Mi ci hanno tirato dentro in due, a questa catena, l'anziano papà del mio amico Mmatteo e lo scettico scientista cicappino Alekhine, diffamatore di poveri maghi taroccari ed evocatori di angeli su Usenet. Mi impongono di nominare un libro che dovrebbe andare in un'ipotetica biblioteca della memoria sulla Shoa. Non è un compito facile, prima di tutto perchè, confesso, sulla Shoa non ho letto quanto probabilmente avrei dovuto, e poi perchè come la maggior parte dei goyim che non ci sono stati coinvolti nemmeno di striscio, quel che ho letto è relativamente scontato e probabilmente è stato nominato al primo anello della catena - La banalità del male, I volenterosi carnefici di Hitler, il Diario di Anna Frank - e quest'ultimo, confesso, l'ho pure odiato in quanto impostomi a scuola: ho sempre pensato che, come nello sketch dei Monty Python, se a scuola si facesse l'ora di sesso acrobatico, il sistema d'istruzione riuscirebbe a renderla talmente noiosa che i ragazzi si porterebbero in classe le opere di Tacito e Orazio per leggerle di nascosto sotto il banco mentre gli insegnanti dimostrano la posizione numero 318, o del dragone ansimante.
Comunque.
Scartati i libri che trattano della rivolta del Ghetto di Varsavia da un punto di vista storico-militare, c'è un libro che secondo me nella biblioteca della memoria non dovrebbe mancare, sebbene non tratti propriamente dell'Olocausto ma, semmai, della memoria: ed è Denying the Holocaust, di Deborah Lipstadt - non so se ce ne sia una traduzione italiana.
Aggiungo allo scaffale questo libro perchè credo che difendere la memoria sia importante per difendere il presente: perchè chi cerca di sminuire i crimini del passato ha tutta l'intenzione, o almeno la speranza, di ripeterli. Guardate un po' chi dice, oggi, che i neri sudafricani stavano meglio quando c'era l'apartheid perchè tutti avevano un lavoro (tutti i bianchi ce l'avevano: e i neri in quanto neri erano sotto il radar, non esistevano): sono le persone che se potessero ricreerebbero un sistema di apartheid in casa nostra, oggi. Guardate chi dice che Ruanda e Congo stavano meglio sotto i belgi, ora che c'è la guerra civile - sono quelli che sotto sotto avrebbero approvato gli stermini operati da re Leopoldo, quelli che se si ripetessero oggi li approverebbero con altrettanto malcelato entusiasmo. Difendere la memoria dei crimini, dopo che le vittime e i testimoni sono scomparsi, è importante, non per la memoria in sè, ma per gli anticorpi che questa consapevolezza produce.
Fra trent'anni, se possibile, voglio che si ricordi il mattatoio a cielo aperto che è Gaza oggi, voglio che chi ha commesso crimini paghi non tanto con la galera ma col disprezzo, col ricordo di quei crimini. Non voglio, fra trent'anni, dover prendere a schiaffi mio figlio (anche perchè avrò una certa età) per avermi detto, davanti ad una crisi di governo, ad una sommossa di piazza o ad una crisi economica in Palestina, che tutto sommato i palestinesi "stavano meglio sotto gli israeliani, che gli hanno fatto solo favori", o che sotto sotto se la sono cercata. E se succederà, sarà perchè avremo permesso che la memoria dei crimini, di tutti i crimini, diventi flessibile ed adattabile a momentanee necessità di tattica politica.
A questo punto dovrei aggiungere 5 blogger a cui passare la palla, che è la parte difficile di questo gioco.
Il primo blog è ovviamente quello di Mrs. Inminoranza, che tratta di cose che non c'entrano nulla. Vado sul sicuro perchè so che non partecipa alle catene.
Il secondo è quello di Dacia, che so che ha già un libro pronto, così si fa in fretta - e no, non è di Faurisson.
Il terzo è quello di Ipazia: il presente vale come sollecito.
Il quarto è quello di Palmiro, così facciamo vedere a tutti che i lettori di fantascienza pulp ogni tanto leggono anche roba seria.
Il quinto è quello di Ladytux - così magari la spingo a scrivere di più, visto che aggiorna il suo blog molto meno di frequente di quel che mi piacerebbe