27 aprile 2006

Sinistra tosta, sinistra moscia


Qualche giorno fa ho rilanciato qui l'annuncio dell'Euston Manifesto. In qualcosa come due settimane si e' aperto un dibattito che ha catturato l'attenzione di molti, su blog, giornali e radio: "Euston Manifesto" e' stato per qualche tempo nella top 10 delle ricerche su Technorati, e anche il mio blog, nel suo piccolo, ha visto aumentare di parecchio gli hit grazie a gente che googlava quelle parole.

L'annuncio ha anche generato molte critiche, sia qui in UK sia, ho scoperto, in Italia. Alcune critiche sono strumentali e non meritano piu' che una menzione passeggera, tipo "Ha ha, XXX ha firmato, e' di destra, vuol dire che siete di destra", o il suo equivalente italiano, "Piacete al Foglio, quindi siete di destra". Chi si riduce a fare questo tipo di osservazioni, e interpreta la realta' con simili parametri, ha gia' una vita tristissima di suo, e mettercisi pure a discutere mi sembra crudele (ciao, Serg1, mi leggi ancora? Sono sorpreso).

A parte i casi patologici, comunque, esistono tre gruppi di critiche che vengono mosse al Manifesto di Euston: critiche sui contenuti, critiche sui fondamenti, e critiche dovute a malintesi.

Discutiamo prima dell'ultima categoria: l'Euston Manifesto e' stato definito il manifesto della sinistra "interventista" o "filoamericana", e in questo mi sembra ci sia un malinteso, che nasce in parte dal fatto che il New Statesman, fra i primi a parlarne, ha pensato di attribuire al gruppo le opinioni di Norman Geras, uno degli estensori. L'Euston Manifesto Group non e' filoamericano e non e' interventista: semplicemente, non pone come pregiudiziali per l'adesione l'essere contro l'intervento in Iraq o contro gli USA; riconosce che possono esistere, per quanto le si possa
non condividere, motivazioni per l'intervento in Iraq. Un articolo in proposito l'ha scritto Alan Johnson, uno dei firmatari originali, contrario alla guerra, ed un altro viene da Shalom Lappin, entrambi ospitati su normblog. Parlare di "manifesto della sinistra interventista" e' sicuramente impreciso per quanto riguarda la guerra in Iraq; potrebbe essere appropriato, in senso generale, guardando al punto 10, laddove dice (cito dalla traduzione del Foglio):

Se minimamente uno stato protegge la vita quotidiana dei propri cittadini (senza torturare, uccidere o massacrare la popolazione, e soddisfacendone i bisogni essenziali per la sopravvivenza), allora la sua sovranità va rispettata. Ma quando uno stato viola atrocemente la vita quotidiana dei cittadini, ha rinunciato alla propria sovranità e la comunità internazionale ha il dovere di intervenire e prestare soccorso. Quando si arriva alla disumanità, vige il dovere di proteggerne le vittime.
il che giustificherebbe il concetto di intervento umanitario, che a quanto pare e' giustificato ed anzi auspicabile solo quando non viene messo in pratica (Darfur, Rwanda), ma inaccettabile e colonialista quando viene in effetti posto in essere (Bosnia, Kosovo, Somalia).

La seconda categoria di critiche comprende quelle che chiamo critiche sui fondamenti. Sono critiche rispettabilissime, lo dico immediatamente, anche se personalmente non le condivido, e mi concentro solo su quelle italiane, un po' perche' il dibattito in UK e' troppo vasto per darne un'idea qui, un po' perche' sono troppo pigro per mettermi a tradurre tutto quello che dovrei per dare un quadro decente della discussione. Cito ad esempio Kamau, in un articolo che vale la pena di leggere (cosi' come i commenti): la critica, qui, verte sulle premesse di base, ossia sul fatto che gli estensori del Manifesto hanno abbandonato il marxismo e la pratica rivoluzionaria, e considerano complessivamente accettabile il sistema politico-economico occidentale laddove si riesca a influenzarlo in senso socialdemocratico. La critica e' in larga parte comprensibile: l'Euston Manifesto e' molto vago sulle questioni economiche, e quel poco che dice va nella direzione di un capitalismo dal volto umano, sulla modifica normativa delle istituzioni esistenti piuttosto che sul loro rovesciamento o sulla loro eliminazione; chi ritiene la pratica rivoluzionaria, oggi, la via da seguire per l'Occidente, chi ritiene che la globalizzazione possa/debba essere fermata, chi ritiene che cambiare le regole e la cultura non sia che un'operazione cosmetica, non puo' in alcun modo sottoscrivere il Manifesto. Fin qui, tutti d'accordo; l'unico problema che ho e' con l'idea che per cio' stesso chi si riconosce nell'Euston Manifesto non sia di sinistra: che la sinistra si debba identificare strettamente ed esclusivamente con la critica radicale/marxista e con la pratica rivoluzionaria a breve o lungo termine. Questo, semplicemente, non e' mai stato vero, neanche durante la breve egemonia del comunismo messianico di stretta osservanza sovietica; la storia della sinistra europea e' una storia ricca e complessa, di cui Marx e la pratica rivoluzionaria sono parti importanti, fondamentali, ma sicuramente non uniche. Purtroppo, la storia della sinistra europea e' anche la storia di un sacco di gente che passava il proprio tempo a conferire patenti di ortodossia e a comminare scomuniche, e molte delle critiche all'Euston Manifesto risentono esattamente di questa abitudine - se fossimo in Brian di Nazareth, mi aspetterei da un momento all'altro un gruppo di blogger che mi gridano "Parolaio!" quando gli passo davanti.

Ragazzi, rassegnatevi: esiste anche una sinistra che non ritiene fattibile - e probabilmente neanche auspicabile - una rivoluzione proletaria in Europa, e che la globalizzazione economica sia un fatto che non siamo in grado di fermare, quand'anche lo volessimo, ed e' il caso di cercare di pilotarla in una direzione che sia eticamente accettabile. C'e' chi ritiene che Seattle e Genova siano la strada da seguire; c'e' chi ritiene che la strada da seguire sia quella della cancellazione del debito, che, con buona pace di Casarini & co., non e' stata ottenuta "violando la zona rossa"; credo che faremmo un gran bene evitando di perder tempo a scomunicarci a vicenda.

La terza categoria di critiche e' quella delle critiche sui contenuti. Si tratta di critiche all'incompletezza del documento e alla definizione delle proprie posizioni, piu' che in conseguenza di un'analisi e di una riflessione, in base ad una contrapposizione critica con le posizioni di molta parte della sinistra europea; peggio, al fatto che il documento cerchi esplicitamente la contrapposizione e la critica con la sinistra "dura e pura" contraria alla guerra e alla svolta neoliberista di Blair.

Anche qui credo che buona parte delle critiche derivino da un malinteso di fondo. L'Euston Manifesto non e', e non vuole essere, un programma politico completo o un manifesto elettorale: e' un work in progress, e soprattutto e' inteso un po' come un sasso nello stagno ed un po' come un punto di aggregazione. E' vero, mancano le analisi economiche, mancano osservazioni sulle politiche di Blair, sull'Unione Europea, manca la critica radicale del sistema capitalista, manca un po' di tutto: perche' l'intenzione non era di fondare un partito, ma di mettere in evidenza certi punti, di richiamare l'attenzione su certi temi, e di ribadire che per alcuni, a sinistra, certi principi costituiscono ancora una discriminante forte; di contarsi, se vogliamo, di mandare un segnale ai partiti e ai movimenti esistenti, di dare voce ad una parte della sinistra che non ha visibilita', sommersa da associazioni per il disarmo nucleare che difendono il diritto dell'Iran all'atomica, da femministe che considerano il niqab "liberatorio", da paladini dei diritti umani che difendono la pena di morte a Cuba. Le critiche di incompletezza al Manifesto derivano dal considerarlo qualcosa che non e', dall'attribuirgli ambizioni che non ha.

E' vero, poi, che chi si riconosce nel Manifesto definisce la propria posizione in gran parte nella contrapposizione con certe idee di certa sinistra; ma d'altra parte non potrebbe essere altrimenti: chi si riconosce negli ideali di sinistra ma non nei fischi alla Brigata Ebraica il 25 Aprile, chi ritiene che la discriminante per distinguere amici e nemici sia la democrazia e non l'opposizione all'Occidente, si ritrova oggi ad avere ben strani compagni di strada; e se Berlusconi e Fini, o Cameron e Griffin, sono il nemico, la minaccia maggiore in questo momento viene dai George Galloway e Miguel Martinez di questo mondo, dai "cretini pagati da Calderoli" che pero' ai cortei sono sempre i benvenuti: perche' sono loro che stanno snaturando la sinistra, e la sinistra, vi piaccia o no, e' anche casa mia, e se la riducete ad un porcile io non ho piu' un posto dove stare, e questa, se vogliamo, e' una minaccia ben maggiore che avere contro uno come il nano pelato, perche' mina alla base la mia identita' politica e il mio senso di appartenenza.

Per cui si', e' vero, l'Euston Manifesto si definisce anche in base alla contrapposizione con un'altra parte della sinistra, ma lo fa solo perche' oggi, nel 2006, ci ritroviamo costretti a ribadire come se fossero affermazioni rivoluzionarie che picchiare una donna se parla senza permesso e' un crimine indipendentemente dalla religione di chi la picchia; che lo Stato deve essere laico senza compromessi, perche' e' l'unico modo per assicurare liberta' di religione per tutti; che la liberta' di religione non comporta l'esenzione da critiche; che le dittature sono male e la democrazia e' bene; che l'antisemitismo e' una forma di razzismo e come tale e' inaccettabile comunque. Se queste affermazioni sono, oggi, cosi' forti da determinare un contrasto con una parte della sinistra, a mio modestissimo parere il problema non e' dell'Euston Manifesto.

UPDATE: Ipazia scrive meglio di me - caso mai ci fossero dubbi.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie per il link e il commento.
anche se, nella mia critica, il marxismo e la pratica rivoluzionaria c'entravano poco.

il punto centrale è questo: i luoghi comuni raccattati dal manifesto di euston hanno tutti una cosa in comune: l'idea che "all good things go together". l'aspetto conflittuale della storia è completamente dimenticato: la crescita economica diventa possibile senza sfruttamente, la politica internazionale viene condotta in base al principio del bene universale invece che per la potenza nazionale, etc etc.

è un'idea rassicurante. ma corrisponde davvero alla realtà?

se fosse davvero così, del manifesto di euston non ci sarebbe nemmeno bisogno. se non fosse così, il manifesto sarebbe sbagliato ed egualmente inutile.

Eugenio Mastroviti ha detto...

Se vogliamo, hai messo il dito sulla piaga: il rispetto dei diritti umani, la democrazia, la lotta all'antisemitismo, non sono delle discriminanti forti: sono dei "luoghi comuni raccattati".

Poi non mi pare che il manifesto di euston cerchi di fotografare la realta' cosi' com'e': non dice che lo sviluppo avviene senza sfruttamento, dice che lo sviluppo DEVE avvenire senza sfruttamento, che deve seguire linee diverse; non dice che la politica internazionale viene condotta in base ad un principio di bene universale, ma che e' compito della sinistra andare in questa direzione.

Se le cose stessero gia' cosi', di molte cose, non solo del manifesto di Euston, non ci sarebbe bisogno. Se le cose NON POSSONO stare cosi' senza una rivoluzione, allora si', il manifesto di Euston e' sbagliato e inutile. Ma ancora, qui stiamo partendo, mi pare, da presupposti ideologici diversi: tu postuli la conflittualita', io no.

Anonimo ha detto...

il problema non è se la democrazia sia un valore positivo o meno. il problema è come ci si arriva alla democrazia.

il manifesto non lo spiega.

il problema non è se svilupparsi economicamente e socialmente, ma come.

nel manifesto i suggerimenti proposti non sono affatto convincenti. davvero basterebbe una riforma della istituzioni di bretton woods?

sarebbe bellissimo che lo sviluppo avvenisse senza sfruttamento. però, visto che è sempre stato così, mi si dovrebbe anche spiegare come.

Anonimo ha detto...

Caro Eugenio,

ti ringrazio dell'importanza che mi dai.

Ho risposto molto brevemente qui, tra i commenti a questo post:

http://www.kelebek.splinder.com/1146206399#7892753

Sei ovviamente invitato a replicare.

Nel caso non ti rispondessi subito, non te la prendere, è perché mi collegherò poco in questi giorni.

A presto

Miguel Martinez, traduttore di manuali tecnici più pericoloso di Berlusconi.

Eugenio Mastroviti ha detto...

Miguel

Noterai che ho scritto "i George Galloway e i Miguel Martinez di questo mondo"; t'ho preso ad esempio di una certa tendenza politica perche' hai una notevole rilevanza internettiana, ti piaccia o no - per un motivo o per l'altro, ti trovo citato un po' dappertutto, e c'era il caso che chi leggeva trovasse piu' facile risalire a te che, poniamo, a Costanzo Preve.

Quanto all'importanza che ti do, non a te ma ad una certa tendenza all'interno della sinistra, e' un'importanza che ti sei, che vi siete presi - perche' comunque esprimete le idee di una parte minoritaria, per ora, ma anche lei dotata di notevole rilevanza mediatica, della sinistra.

Ti considero "piu' pericoloso di Berlusconi" - e' ovviamente una boutade, ma contiene un fondo di verita', perche' ritengo che le idee di cui ti fai portatore (non solo tu, e' il caso di ripeterlo: se ti offende che ti abbia preso ad esempio, o ti ho dato l'impressione di considerarti un Grande Vecchio, ti faccio le mie scuse) possano snaturare la sinistra - dall'interno - molto piu' radicalmente di quanto possa fare Berlusconi dall'esterno; credo che certi valori della sinistra, i "luoghi comuni" dell'Euston Manifesto sulla democrazia, i diritti umani e i diritti dei lavoratori, siano alcuni degli elementi fondamentali che la differenziano dalle destre di questo mondo; abbandonati quelli, non esiste piu' molta differenza.

La questione di base e' quali siano le discriminanti: per me e' la democrazia, per te e' l'antiamericanismo - il che non significa che tu consideri la democrazia un fatto negativo, o che io sia filoamericano a priori, ma comunque il risultato e' che le nostre posizioni sono su molti punti assolutamente incompatibili. E onestamente, leggo il tuo blog su basi regolari, e per trovare altre idee con cui sono ugualmente in disaccordo tocca arrivare fino alla Lega o a Forza Italia - o a Forza Nuova.

Per quanto riguarda la tua risposta:

non sono un biologo, non mi considero di destra ma ovviamente le posizioni sono relative; non sono un radicale, anche se simpatizzo con alcune idee che la RnP ha portato avanti di recente;

non ho mai pensato di accusare te (o Galloway) di complotti; come ho spiegato sopra, siete due persone, uno per nazione, che hanno una certa rilevanza mediatica e sposano posizioni non identiche, ma similmente in contrasto con molte idee del Manifesto;

ritengo, ancora, che appartenere ad uno schieramento politico significhi anche cercare di difendere alcuni ideali che ti hanno portato in origine ad aderirvi; ho usato dei termini infelici nel post, non mi aspetto di smettere di esistere nel momento in cui la "mia parte" dovesse abbandonare certi ideali in cui credo; ma alla sinistra ho dedicato molti anni, molta fatica e molto impegno, quando ero in Italia, e me ne sento tuttora parte.

Eugenio

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio, purtroppo non ho tempo adesso, cercherò di risponderti con calma appena posso.

A presto

Miguel Martinez

Anonimo ha detto...

Caro Eugenio,

come promesso, eccomi di ritorno.

Risponderti seriamente richiederebbe molto tempo, per cui mi perdonerai se mi limito a qualche punto sparso.

1) Costanzo Preve è uno dei più noti storici del marxismo d'Italia, pubblica da trent'anni per importanti case editrici ed è stato letto con attenzione da più di una generazione di comunisti.

Io sono solo uno sconosciuto puntino in un branco di qualche milione di blogger - mi ha fatto sorridere il fatto che tu abbia usato il mio nome come se fosse qualcosa che non avesse bisogno di spiegazioni: che so, "un certo blogger di nome Miguel Martinez" sarebbe stato più appropriato.

2) Democrazia - teoricamente d'accordo, il problema è che il "potere del demos" (contrapposto al potere finanziario e oligarchico ad esempio) richiede una gran quantità di condizioni, storiche, sociali, economiche, e non è qualcosa di astratto, indipendente dai conflitti reali.

3) Sono americano (messicano e statunitense), per cui mi sarebbe difficile diventare... antiamericano.

4) Piuttosto, mi oppongo a tre cose strettamente correlate. Si tratta di tre concetti complessi, ma per capirci, usiamo una definizione semplice: i miei nemici sono capitalismo, imperialismo, razzismo.

Ritengo che per una serie di motivi storici gli Stati Uniti rappresentino il culmine di tutti e tre in questo momento. Se l'Italia o il Messico lo rappresentassero, sarei "antitaliano" o "antimessicano".

5) D'accordo che "destra" e "sinistra" sono termini piuttosto relativi, e ognuno dà loro un proprio significato.

Io scelgo di usare la parola "destra" per indicare appunto chi sostiene capitalismo, imperialismo e razzismo, tenendo sempre presente che gli ultimi due dipendono in larga misura dal primo termine.

6) Prendo atto che tu sia distante da me quanto tu lo sia da Forza Italia, la Lega e Forza Nuova.

Va benissimo, infatti non credo al dualismo manicheo, credo che esistano molte posizioni possibili, e che non possiamo ridurle sempre a due.

Ma concorderai che la distanza tra me e queste forze (la prima "capitalista e imperialista", la seconda "capitalista e razzista", la terza "imperialista e razzista") è almeno altrettanto grande.

7) Sul biologo - premesso che saremo d'accordo entrambi che non è un'offesa, ti chiedo scusa, mi sono sbagliato.

A presto

Miguel Martinez

Eugenio Mastroviti ha detto...

Miguel

brevemente perche' oggi tocca a me essere oberato.

Concordo su tutto - nel senso che trovo le tue risposte perfettamente giustificate e logiche, anche laddove non sono d'accordo (sull'antiamericanismo, per esempio, se non altro perche' ricordo tue diverse prese di posizione proprio sul termine).

Una sola cosa pero' non mi trova d'accordo, la stretta correlazione che postuli (punto 4) fra capitalismo, imperialismo e razzismo. Se ci fosse un rapporto di consequenzialita' diretta fra i tre il mondo sarebbe di gran lunga piu' facile da spiegare.