vulcaniani arrivano e ci trovano impegnati a ricostruire la società dopo la guerra e a creare il primo motore a curvatura, magari si fermano e ci danno una mano; ma se ci trovano moribondi di fame e malattie perchè siamo imbecilli, e per giunta abbiamo messo in galera Zefram Cochrane perchè si rifiutava di credere alla teoria dell'Orgone, quelli al più si fanno una risata e ci danno l'equivalente interstellare di un calcio in culo prima di ripartire per sempre...

Update: per qualche motivo l'editor aveva cancellato tutti i link durante la pubblicazione. Vediamo se stavolta compaiono.

Tortura


Nel podcast di Democracy Now di venerdì scorso (11 gennaio) c'è un estratto delle testimonianze di torture inflitte dagli interrogatori militari ai detenuti della base di Guantanamo. La prima testimonianza narra di come una interrogatrice si sia aperta un bottone della camicetta per far vedere al detenuto una scollatura un po' più generosa, farlo arrapare e farlo dunque sentire impuro e ipocrita, mettendolo psicologicamente a disagio. La seconda, di come un interrogatore abbia detto ad un detenuto di aver buttato a terra una copia del Corano e di avergli dato un calcio.

Queste due accuse sono state ripetute spesso, anche dagli avvocati dei detenuti (la prima denuncia di questi due episodi specifici risale alla scorsa primavera), come prove delle inumane torture operate sui prigionieri di Guantanamo. Ora, che a Guantanamo si compiano massicce violazioni dei diritti dei prigionieri è noto ed acquisito, lo dice anche la Croce Rossa Internazionale che in generale ci va con i piedi di piombo prima di lanciare accuse; ma fra tutti gli esempi che si potevano tirar fuori, perchè insistere tanto su queste due stronzate?

Poi dice, con amici come questi...

11 gennaio 2008

Frasi celebri


Il fatto che alcuni genî siano stati oggetto di ridicolo non implica che tutti quelli di cui si ride siano genî. Hanno riso di Colombo, hanno riso di Fulton, hanno riso dei fratelli Wright. Ma hanno anche riso di Bozo il Clown.
(Carl Sagan)

Una di quelle frasi che andrebbero marchiate a fuoco sulla fronte di tutti gli scienziati incompresi usenettiani, quelli della propulsione non newtoniana, dei vaccini che fanno venire l'autismo, delle stimmate aliene, del cancro curato col bicarbonato, delle macchine per l'energia di Tesla.

RIP


Si è spento ad Auckland a 88 anni Sir Edmund Hillary, uno dei due uomini (l'altro, Tentzin Norgay Sherpa, è morto nel 1986) che nel 1953 per primi raggiunsero la vetta dell'Everest.

È stato alpinista, diplomatico, esploratore, filantropo, e uno dei miti della mia infanzia e adolescenza. RIP.

10 gennaio 2008

Messaggio di pubblica utilità


Spett. Sig. 217.202.62.64

Ho ricevuto e letto con interesse la sua mail, quella che sosteneva di venire da ebay.it e che mi chiedeva di cliccare sul link per confermare a ebay che l'indirizzo di posta elettronica che avevo registrato con loro era corretto. Sono rimasto assolutamente ammirato delle sue capacità, soprattutto per via del fatto che io un account con ebay.it non ce l'ho, ma ho pensato, vuoi vedere che quei geniacci di ebay.co.uk hanno visto che ho un nome italiano e mi hanno aperto un account su ebay.it?

Insomma ho seguito il link, che, probabilmente per ragioni di sicurezza, non risultava essere di ebay.it (meglio mantenersi in incognito, dopotutto, con tutti i malintenzionati che ci sono oggidì sull'Internet), ho messo i miei dati, soprattutto la password, che è un asterisco ripetuto 8 volte (sono furbo, eh?) e ho cliccato su "invia". Spero che a questo punto il mio indirizzo sia confermato, e che il mio account su ebay.it che non sapevo nemmeno di avere sia pronto per me.

Solo un appunto per il futuro, però: eviti, gentile dott. 217.202.62.64, di usare un webserver farlocco, tanto bacato che appena uno fa un telnet sulla porta 80 e manda un POST /%, quello se ne va in crash. Io lo dico per lei.

L'angolo del colesterolo


Cena di Natale/Capodanno/Compleanno/Santo Patrono/Anniversario della Rivoluzione (una qualsiasi): oca farcita alle prugne e castagne

Se questo fosse un blog irlandese, adesso dovrei esordire come nella vecchia barzelletta inglese: per prima cosa, rubate un'oca...

Essendo questo un blog capitalista e occidentale che incoraggia il consumismo sfrenato, consiglio invece di comprarla - da Moore & Sons, fra Whetstone e Barnet, se siete a Londra.

Assieme all'oca avete bisogno di:

Ripieno:
1/2 kg di prugne secche
2 bicchieri di porto
1 kg di castagne fresche
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
150 grammi di cranberries (mirtilli rossi americani) (la ricetta le richiede secche; io le preferisco fresche)
3 gambi di sedano
prezzemolo a piacere
100 grammi di burro

Salsa:
le interiora dell'oca
1 cipolla
1 carota
1 manciata di ritagli di funghi
1 patata
1 gambo di sedano
1 pastinaca
150 grammi di burro
150 grammi di farina


La sera prima prendete le interiora e il collo e fatene un brodo molto semplice in 3-3.5 litri d'acqua, con l'aggiunta di un gambo di sedano, un po' di ritagli di funghi, una cipolla, una vecchia patata, una carota, e magari un parsnip, un ortaggio bianco avorio dall'aspetto di una carota e dal vago sapore di carciofo che in italiano credo si chiami pastinaca. Lasciate andare il brodo anche per tutta la notte se vi pare il caso (copritelo, ovviamente, quando andate a letto, per evitare di consumarlo), ma è importante che si sia ragionevolmente raffreddato qualche ora prima di servire l'oca. Quando il volume si sarà ridotto a meno di 2 litri toglietelo dal fuoco, filtratelo attraverso un colino e mettetelo a raffreddare.

Lessate a puntino le castagne e sbucciatele mentre sono bollenti - è più facile e offre infinite occasioni di ilarità al resto della famiglia mentre bestemmiate divinità di cui non sospettavate neanche l'esistenza e vi succhiate le dita ustionate. Mettete le prugne a bagno nel porto per un'ora o due. Preparate un battuto con aglio, cipolla e sedano e saltatelo nel burro. Aggiungete le castagne,
le cranberry, le prugne e il porto in cui le avete fatte riprendere, fate insaporire il tutto fino a quando il liquido si sarà più che dimezzato.

Estraete dalla cavità ventrale dell'oca tutto il grasso in eccesso e spalmatelo su petto e soprattutto cosce, forate la pelle, massaggiatela con pepe e sale grosso, farcitela e chiudete la cavità con filo da cucina, imbrigliatela e avvolgetela in carta stagnola. Adagiatela a petto in su in una casseruola molto capiente e dai bordi alti e mettetela in forno a 200 gradi circa, calcolando circa 3 ore e mezza per un'oca di 6 chili. Ogni ora circa aprite l'involucro e bagnatela col suo stesso grasso. Rimuovete anche il grasso in eccesso dal fondo della casseruola: un'oca da 6 Kg può produrre quasi un litro di grasso che si può conservare in frigo per una settimana ed è assolutamente insuperabile per arrostire le verdure. L'oca sarà cotta quando da un foro profondo praticato con uno spillo da cucina o uno spiedino di metallo usciranno fluidi chiari e trasparenti, senza più sangue. Se l'oca l'avete comprata da Moore and Sons, avete avuto in omaggio un termometro da carne a termocoppia e vi basta infilarlo nell'oca per vedere quando è pronta.

Mentre l'oca cuoce, preparate un roux con 150 grammi di burro e un'uguale quantità di farina. Scaldate il burro in un tegame antiaderente fino a quando diviene spumeggiante ed incorporate a pioggia la farina. Tenendo il tegame su fiamma medio-bassa, mescolate lentamente e costantemente, senza mai interrompere, per un tempo variabile fra i 10 e i 20 minuti, a seconda dei gusti. Per una salsa d'accompagnamento all'oca il roux si deve scurire un po' ma non diventare bruno - 15 minuti dovrebbero essere abbondantemente sufficienti. Quando il roux è pronto, aggiungete lentissimamente il brodo, mezzo mestolo per volta e versandolo quasi goccia-a-goccia, incorporandolo nel roux. La massa deve rimanere per tutto il tempo omogenea, senza mai formare grumi, trasformandosi lentamente da una pasta simile a quella del pane ad un ammasso colloso e poi sempre più cremoso. Lasciate sobbollire a fuoco lento fino a quando il suo volume si sarà dimezzato e tenete in caldo.

Tagliate l'oca e servite con il ripieno e la salsa a parte.

Change


Massimo supporto per Barack Obama, potenziale primo presidente nero e tutto il resto, ma prometto una cosa: se usa di nuovo la parola "change" trenta volte nello stesso discorso, sarò costretto a considererare seriamente l'opportunità di rapire la figlia di Jack Bauer per farglielo assassinare la notte delle primarie in California. A tutto c'è un limite, Cristo.

09 gennaio 2008

Di' qualcosa di sinistra!


Lo so che è solo una coincidenza, ma ti fa riflettere quando lo stesso giorno leggi le emerite stronzate di una forma di vita come la Binetti (centrosinistra) e poco dopo leggi questo sul blog di una persona decisamente di destra

Tuta memetica


Ho passato due anni felici schivando memi a destra e sinistra, ma era solo questione di tempo prima che un cecchino mi beccasse. Il discutibile onore è toccato a Falecius, che mi ha nominato come thinking blogger - una responsabilità mica da poco. Le regole sono, per fortuna, semplici. In primo luogo si linka chi ti ha nominato; poi si mette il banner dell'iniziativa:

e infine si elencano altri cinque blog che meritano a mio insindacabile giudizio il titolo.

Il primo è sicuramente quello della mia amica e panificatrice preferita, nonchè spacciatrice di telefilm che m'ha trascinato nei tunnel di House MD e West Wing (fra gli altri): Restodelmondo.

Il secondo è quello dell'anziano papà del mio amico Mmatteo. Mmax ha una certa età, e da perfetto vecchio porco insidia regolarmente donne enormemente più giovani di lui come Mrs. Inminoranza, ma ciononostante ogni tanto (probabilmente su consiglio di Mmatteo) scrive cose interessanti, non lo si può negare.

Il terzo è quello di Dacia, che pensare pensa, e molto, anche se sono al 99% cose con cui non sono d'accordo. Però pensa e mi fa pensare, almeno a come ribattere.

Il quarto è quello di Palmiro, con cui fra l'altro condivido la passione per certi libri e certi aerei, oltre che per certe birre; anche se continua a offendermi dandomi del borghese liberalconservatore.

Il quinto sono due blog, però, quelli delle due madrine dei Saiyeret Falafeli, e non so se vale, ma meritano entrambe una menzione e questo è il mio blog e quindi le regole le faccio io: Rosa & Ipazia. Oh.

Ci doveva stare anche Mrs. Inminoranza, qui, ma Lisa di Paniscus mi ha battuto sul tempo...

08 gennaio 2008

Link


Qualche segnalazione rapida di articoli interessanti che mi son capitati davanti negli ultimi giorni.

Per primo, 7yearwinter. Non sono sempre e necessariamente d'accordo con quel che scrive, ma questa conversazione è impagabile. Soprattutto la parte dove spiega quali skill sono essenziali per fare l'annunciatrice RAI.

Poi un blog che entrerà probabilmente nel blogroll qui a sinistra (per voi che guardate) appena ho 5 minuti per aggiornarlo, che sarebbe anche ora. Segnalo in particolare questo post qui, e questi consigli librari che faccio miei.

Infine una new entry, un altro italiano a Londra che commenta qui occasionalmente e che s'è finalmente fatto il suo blog ('sti immigrati che arrivano qui e scroccano lo spazio sugli altrui blog, io li deporterei tutti). Pure lui nel blogroll appena possibile.

W i caucus


A ragionarci a mente fredda, sono assolutamente esterrefatto, ammirato, basito (inserire altri verbi esprimenti stupefatta ammirazione) dell'istituzione americana dei caucus - non che ne caldeggi l'adozione da qualche altra parte, beninteso, visto che esportati quasi in qualunque Paese europeo produrrebbero solo disastri, brogli e probabilmente tumulti di piazza; ma dove sono, per così dire, incistati nella tradizione democratica sono un fenomeno assolutamente stupefacente.

I caucus sono, fondamentalmente, riunioni più o meno informali di sostenitori e attivisti di un partito, indette per il giorno della selezione del candidato presidenziale o congressuale del partito. La riunione deve iniziare per regolamento un'ora prima del momento in cui effettivamente i voti vengono contati: un'ora durante la quale attivisti e rappresentanti dei vari candidati cercano di convincere i convenuti a votare per questo o quel candidato. La discussione è aperta ed accesa, il voto è palese e vincolante (democratici) o segreto e consultivo (repubblicani, anche se raramente il partito osa ignorare il risultato), e i risultati sono spesso, rispetto alle elezioni tradizionali, molto sorprendenti.

Il caucus esprime il voto degli elettori più motivati, lo zoccolo duro di un partito, disposti ad andare nella sala della parrocchia, o nella biblioteca pubblica, e a passarci un'ora ascoltando e spesso partecipando a discussioni; un impegno molto maggiore che fermarsi al seggio elettorale tornando dal lavoro; così, un'elezione tradizionale di solito va a chi ha investito di più in propaganda, in spot accattivanti, in manifesti sulla strada che porta al seggio, mentre la vittoria nei caucus va al candidato che riesce ad essere (o a mostrarsi) più vicino a quelli che dovrebbero essere gli ideali fondativi del partito: e così Mike Huckabee, fondamentalista cristiano, praticamente un Bush onesto - e pertanto ancora più pericoloso, come i fanatici sono sempre più pericolosi dei corrotti - vince la nomination in Iowa contro Mitt Romney, telegenico e straricco, che aveva speso venti volte più di lui, e contro Giuliani, repubblicano liberal e pro-choice, e Barack Obama (che, Uriel, non è esattamente un imbecille - almeno non più di quanto lo siano gli altri candidati, e per lo meno, a differenza di Ron Paul, non vuole mettere fuorilegge l'aborto e l'omosessualità, non prende soldi dai nazisti e non considera il Far West l'età dell'oro degli USA) vince contro l'invincibile Hillary Clinton contrapponendo un messaggio kennediano al centrismo esasperato di Hillary che data per scontata l'eredità del marito, che avrebbe dovuto consegnarle senza sforzo lo zoccolo duro del partito democratico, si è gettata alla caccia del corrispettivo USA del voto mastelliano.

Ai caucus, insomma, sembra vincere il candidato più vicino, nel bene e nel male, all'anima di un partito piuttosto che a quella dei finanziatori.

Peccato che i caucus si tengano solo, mi pare, in due o tre Stati. In altre parole, prepariamoci ad un'elezione Clinton contro Romney.

P.S. L'ho detto, il giorno che importano i caucus in Europa io me ne vado a vivere in Mongolia. Il voto palese, per alzata di mano, in duemila chiesette e biblioteche e scuole elementari sparse per tutto lo Stato  può andare dove la tradizione di rispetto della democraticità di quest'atto ha un valore più forte di quello di una legge, un valore conferitole da duecento anni di storia. Tremo al solo pensiero di cosa sarebbe un caucus del piddì italiano a Foggia o a Busto Arstizio: truppe cammellate mastelliane, imbecilli dei centri sociali, candidati senza volto, rifiuto di votare finchè non si risolve il problema della Palestina o degli uscieri alla Regione (a seconda di chi si rifiuta), cazzotti, risse, matrimoni falliti perchè quella stronza mi aveva promesso che votava per mio cognato e poi ha alzato la mano quando hanno detto il nome del cugino del lattaio... perlamordiddio. Tanto vale decidere i candidati direttamente a Porta a Porta.


05 gennaio 2008

Open source peer review


Given enough eyeballs, all bugs are shallow
(Linus Torvalds, citato in The Cathedral and the Bazaar, Eric S. Raymond)

Premetto che non sono sicuro del motivo per cui lo sto scrivendo io, questo post. A rigore, toccherebbe a Mrs. Inminoranza; ancora più a rigore, se Danilo, il suo amico che occasionalmente commenta qui avesse un blog, l'onere spetterebbe a lui, visto che l'idea è in partenza sua.

Nonostante i miei tre lettori già lo sappiano, giova ripetere che il sistema della peer review è quel sistema che permette, in principio, di valutare la bontà di un articolo che va in pubblicazione su una rivista scientifica o accademica; ogni articolo deve essere valutato e giudicato da un certo numero di accademici di provata competenza e viene pubblicato solo in caso di giudizio positivo della maggioranza.

Il sistema garantisce che in generale articoli sugli unicorni, sul moto perpetuo e sui rapimenti alieni non vengano pubblicati su riviste accademiche che, come si dice, fanno scienza, anche se ogni tanto gli interessi del big business fanno breccia e su Nature arriva un articolo sulla memoria dell'acqua sponsorizzato da aziende che con l'omeopatia ci fanno un pacco di soldi; il sistema presenta ovviamente delle falle che si prestano bene, ad esempio, ad essere sfruttate da quel che viene chiamato il deplorevole umorismo dei fisici, che occasionalmente riescono a combinare burle degne di rilievo - famosa quella di quand'ero studente, in cui un gruppetto di ignoti riuscì a farsi pubblicare due articoli di fisica della materia su una rivista americana, a firma del Prof. Stronzo Bestiale, dell'inesistente Istituto di Fisica della Materia di Palermo, e non sono rare le scelte ad hoc di variabili e indici nelle formule, per comporre insulti in svedese o polacco al lettore.

La peer review ha anche dei risvolti negativi un po' più seri di questi, purtroppo. Il nome dei referee è formalmente segreto, ma in generale l'autore dell'articolo può conoscerlo, e pochi referee avranno il coraggio di stroncare un grande nome, sapendo che questi potrebbe conoscere con relativa facilità il nome del colpevole e rivalersi su di lui; d'altra parte, non è troppo raro il caso di review negative dovute più ad antipatie personale (o di review positive dovute in gran parte ad amicizia) che ad effettivi meriti dell'articolo. Una review positiva può anche essere (esperienza quasi personale) dovuta a fattori di marketing, ad un do ut des piuttosto becero: se vuoi una review positiva ed essere pubblicato, cita il tale articolo nel tuo, così mi aumenti l'impact factor (q.v.).

Le scienze hard, e in effetti tutta l'accademia, lavorano secondo quello che Eric Raymond chiama il modello della cattedrale; un modello organizzativo analogo a quello dei costruttori di cattedrali medievali e rinascimentali, piccoli gruppi di adepti, profondi conoscitori dell'arte arcana di creare il giusto equilibrio di pieno e vuoto, esperti costruttori e architetti, gilde chiuse a cui si accedeva tramite iniziazioni misteriose e precluse alle masse. Quasi solo l'informatica, da venti-trent'anni o meno a questa parte, adotta il modello del bazar: una comunità aperta a tutti, in cui tutti hanno voce - e credetemi, a volte la cacofonia può essere assordante - in cui l'unico criterio di selezione sono i risultati, in cui tutti i contributi vengono accettati o rifiutati solo alla prova dei fatti. Questo modello è stato formalizzato a cavallo del secolo dal cosiddetto movimento Open Source, ma la tendenza esisteva da molto prima, nel famoso MIT Media Lab di Richard Stallman da cui è nata la Free Software Foundation, nei gruppi di lavoro dell'Università della California, a Berkeley (la Berkeley Standard Distribution, o BSD, nelle sue varie incarnazioni, è ancora lo standard per Unix, e costituisce il fondamento su cui Linux è stato costruito) e a San Diego (oggi dimenticato, l'UCSD Pascal è stato il primo sistema a p-code in grado di farsi strada nel mondo reale, ispiratore delle macchine virtuali Java).

Senza voler entrare nei dettagli o scatenare una guerra di religione, è un dato di fatto che il modello organizzativo del bazar funziona: funziona talmente bene che sistemi operativi come Linux e applicazioni come Apache (il software che fra le altre cose sta mandando al vostro browser questa pagina), creati da dilettanti e supportati da appassionati distribuiti in tutto il mondo, sono oggi la principale minaccia commerciale per un colosso come Microsoft. Non si tratta di un sistema perfetto, per carità, qualunque sistemista Linux ha la sua personale collezione di racconti del terrore, derivanti in primo luogo dal fatto che spesso da un bazar non c'è modo di tener fuori gli imbecilli e poi dalla disarmante costatazione che l'informatica è l'unica scienza in cui la sociopatia viene considerata un tratto caratteriale positivo (ci devo fare su un post, uno di questi giorni); ciononostante, è l'idea che sta alla base della cosiddetta rivoluzione informatica che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni della nostra vita.

L'idea di Danilo, come me l'ha presentata Mrs. Inminoranza, è sostanzialmente di applicare lo stesso principio alla selezione dei lavori scientifici e accademici: invece di una rivista col suo gruppetto di referee , un sistema aperto in cui gli autori sottopongono i propri lavori e chiunque possa dimostrare la propria competenza in materia può fare da referee, ed un lavoro diviene pubblicabile se ha avuto un certo numero di review positive (ogni review negativa, ovviamente, ne cancella una positiva). Il diavolo è nei dettagli, come dicono gli inglesi: cosa vuol dire "dimostrare la propria competenza"? Nel mondo open source è facile: la tua competenza viene dimostrata dalla qualità del tuo lavoro. Vuoi lavorare al kernel di Linux? Nessuno ti vieta di sottoporre una patch a questo o quel modulo che riduca la dipendenza da ndiswrapper, se ne sei capace - anche perchè non ci vuole molto a compilare il modulo e a vedere se effettivamente la scheda wi-fi del portatile funziona o fonde; la tua competenza, nel tempo, verrà misurata in base alla qualità e all'entità dei tuoi contributi: nel bazar, la bancarella con più gente davanti è in generale quella con i prodotti migliori o più necessari ad ogni famiglia. Laddove si parte da un modello-cattedrale, ed in cui è obiettivamente più difficile se non impossibile portare contributi originali (non sono in molti a potersi costruire in casa un supercollider o un apparecchio per la PCR, se non altro per ragioni di spazio), la competenza di un laureando in biochimica, che magari sarebbe perfettamente in grado di esprimere un giudizio su un articolo, è estremamente difficile da dimostrare senza un formale processo fatto di esami e, ancora, peer-review del suo lavoro. È il problema dell'uovo e della gallina, e senza questo sistema di certificazione, potremmo dire, della competenza, si finisce al modello Wikipedia, in cui nella migliore delle ipotesi si spaccia per verità scientifica l'opinione della maggioranza, e nella peggiore migliaia di dipendenti della Glaxo-Smith-Kline danno parere positivo a tutti gli articoli scritti da ricercatori della Glaxo-Smith-Kline, compresi quelli che raccomandano di imbottire le donne incinte di tutti i fondi di magazzino della Glaxo-Smith-Kline perchè fanno tanto bene. E prima che un lettore proponga la soluzione banale, quella di permettere l'accesso al lavoro di review solo a chi rivendica titoli in materia (laurea, dottorato, cattedra), faccio notare che questa è la soluzione banale del modello-cattedrale, quella in cui l'appartenenza al gruppo degli iniziati ottenuta non tramite l'esame delle competenze specifiche ma attraverso una più o meno oscura procedura di iniziazione, garantisce la possibilità di lavorare alla costruzione della cattedrale. In altre parole, il mondo è pieno di imbecilli con una laurea - ci sono fior di laureati a pieni voti in informatica a cui non farei neanche guardare il mio computer di casa, senza nemmeno arrivare ai miei server - e d'altra parte conosco almeno una persona che di zoologia e biologia evoluzionistica ne sa abbastanza da poter dare punti a fior di accademici pur senza aver, credo, mai messo piede in un dipartimento di biologia o scienze naturali. Il problema di un sistema del genere è arrivare ad un metodo di valutazione delle capacità che sia deciso dall'applicazione, in qualche modo, di quelle stesse capacità. Questo è il vero segreto del successo del movimento Open Source, la spietata applicazione di principi darwiniani: tutti sono uguali, in partenza, tutti vengono gettati nella stessa arena, l'autorevolezza deriva solo da quanto a lungo si riesce a sopravvivere.

L'unica via d'uscita dal modello-cattedrale è una soluzione che permetta di gestire la transizione, permettendo a chiunque abbia un certo numero di pubblicazioni alle spalle di valutare gli articoli futuri - la capacità di pubblicare, di creare lavori scientificamente rilevanti (col vecchio sistema di peer-review chiuso) è una misura della capacità di una persona - non la migliore, certo, ma ancora, l'unica metrica possibile che si basi sui risultati - del resto, anche l'Open Source non pretende di essere il sistema migliore possibile, ma è uno di quelli che alla fine, magari dopo aver imboccato la strada sbagliata una ventina di volte, producono i risultati migliori e più affidabili. Non è un caso che nei commenti a corredo del codice sorgente del kernel (il nucleo del sistema operativo) di Linux, la parola "crap" ricorra 160 volte, "bastard" 20, "fuck" 60 e "shit" 100.

Conviene precisare a questo punto che non mi preoccupa troppo, invece, il secondo problema di un modello open source della valutazione dei lavori, ossia convincere chi oggi viene pagato per fare il referee per una rivista a farlo gratis per un sistema centralizzato. Non mi preoccupa troppo perchè, a detta di quelli che lo fanno, i soldi sono veramente pochi e il lavoro fin troppo, fare il referee non è per nessuno una fonte primaria di reddito e se lo si fa lo si fa per il prestigio che dà il titolo di referee di questa o quella rivista - e ancora, un sistema aperto conviene in termini di prestigio perchè è, appunto, l'unico e pertanto il più autorevole dei sistemi di valutazione - molto meglio che fare il referee per una rivista magari a basso impact factor che non legge nessuno

Per riassumere: un sistema in cui gli articoli vengano sottoposti ad un sito/database, referee scelti casualmente ed in grande numero fra quelli con un numero sufficiente di pubblicazioni in un'analoga branca del sapere, per giungere ad una sorta di imprimatur di pubblicabilità accettabile dalle riviste che possono fare a meno del proprio sistema di peer review.

In realtà questo modello apre poi la porta, oltre che ad un modello open source del giudizio di pubblicabilità, ad un modello che fa direttamente a meno delle riviste. Oggi, che un articolo venga pubblicato su carta o in rete fa veramente poca differenza, la versione cartacea delle riviste è da un lato una sorta di status symbol e dall'altro un modo che hanno le varie società nazionali di questa o quella disciplina di finanziare i propri congressi estivi di due settimane a Capri (chi ha mai sognato di abbonarsi al Nuovo Cimento per poi scoprire che costa più di un mutuo alzi la mano); dal punto di vista dell'autore, che per la pubblicazione non viene pagato, è l'impact factor della rivista a fare la differenza, e l'impact factor è funzione, alla fine, dell'autorevolezza di chi pubblica e della qualità dei lavori - un sistema aperto, in cui si può pubblicare senza sottostare ai ricatti e alle arbitrarietà del sistema chiuso della peer review e in cui i lavori sono poi liberamente accessibili, potrebbe fare molto sia per la visibilità dei ricercatori, sia (soprattutto) per la visibilità delle scienze. In un mondo in cui i creazionisti stampano milioni di copie di pamphlet e libercoli indegni anche di essere usati come carta da cesso, e li spediscono gratis a scuole, insegnanti, parrocchie e famiglie, in un mondo in cui preti che non sfigurerebbero in un romanzo di Philip Pullman spiegano alle liceali che il cancro al collo dell'utero è cosa buona e giusta perchè è una punizione divina per la promiscuità sessuale, in un mondo in cui la vecchia battuta di Roberto D'Agostino su "Hegel, Stielike e Rummenigge" suscita immancabilmente la domanda "ma dove giocava Hegel? Nel Bayern?", costringere chi vuole leggere online un articolo di biologia evoluzionistica a pagare dai 25 ai 40 dollari è in ultima analisi autolesionistico, trasmette al pubblico (che alla fin fine, pagando le tasse, finanzia il sistema scientifico/accademico) un'idea da torre d'avorio e lascia la porta aperta a chi, invece, facendo del parassitismo a spese della credulità popolare il proprio business, diffonde il proprio messaggio di ignoranza ed oscurantismo ascrivendo i fondi spesi alla voce spese pubblicitarie, come del resto farebbe qualunque azienda di questo mondo.

Oh, poi sia chiaro: questo è un divertissement, non ho mica intenzione di riformare il mondo accademico e il suo sistema di attribuzione del prestigio. Se proprio voglio suicidarmi, vado a Brixton e mi metto a gridare insulti razzisti in un pub. È più rapido e meno doloroso.