14 febbraio 2008

Recensione


Questo è quel che viene chiamato un guest post - un lettore di questo blog, letto il mio post in memoria di sir Edmund Hillary, mi ha mandato la sua recensione di un bellissimo libro che è capitato anche a me di leggere, Aria Sottile, di John Krakauer, ed. Corbaccio (Into Thin Air per chi volesse leggerlo in originale). Non dico che mi ha cambiato la vita, no, ma mi ha fatto vedere un mucchio di cose sotto una luce diversa.


Aria Sottile

Una colossale piramide a tre lati. Da una parte i tibetani la chiamano Chomologma, che vuol dire dea di non ricordo cosa. Dall'altra parte i nepalesi la chiamano Sagarmatha, che vuol dire dea dell'aria. Nell'occidente è comunemente nota come monte Everest, la cima più alta del pianeta, 8848 metri sul livello del mare.

Arrivare in cima dalla via più semplice, lato nepalese, è relativamente facile. Il problema maggiore non sono le difficoltà alpinistiche ma la quota. Sopra gli 8000 metri di quota c'è un terzo dell'aria che c'è al livello del mare, e quindi un terzo dell'ossigeno. Tutto diventa faticosissimo, tutto diventa ansimare, i tempi si dilatano, le reazioni umane sono distorte. Il mondo della scienza riteneva addirittura che con un terzo di ossigeno a disposizione il cervello subisse danni irreparabili. L'unico che non ci credeva ed ha fatto di testa sua era Messner. Ha rotto il tabù, dimostrando che un fisico fuori dal comune e ben allenato può comunque andare là in cima senza subire danni e tornare sano e salvo. Poi molti altri, poi.

Jon Krakauer è un alpinista americano che scrive per Outside, rivista "naturalistica". Il direttore gli propone di partecipare ad una spedizione sull'Everest e farne una relazione. Accetta. Il libro, "Aria sottile" è il titolo che allude all'aria rarefatta di quelle quote, è il racconto di quell'esperienza.

Dal punto di vista letterario non mi entusiasma affatto, non mi è proprio piaciuto. L'unica cosa che mi pare abbia centrato è il lasciare sempre il lettore col desiderio di leggere anche la prossima pagina. Anche perchè la vicenda sembra veramente irreale, quasi un romanzo invece della realtà. La differenza sta nei valori in cui crede l'uomo contemporaneo, talmente assurdi e distorti dalla realtà da apparire insensatezza, incoscienza, a volte pazzia.

Andiamo per gradi e proviamo a ripercorrere la vicenda. Il Nepal è paese poverissimo, talmente povero che il turismo è di gran lunga la voce di entrate più consistente. L'alpinismo viene considerato una forma di turismo, ed infatti per salire una montagna bisogna avere il permesso. Che costa. Nel 1991 il permesso per salire sull'Everest costava circa 2500 dollari. Ma due fattori spinsero il governo nepalese ad alzare il costo a livelli stratosferici:
- limitare l'eccessivo numero di richieste e quindi un pericoloso sovraffollamento sulla montagna
- limitare le tonnellate di rifiuti che le spedizioni lasciavano sia al campo base sia sulla montagna

La conseguenza fu che per salire sull'Everest bisogna avere uno sponsor robusto oppure essere benestanti. Ed il fatto che i benestanti esistano ha fatto nascere le spedizioni commerciali. In pratica piccole società formate da guide alpine d'alta quota che, come fosse un pacchetto vacanza da agenzia di viaggio, ti offrono la salita sull'Everest tutto compreso, da quando scendi dall'aereo in Nepal a quando riparti. Krakauer, o meglio la rivista per cui scriveva, pagò nel 1996 la cifra di 65000 dollari, che comprendeva appunto permesso di salità, alberghi, trasferimenti, vitto ed alloggio, assistenza di guide e portatori, assistenza medica e logistica (possibilità di chiamare casa con telefono satellitare ad es) al campo base, corde e tende in parete già predisposte, dotazione radio, ecc.

Partecipare ad una di quelle spedizioni è quindi un qualcosa di vagamente militare. Tutto è già organizzato, voi decidete ben poco dopo l'affiliazione. In parete poi tutto è rigidamente militare, cioè la guida ha tutto il potere decisionale e il partecipante deve obbedire.

E' un concetto che fa totalmente a pugni con la sicurezza. Basterebbe la piccola obiezione "e se cade un sasso in testa alla guida io che faccio da solo ad 8000 metri?".

Scorriamo veloci: eccoci comunque al campo base, 5300 metri di altezza. Più di 200 tende ed una marea di persone. Spedizioni americane 3, una di taiwan, una sudafricana, una indonesiana, ecc. E' impossibile salire sull'Everest d'inverno, per le temperature polari ma soprattutto per un vento continuo che lo flagella a velocità spesso superiori ai 100 km/ora. E' molto difficile salire l'Everest d'estate per la presenza del monsone. Rimane quindi come utile una finestra temporale tra quando finisce l'inverno e quando arriva il monsone. Due o tre settimane, o qualcosa in più, a seconda dell'anno. Quindi riunione al campo base tra i capi spedizione per stabilire un calendario che assegni ad ogni spedizione alcuni giorni disponibili, dato che gli ingorghi (in alcuni tratti si passa uno alla volta) in parete è meglio evitarli. Calendari che qualcuno non rispetta, ovviamente. Sembra già fantascienza ma è realtà. Così come il predisporre le corde sull'itinerario viene diviso in tratti assegnati a spedizioni diverse, ed al solito qualcuno puntualmente disobbedisce.

Segue l'acclimatamento all'alta quota, un fare l'abitudine all'aria sottile, con poco ossigeno. Le guide portano i clienti al campo 1, poi li riportano al campo base. Poi li fanno salire al campo 2 a 6500 metri di quota e li fanno dormire li una notte, e ridiscendere. E via dicendo. Fino al giorno dell'assalto finale, dal campo 4 ad 8000 metri di quota fino alla vetta.

Manca un dettaglio sulle due maggiori spedizioni commerciali americane. Una delle due non era riuscita a portare nessun cliente in vetta l'anno precedente. Maltempo, certo, ma un secondo insuccesso consecutivo non è un bel biglietto da visita per il futuro. La seconda aveva come cliente una multimiliardaria americana dell'alta società. Fossero riusciti a portarla in cima...

Ora, asserire che ben precisi interessi economici abbiano influito pesantemente su certe decisioni è ovviamente ridicolo. Di sicuro però c'erano a livello inconscio. Ed in un attimo di indecisione potrebbero essere stati quel quasi nulla in più che però serve per far spostare il piatto della bilancia da una parte, quella sbagliata.

Assalto finale, dal colle sud ad 8000 metri, campo 4, alla vetta. Un comandamento solo: le 13, massimo le 14. Poi basta. Se per quell'ora non si è in vetta girarsi e scendere, tornare giù. Perchè la in cima ogni tre passi devi fermarti a riposare, per fare 100 metri ci metti un ora. E non riuscire a tornare al campo 4 vuol dire fare una notte all'aperto, senza sacco a pelo, senza cibo e stanchissimo. Solo Messner, Bonatti o gente simile è sopravvissuta. Ma qualli son tizi che se si scontrano con un bisonte muore il bisonte.

Eccoci al finimondo, il 10 maggio. Assalto alla vetta, tratti di parete che avrebbero dovuto avere la corda e non l'avevano, guide che dopo aver predicato bene permettono incapibilmente di sforare con l'orario (qualcuno è stato atteso in vetta addirittura alle 16), qualcuno che doveva avere la radio ma invece non la aveva, ed il maltempo, una tempesta che arriva.

Un qualcosa che notavi appena arrivare da fondovalle, una via di mezzo tra nuvole apparentemente insignificanti ed una nebbiolina. Così apparivano, vista da 8000 metri, viste da sopra. Invece era maltempo, tempesta, nemmeno troppo forte per essere l'Everest.

Pagine e pagine di tutto quello che successe, minuto per minuto, vissuto e ricostruito. 9 morti. Spaventoso. La visibilità che cala a zero, la temperatura crolla, comincia la furia del vento e della neve. E comincia anche il caos: i clienti benestanti si rivelano per quello che sono: clienti benestanti totalmente incapaci di prendere decisioni in un ambiente che non è il loro, sotto stress e sfiniti. Tra i morti ci sono tre guide. Tutte hanno messo a repentaglio la loro vita per salvare il salvabile, e tre l'hanno persa, la vita.

Scrivevo poco sopra "La differenza sta nei valori in cui crede l'uomo contemporaneo, talmente assurdi e distorti dalla realtà da apparire insensatezza, incoscienza, a volte pazzia." E l'uomo comtemporaneo crede che con i soldi si possa comprare tutto. Anche una guida forse, che dovrebbe sopperire alla mancata conoscenza dell'ambiente. Manca l'umiltà, manca il rispetto.

Qualcuno scrisse : "Andare sulle montagne è un po' come fare un rodeo. A volte il toro ti butta a terra, a volte riesci a stargli in groppa. Solo che la montagna è talmente potente che non ha bisogno di scrollarsi per buttarti a terra."

Ci aggiungerei "Avete mai visto qualcuno che monta in groppa ad un toro accompagnato da una guida?"

Tra tutti i libri di alpinismo che ho letto, seppur avvincente come thriller assurdo, questo mi è sembrato fantascienza.

Otto

1 commento:

Unknown ha detto...

E' lo stesso di "Into the wild". Sul tema uomo e natura secondo me c'è di meglio, per "Uomo e montagna" non so.
Marco