09 agosto 2006

Is it real or is it Reuters?


Una disamina (in inglese) delle troppe foto falsificate/alterate nella copertura della guerra in Libano dai fotografi Reuters e in generale dai media occidentali, su Zombietime, un blog conservatore americano.

Una sola precisazione - io non credo a nessuna delle spiegazioni offerte dall'autore sui motivi. Le spiegazioni risentono eccessivamente dei pregiudizi, tipici di certa destra americana, contro la stampa liberal: una versione anglosassone del complotto comunista dei giornalisti che fraintendono Berlusconi. In realtà l'idea che Reuters - un'agenzia che è prima di tutto un aggregatore di dati finanziari e informazioni di borsa - sia in qualche modo ideologicamente vicina a Hezbollah è abbastanza risibile al di fuori dei circoli cospirazionisti più estremi.

Credo che la spiegazione sia molto più semplice - il pubblico occidentale, che poi è quello pagante, vuole sentire notizie che siano in linea con quella che ormai è diventata la sua visione del conflitto mediorientale: Israele cattivo, palestinesi buoni (tipo, in Italia, mi dicono, il "massacro di Jenin" è tuttora un articolo di fede), "resistenza" libanese che si difende alla meglio, cattivo esercito israeliano che fa vittime civili.

Un articolo con foto di ragazzini israeliani morti non fa audience; uno con foto di bambini libanesi, invece, vende. Il lavoro dei giornalisti, oggi, non è riportare gli eventi, ma più semplicemente dire al pubblico le cose che questo vuole sentirsi dire, inframmezzandole con messaggi pubblicitari o con sottili suggerimenti che, lentamente, ne reindirizzano il gusto - e se il pubblico vuole sentirsi dire che gli israeliani mirano a vedove e orfani, chi sono mai i giornalisti per contraddirlo?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mate,

Grazie per la puntuale segnalazione.
concordo con la precisazione, ma per una volta devo dissentire dalla tua spiegazione.

Mi cambi la missione del giornalista, da reporter a (propriamente) marketer, ed assumi sia semplice sapere quello che il pubblico vuole sentirsi dire.
Con il dovuto rispetto, questa descrizione abbraccia (solo) la posizione degli 'opinion makers', 'a la' Giuliano Ferrara (e rispettive controparti in campi avversari).
Nel caso di Reuters, il casus si poggia su fotografie spacciate per evidenze documentali della realta'. Se l'effetto e' quello di contribuire ad orientare le opinioni, la causa e' a mio parere pura e semplice incompetenza (puoi citare il libro per favore?). A mio parere, sono incompetenti anche i media che non provvedono *tempestivamente* a rettificare pubblicamente eventuali errori - ma questa e' una piaga antica.

Onore professionale ai simpatizzanti dei terroristi Hezbollah, che sono riusciti ad identificare e sfruttare a loro vantaggio (in maniera assolutamente immorale) il difetto del sistema. Passando dagli intermediari (information providers, such as Reuters, AP, etc.) sono riusciti a trasmettere i loro falsi alla massima audience possibile. Mi auspico (con timida fiducia) che l'accaduto sia spunto per una revisione/riaggiornamento delle procedure professionali del reportage giornalistico.

Naturalmente, ci sono motivi strutturali - che credo essenzialmente legati alla recente rapidissima crescita di immagini disponibili, laddove i processi di controllo qualita' sono rimasti arretrati alla generazione mediatica pre-digitale di massa. Le questioni sono affrontate piu' in dettaglio (in inglese) in un post del blog degli editori della BBC.

best regards
Braemar