15 novembre 2006

Democracy Now


Quello di Democracy Now! è un podcast che cerco di non perdermi mai, una delle poche fonti di informazione indipendenti dall'interno degli USA (certo, è di parte: chi non lo è? Ma è, se non del tutto imparziale, realmente indipendente).

Il podcast di oggi, o meglio di ieri sera, era particolarmente interessante, e conteneva un'intervista al brigadiere generale Janis Karpinski. Per chi, come me, ha una pessima memoria per i nomi, sarà il caso di ricordare che Janis Karpinski era al comando della famigerata prigione di Abu Ghraib quando scoppiò lo scandalo delle torture, ed è il militare USA più alto in grado ad aver ricevuto una punizione per gli eventi di quei giorni.

Chi ha seguito i fatti in quei giorni sa che il caso di Abu Ghraib era ben lungi dall'essere l'unico in Iraq, e se è venuto alla luce è solo perchè era la punta dell'iceberg di una lotta che si combatteva al Pentagono da prima del 2003, fra i militari di carriera, che volevano un sistema meritocratico, e la cricca di Rumsfeld e degli ultraconservatori, che volevano fra le altre cose escludere completamente le donne dalla carriera militare. L'unico motivo per cui il caso Abu Ghraib esplose, invece di passare completamente sotto silenzio, fu proprio la presenza di Janis Karpinski - donna, generale di brigata, addestrata con le forze speciali; un capro espiatorio perfetto, un caso esemplare, da presentare alla stampa in catene per "provare" che le donne nelle forze armate non ci potevano stare: non è un caso che poco dopo lo scoppio dello scandalo il DoD passò una nuova serie di regolamenti che riducevano di molto gli impieghi operativi delle donne in prossimità di zone di combattimento.

Tanto il caso fu montato, che la Karpinski dovette essere punita amministrativamente e degradata a colonnello prima di essere più o meno costretta a lasciare le forze armate: non si arrivò mai ad un processo, dove avrebbe potuto dire le stesse cose che dice nell'intervista, ossia che lei non era al comando di Abu Ghraib ma comandava amministrativamente 17 prigioni in Iraq; che Abu Ghraib era stata posta sotto il suo comando con lo scopo esplicito di chiuderla e trasferire i pochi prigionieri ad altri siti, ma che l'incompetenza dell'intelligence militare e la dottrina Rumsfeld di "lasciare mano libera" alle forze incaricate dei rastrellamenti l'avevano riempita oltre i limiti, costringendo l'amministrazione ad impiegare come guardie carcerarie non i pochi MP assegnati ad una prigione in corso di chiusura, ma letteralmente chiunque si trovasse lì ed indossasse un'uniforme; che i militari dell'intelligence che conducevano gli interrogatori erano stati esplicitamente sottratti al suo comando, così come gli MP che gli ufficiali dell'intelligence avevano cooptato per farsi aiutare; tutte cose che avrebbero spostato l'attenzione dei media verso i veri responsabili dello scandalo.

Questo non era accettabile - per cui le fu offerta una via d'uscita onorevole in cambio del suo silenzio. Una punizione amministrativa, pensione, full benefits; dopotutto, anche come responsabile amministrativa, avrebbe avuto le sue brave responsabilità se si fosse andati ad un vero e proprio processo, specie se il DoD avesse deciso di andare il più a fondo possibile: ci sono molti modi per far apparire la riduzione in grado e il pensionamento come prospettive attraenti.

Tanto, di nuovo, il caso fu montato, che al processo per crimini di guerra a Donald Rumsfeld che sta venendo intentato in Germania, il colonnello (a riposo) Janis Karpinski è stata convocata - ma come testimone, non come imputato.

Per qualche motivo, in Europa il caso fu presentato in maniera molto semplice. La stampa di destra, ovviamente, si limitò a seguire la linea indicata dal Pentagono: la catena di responsabilità si fermava al comandante della prigione (e le donne sono emotivamente troppo fragili per i compiti di prima linea); mi lascia un po' più perplesso che anche la stampa di sinistra non abbia mai scavato un tantino più a fondo nella faccenda, gridando genericamente allo scandalo e al Grande Satana (tm) e dipingendo la Karpinski, per quel che mi ricordo, alternativamente come una vittima presa in mezzo a circostanze più grandi di lei e una specie di angelo della morte dei nostri tempi.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

splendido, lo linko subito.
fossi in te lo manderei su kilombo

Eugenio Mastroviti ha detto...

Buona idea, mandato.

Anonimo ha detto...

Interessante, ma la Karpinski E' colpevole. Se sei al comando lo sei comunque. Non lo sapevi? Colpevole per negligenza. Hanno sottratto degli uomini al tuo comando? Colpevole per non aver protestato formalmente. Hai poche risorse? Colpevole. Processare Rumsfeld, per quanto faccia titolo, e' stupido: provarne la colpevolezza in tribunale penso sia impossibile. Processare i responsabili diretti e' non solo doveroso, e' anche facile. Detto questo i militari di carriera avevao piu' che ragione su quasi tutto: se invadevano stile IIGM con 400.000 uomini come chiedevano non saremmo probabilmente a questo punto.

Eugenio Mastroviti ha detto...

La Karpinski è colpevole, sicuro - è la leva che avevano per farle accettare la riduzione in grado e il congedo. Rumsfeld e i comandi militari sono altrettanto colpevoli (fra l'altro la Karpinski HA protestato formalmente, che io ricordi: non che questo sia servito a qualcosa).

Processare Rumsfeld magari non è stupido, anche se è sicuramente un gesto vuoto, nel senso che è come processare il governo cinese per le violazioni dei diritti umani: potrai anche provarne la colpevolezza (i memorandum sui metodi di interrogatorio ci sono, e pare siano anche compromettenti), ma non è che ci siano speranze che la Cina li estradi. Allo stesso modo si sa che il governo USA, che già non riconosce diritti ai non-americani, non estraderà mai un Rumsfeld, quali che siano le sue responsabilità

Io apprezzo il gesto, comunque, e poi, hai visto mai fra vent'anni se ne va a Londra per farsi curare le potenti emorroidi che tutti gli augurano, e un giudice inglese decide di estradarlo... :)

Anonimo ha detto...

Non sono daccordo: o e' un gesto vuoto, il che vuol dire che non si riuscirebbe a provarne la colpevolezza in un tribunale, o non lo e', il che vuol dire che si riuscirebbe a provarne la colpevolezza in tribunale. Io penso che il primo caso sia piu' reale, e non per chissa' quali oscure trame ma perche' le sue responsabilita' sono politiche e non penali. Quelle di chi ha tollerato - o ordinato se si riuscira' a provarlo - le torture sono invece responsailita' penali provabili in un tribunale.
Ora, io penso che un processo nel quale non c'e' possibilita' di arrivare ad una condannza non solo sia inutile ma sia anche dannoso al concetto stesso di legalita', se poi ci metyti che per celebrare questro processo dannoso non ne celebri uno che e' possibile portare a termine, beh il danno e' doppio.

Anonimo ha detto...

Più che altro mi piacerebbe capire quale sia la legittimità della giurisdizione tedesca per un tale processo.

Probabilmente ci dev'essere qualche legge di quel Paese che afferma il proprio diritto a perseguire le violazioni dei diritti umani da chiunque commesse ed ovunque nel mondo.

Ecco, allora non è il processo che è stupido.
E' la legge ad esserlo, o meglio coloro che l'approvarono.

Ma parecchio stupidi!
Con buona dose di malafede, anche.

Anonimo ha detto...

Maedhros, il problema della giurisdizione lo davo per scontato. Ultimamente pare che la territorialita' del diritto sia diventata un optional: pensa alle pretese belghe o a certi processi italiani riguardo a crimini commessi cotnro cittadini italiani su suolo straniero da stranieri.